Diritto alla disconnessione, come funziona in Italia, in Europa e nel mondo: la panoramica

Il recente caso dell'Australia riporta in auge il tema del diritto alla disconnessione dei lavoratori. Il quadro delle principali regole nel nostro paese e non solo

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

In Italia si lavora troppo e senza adeguato tempo per il riposo? Secondo Eurostat il 9,4% dei lavoratori si avvicina in media le 50 ore di impiego a settimana, a ciò abbinandosi il triste fenomeno degli straordinari non pagati.

Ecco perché sindacati, Garante della Privacy e buona parte del mondo imprenditoriale oggi considera centrale il tema del diritto alla disconnessione, al fine di proteggere la salute mentale e il benessere dei lavoratori, favorendo un migliore equilibrio tra vita professionale e privata.

Vero è che essere sempre connessi a internet è tipico dei tempi odierni. L’accesso costante alle e-mail, alle chat di lavoro e ad altri canali digitali agevola la comunicazione con i colleghi e i superiori, la gestione e organizzazione dei documenti e la verifica dello stato di avanzamento dei progetti. Se da un lato ne beneficia l’attività aziendale, dall’altro però il rischio è che sfumino i confini tra lavoro e vita personale.

Per questi motivi il diritto alla disconnessione è entrato prepotentemente nel dibattito pubblico degli ultimi anni, ma che cosa vuol dire esattamente? In Italia viene adeguatamente tutelato? Mentre qual è la situazione nel resto d’Europa? E nel mondo? Di seguito ne parleremo, e coglieremo anche l’occasione per ricordare il recente caso dell’Australia, che ha varato una interessante normativa sul diritto alla disconnessione. Ecco cosa sapere.

Cos’è il diritto alla disconnessione in breve

Prima di considerare la situazione in varie realtà nazionali, ricordiamo in sintesi che il diritto alla disconnessione altro non è che la possibilità – al di fuori dall’orario di lavoro – di non essere reperibili tramite chiamate, messaggi e mail e di “staccare la spina”, dando così pieno spazio al relax, alle attività private e all’ozio.

Diritto alla disconnessione significa dunque non soltanto diritto di scollegarsi da internet (e dispositivi associati) e dal lavoro, ma anche di non patire ripercussioni (o mancati riconoscimenti) per averlo fatto.

In altre parole, il dipendente deve ritenersi libero di posticipare la risposta di ambito lavorativo, durante il periodo di riposo, senza rischi di richiami, ammonizioni e altre sanzioni disciplinari. La previsione per legge e la tutela di questo diritto è assai importante specialmente nell’ambito del lavoro agile o smart working.

Negli ambienti di lavoro possono crearsi aspettative implicite o esplicite sul controllo delle e-mail a casa e durante la notte, o anche durante i weekend e le vacanze, in particolare da parte di manager e supervisori. Tale costante collegamento costante – e la conseguente mancanza di pieno riposo – può implicare significativi rischi per la salute dei dipendenti, inclusa l’ansia, la depressione e il temuto burnout.

Francia pioniera, il varo nel 2016

Come vedremo più avanti, la situazione in merito al riconoscimento del diritto alla disconnessione non è omogenea a livello europeo. Tale diritto ha trovato il primo riconoscimento legale in Francia nel 2016, nell’ambito della Loi du Travail (modificando l’art. 2242-8 del Code du Travail).

Il paese transalpino è stato quindi il primo a disciplinare nel dettaglio la possibilità di rendersi irreperibili, al di fuori dell’orario di lavoro. In particolare il testo ha stabilito l’obbligo, per le aziende di almeno 50 dipendenti, di regolamentare – in coordinamento con i sindacati – il tempo libero dei dipendenti.

L’ordinamento francese, anche sulla scorta delle esperienze scaturite dal mondo aziendale è così intervenuto con una riforma che ha introdotto esplicitamente tale diritto, rimettendo alla contrattazione collettiva la sua regolamentazione di dettaglio.

La situazione in Italia: la legge n. 81 del 2017

A seguito dell’iniziativa francese, l’Italia – anticipando gli altri paesi UE – ha introdotto dal 2017 una prima disciplina sulla disconnessione, riferita al lavoro agile nel settore pubblico e privato. Ma se nell’ordinamento francese la disconnessione veniva qualificata espressamente come un diritto, una identica previsione non c’era ancora nella normativa italiana, che non stabiliva né una norma ‘quadro’ generale per tutti i lavoratori in smart né un tempo di disconnessione garantito e identico per tutti i lavoratori – con un espresso divieto di contattare il personale, gravante sull’azienda.

Da noi la legge n. 81 all’epoca non riconosceva in modo esplicito la disconnessione come una libertà del lavoratore, bensì ne prevedeva la regolamentazione tramite contrattazione individuale tra datore di lavoro e lavoratore, o tramite accordi collettivi aziendali.

