Cos’è il concordato fallimentare e come funziona

Ecco i requisiti del concordato fallimentare, come funziona e le differenze con quello preventivo.

Il concordato fallimentare rappresenta una delle tipologie attraverso le quali chiudere una procedura di fallimento. Il concordato prevede sostanzialmente un accordo, detto proposta di concordato, tra il fallito o un terzo e i creditori, a patto di rispettare le condizioni contenute in essa. La proposta di concordato viene presentata da uno o più creditori, oppure un terzo, davanti a un curatore insieme a una documentazione contabile che permetta a quest’ultimo di stilare un elenco provvisorio di creditori del fallito che verrà poi sottoposta all’approvazione del giudice.

Quando presentare la proposta di concordato

La proposta può essere presentata dal fallito soltanto dopo un anno dalla dichiarazione di fallimento ed entro due dal decreto che rende esecutiva la situazione fallimentare. Secondo quanto predisposto dall’art.124 della Legge Fallimentare, la proposta di concordato può prevedere:

  • la suddivisione dei creditori in classi definite secondo posizione giuridica o interessi economici omogenei;
  • trattamenti differenziati per i creditori appartenenti a classi diverse, a patto di specificare le ragioni di tali differenze. Il trattamento stabilito non deve in alcun modo alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione;
  • la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, compresa l’attribuzione di azioni o quote (obbligazioni) a loro volta convertibili in azioni, altri strumenti finanziari o titoli di debito;
  • la parziale soddisfazione nel caso in cui i creditori siano muniti di privilegi quali il pegno o un’ipoteca, a patto che questa non sia mai inferiore a quella realizzabile dal ricavato in caso di liquidazione;
  • la cessione dei beni compresi nell’attivo fallimentare e, mediante autorizzazione del giudice, anche le azioni di pertinenza della massa a patto che sia specificato oggetto e ragione di tale pretesa.

Come presentare la proposta di concordato: la procedura

La proposta di concordato è presentata al giudice delegato, il quale, valutatane la correttezza e previo parere del curatore e del comitato dei creditori, ordina che il suo contenuto venga comunicato ai creditori fissando i termini entro i quali essi potranno far pervenire il loro voto sulla proposta. Nel caso in cui i creditori non comunichino il proprio dissenso entro i termini stabiliti, verrano automaticamente ritenuti consenzienti (“chi tace acconsente”).

Il concordato è dunque approvato quando riceve il voto favorevole della maggioranza dei creditori ammessi al voto. Decorsi i termini per raccogliere le votazioni, il curatore ne comunica al giudice l’esito. Decorso il termine stabilito per le votazioni, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito. Il giudice allora dispone che ne venga data comunicazione (a mezzo PEC) al proponente, affinché possa richiederne l’omologazione, ai creditori dissenzienti e al fallito, con PEC e aggiuntiva raccomandata A/R, fissando un termine per depositare eventuali opposizioni.

Se non ne vengono proposte, la proposta di concordato, con decreto di omologazione da parte del giudice, acquista efficacia diventando così obbligatorio per tutti i creditori. Giudice, curatore e comitato dei creditori controllano che il concordato venga eseguito e rispettato.

Risoluzione o annullamento del concordato fallimentare

Il concordato giuridicamente omologato può essere risolto da qualunque creditore, presentando relativa istanza, nel caso in cui non vengano prodotte le garanzie promesse nella proposta di concordato oppure in caso di inadempimento degli obblighi previsti dalla stessa. Il concordato può essere inoltre annullato, dal curatore o da qualunque creditore, nel caso in cui venga alla luce che il passivo (l’ammontare totale dei debiti a carico del fallito) sia stato dolosamente esagerato e, pertanto, sia stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. In caso di risoluzione o annullamento del contratto si riapre la procedura di fallimento.

Concordato fallimentare Vs concordato preventivo

Il concordato preventivo previsto dalla legge, a differenza di quello fallimentare, permette all’imprenditore di evitare la dichiarazione di fallimento e accordarsi, preventivamente appunto, per soddisfare anche solo in parte le ragioni creditorie. La procedura fallimentare che potrebbe seguire il dissesto finanziario di un’azienda è una situazione grave che il concordato preventivo mira a evitare, avendo come obiettivo il risanamento, e dunque non l’affossamento, dell’azienda.