Le regole dei Ccnl riguardanti il diritto alla disconnessione sono in costante evoluzione e – in Italia – le modalità di connessione e disconnessione sono da intendersi parte integrante dei contratti individuali dei lavoratori ’smart’ e frutto della negoziazione tra azienda e lavoratore.

Come emerge dagli artt. 18 e 19 della legge del 2017, l’organizzazione del lavoro agile è regolata infatti da accordi tra datore di lavoro e dipendente, e deve rispettare i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Il diritto alla disconnessione riconosciuto dalla legge n. 61 del 2021

Sul piano normativo in Italia sono stati fatti passi avanti con la più recente legge n. 61 del 2021, la prima a parlare nitidamente di diritto alla disconnessione come una necessità atta a garantire ai lavoratori gli opportuni tempi di riposo.

Nel testo del provvedimento si trova infatti scritto quanto segue:

Ferma restando, per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile stabilita dai contratti collettivi nazionali, è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.

Da questa legge si apprende quindi che un dipendente può scegliere di spegnere il cellulare o di disattivare le notifiche, senza rischiare alcuna sanzione disciplinare.

In Italia la normativa riguarda però specificamente i lavoratori in smart working. Ecco perché le parti sociali richiedono il varo di regole, che estendano tale diritto alla generalità delle categorie di dipendenti e in particolare a quelli a cui, pur non lavorando in regime di smart working, è richiesto un elevato grado di reperibilità.

Il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile e le fasce di disconnessione

Successivamente alla legge n. 61 del 2021 ulteriori precisazioni sono contenute nel Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile nel settore privato, varato nel dicembre dello stesso anno e sottoscritto dal Ministero del Lavoro e dai principali sindacati per i datori di lavoro e i lavoratori.

All’art. 2 del documento, in merito all’accordo individuale tra azienda e lavoratore, si precisa che quest’ultimo dovrà prevedere anche:

i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione.

Mentre all’art. 3 del Protocollo si dispone che la prestazione di lavoro in modalità agile:

può essere articolata in fasce orarie, individuando […] la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa. Vanno adottate specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione.

Tale Protocollo rimarca così l’importanza di fissare fasce orarie di disconnessione da internet e dispositivi, nelle quali il dipendente non svolge la prestazione, e di scegliere misure ad hoc per assicurare che siano rispettate. Il testo non definisce però un intervallo di tempo nel quale il lavoratore ha diritto a disconnettersi, bensì impone che le parti si accordino determinando in quali orari il dipendente ha possibilità di scollegare pc, tablet e smartphone.

Pertanto se è vero che sul piano del riconoscimento del diritto alla disconnessione sono stati compiuti oggettivi passi avanti, è altrettanto vero che le parti del rapporto di lavoro dovranno autonomamente definire fasce orarie di irreperibilità.

Alcuni esempi di accordi in materia

Nel paese importanti gruppi aziendali e grandi imprese hanno incluso nei loro contratti di lavoro il diritto alla disconnessione come espressione di una policy aziendale o di una contrattazione sindacale ma, in verità, già prima del 2017 si sono avuti esempi di accordi aziendali che hanno toccato, implicitamente, il diritto alla disconnessione (inteso come reperibilità nella sola ‘finestra’ dell’orario di lavoro). Basti pensare ad esempio all’accordo Barilla del 2015 o a quello Vodafone dell’anno successivo.

Nel settore pubblico, un esempio di disciplina del diritto alla disconnessione è nel Ccnl Istruzione e Ricerca, sottoscritto nell’aprile 2018, che demanda alla contrattazione integrativa l’individuazione dei criteri generali per l’uso delle tecnologie di lavoro al di fuori dell’orario di servizio, al fine di migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e familiare.

Recentemente abbiamo parlato anche della reperibilità durante le ferie e della possibilità di non rispondere a mail, messaggi o telefonate del capo, salvo il caso di regole ad hoc che prevedano il contrario.

Mancanza di uniformità normativa a livello europeo

Dopo aver visto la situazione italiana, consideriamo in sintesi come funziona il diritto alla disconnessione negli altri paesi UE. Nell’Unione tale diritto non è riconosciuto in modo omogeneo e ci sono differenze di tutela tra i singoli Stati membri.

In altre parole, nel continente non c’è una normativa UE unitaria, riconosciuta e applicata da tutti gli Stati dell’Unione, anche se non mancano inviti, proposte e raccomandazioni per uniformare le regole. In particolare nel 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione, invitando la Commissione europea a proporre un testo normativo che assicurasse a tutti i dipendenti il diritto alla disconnessione senza rischi di sanzione, e ha sollecitato tutti i paesi membri dell’Unione a introdurre misure precise e chiare.