Il concordato preventivo vuole dunque tutelare sia l’imprenditore sia i creditori. Accordandosi preventivamente infatti il fallito evita ogni altra possibile azione esecutiva nei suoi confronti e mantiene un controllo, seppur limitato, della propria azienda, mentre i creditori ottengono in breve tempo, un parziale soddisfacimento del proprio credito, evitando così le lungaggini che una più complessa procedura fallimentare sempre comporta.

Il concordato preventivo permette inoltre all’azienda di mantenersi operativa e dunque di non essere costretta a lasciare a casa i propri dipendenti. Se l’attivo non dovesse bastare a coprire i crediti dei dipendenti, questi ultimi potranno ricevere il pagamento in via anticipata richiedendo l’intervento del Fondo di Garanzia INPS, ma solo per quanto riguarda le ultime tre mensilità e il TFR.

Esistono inoltre vari tipi di concordato preventivo, che ne determinano condizioni o caratteristiche specifiche, da valutare caso per caso: in bianco, con cessione di beni, con assunzione di garanzia o con continuità aziendale. Affinché venga ammessa la procedura di concordato preventivo, essa deve inoltre soddisfare specifici presupposti soggettivi e oggettivi, aggiornati ogni 3 anni dal Ministero della Giustizia. L’imprenditore viene automaticamente escluso dal concordato preventivo e dal fallimento se:

  • nei tre esercizi precedenti il deposito dell’istanza ha avuto un attivo annuo non superiore ai 300 mila Euro;
  • nello stesso periodo ha incassato non più di 200 mila Euro lordi all’anno;
  • i debiti non superano i 500 mila Euro.

La proposta di concordato preventivo

L’imprenditore che si trova in stato di crisi o di insolvenze e che non rientra in queste categorie può dunque proporre ai propri creditori un piano di concordato preventivo che può prevedere:

  • il risarcimento dei creditori attraverso qualsiasi forma;
  • la suddivisione dei creditori in classi e la previsione di trattamenti differenziati che però non alterino l’ordine delle cause legittime di prelazione;
  • la nomina di un professionista, detto assuntore, che deve essere indipendente, a cui verrà dato l’incarico di svolgere le attività necessarie atte a rispettare e portare a termine il piano previsto all’interno del concordato preventivo;
  • la parziale soddisfazione nel caso in cui i creditori siano dotati di privilegi quali il pegno o un’ipoteca, a patto che questa non sia mai inferiore a quella realizzabile dal ricavato in caso di liquidazione;

La proposta di concordato preventivo deve inoltre assicurare il risarcimento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari, salvo in caso di concordato con continuità aziendale.

La domanda di concordato preventivo

La domanda di concordato preventivo deve essere presentata e sottoscritta in forma di ricorso dall’imprenditore (o debitore), nonché legittimata tramite voto favorevole di tanti soci rappresentanti la maggioranza del capitale (società di persone) o dell’organo amministrativo preposto (società di capitali o cooperative). Una volta legittimata, la domanda corredata di specifica documentazione passa al vaglio del tribunale, che la pubblica nel registro delle imprese.

Tale pubblicazione sancisce ufficialmente che si tratta di concordato preventivo e non fallimentare. Il tribunale concede al debitore 15 giorni per apportare integrazioni al piano e alla documentazione allegata e ha inoltre diritto a disporre di una consulenza d’ufficio per valutare la fattibilità del piano presentato. Se il piano non dovesse risultare fattibile, il tribunale ne dichiara l’inammissibilità con decreto non soggetto a reclamo e, una volta verificati i presupposti di legge, dichiara il fallimento del debitore.

Se il piano invece dovesse essere considerato fattibile, il tribunale procede alla nomina degli organi preposti all’attuazione del concordato preventivo, ovvero l’attestatore indicato nel piano, il giudice delegato, il commissario giudiziale o colui che redigere l’inventario e relazione sul debitore, sul patrimonio e sulle cause del dissesto, e infine il liquidatore, preposto all’effettiva liquidazione dei crediti previsti nel piano di concordato preventivo.