Inoltre, il rapporto Right to disconnect: implementation and impact at company level 2023 di Eurofound esplora la legislazione dei paesi europei sul diritto alla disconnessione e chiarisce che, al 2023, gli stati membri UE che dispongono di un più o meno preciso quadro normativo in materia sono Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna.

Le principali regole nei paesi UE

Come accennato, le regole sono anche molto diverse da paese a paese, ad es. per copertura della regolamentazione (dimensione dell’azienda, tipologie di lavoratori interessati ecc). In Francia, come accennato, il diritto alla disconnessione si applica alle aziende private con più di 50 dipendenti, mentre in Belgio a quelle con oltre 20 dipendenti (inizialmente solo pubblici poi anche privati). In Grecia e Slovacchia vale esclusivamente per i telelavoratori e in Lussemburgo, Portogallo e Spagna espressamente per i lavoratori che utilizzano le tecnologie dell’informazione per svolgere il proprio lavoro a distanza, in modo permanente o occasionale.

In alcuni Stati membri la regolamentazione è diretta, invece in altri è affidata alla contrattazione collettiva. Per es. in Grecia la legge regola direttamente il diritto alla disconnessione, senza fare rinvio alla contrattazione collettiva. In Belgio, Irlanda e Lussemburgo, la situazione è invece differente in quanto il varo delle regole è demandato alle politiche aziendali o alla contrattazione collettiva.

Non solo. Anche il sistema sanzionatorio è assai diverso a seconda del paese considerato. Ad es. in Spagna, Portogallo, Slovacchia e Lussemburgo sono previste sanzioni pecuniarie per le aziende che non rispettano le normative sul diritto alla disconnessione. In Italia al momento non ci sono sanzioni.

Interessante inoltre notare che l’Irlanda ha varato un codice di condotta nel 2021 e, sebbene non sia una legge vera e propria, i tribunali possono fare riferimento a tale codice quando decidono nel merito di un caso di violazione dell’irreperibilità.

Da menzionare è anche il caso della Germania, paese in cui non c’è alcuna norma ufficiale sul tema, ma il diritto alla disconnessione appare comunque protetto grazie alle iniziative messe in pratica delle imprese private. Queste ultime tendono comunque a garantire ai dipendenti la facoltà di scollegare smartphone, tablet e pc dalla rete internet o comunque a non rispondere fuori dall’orario di lavoro.

Non solo. La mancanza di una legge ad hoc in Germania è oltre che coperta dall’iniziativa delle singole aziende, anche da un dibattito politico vivace e dinamico, che mantiene alta la consapevolezza riguardo alla primaria necessità di garantire ai lavoratori in smart working il diritto a scollegare i dispositivi, per evitare danni alla salute.

Il recente caso dell’Australia

In Australia, da lunedì 26 agosto, i dipendenti possono non considerare mail e chiamate arrivate al di fuori proprio orario di ufficio, senza timore di subire ripercussioni o sanzioni da parte del datore di lavoro. Infatti la nuova legge australiana sul diritto alla disconnessione, se da un lato non impedisce ai datori di lavoro di contattare i dipendenti fuori dall’orario di lavoro, dall’altro istituisce il diritto di non rispondere, a meno che il rifiuto non sia ritenuto “irragionevole”.

Sulla scorta delle nuove regole, i criteri per valutare la ragionevolezza di una chiamata o di un messaggio di posta al di fuori dell’orario di ufficio saranno la natura e l’urgenza del motivo del contatto, il metodo nel quale è avvenuto, il fatto che il dipendente venga retribuito o meno per il lavoro straordinario che dovrà effettuare, il livello di responsabilità del lavoratore e le sue circostanze personali.⁠

Nella nuova legge australiana viene altresì dato spazio al possibile intervento del tribunale australiano per le relazioni industriali – la Fair Work Commission – qualora le parti non si accordino sulla ragionevolezza del contatto al di fuori dell’orario di lavoro.

La nuova legge australiana sul diritto alla disconnessione sarà applicata inizialmente a tutti i dipendenti pubblici, ma tra un anno varrà anche per quelli che lavorano nelle piccole aziende.⁠

La situazione nel resto del mondo

Considerato il contesto europeo e le tante differenze tra Stati membri, non sorprende che anche nel resto del pianeta la situazione sia la stessa. Come indica uno studio pubblicato da Ius Laboris e aggiornato ad agosto 2023, The right to disconnect around the world, la panoramica delle legislazioni degli Stati di America, Europa e Asia evidenzia che ci sono paesi nei quali la regolamentazione del diritto alla disconnessione è del tutto mancante – ci riferiamo in primis agli Usa (territorio in cui le aziende non sono peraltro obbligate a retribuire le ferie) e al Canada – paesi in cui sono all’attenzione dei governi proposte di regole – come ad es. Brasile – e quelli in cui la materia è regolamentata, tra cui Messico, Argentina e Colombia.