In Italia ci sono più di 60mila posti di lavoro a rischio, il doppio se si considerano i settori entrati in forte difficoltà per le transizioni o riconversioni produttive. È l’allarme lanciato dalla Cgil nell’ultimo aggiornamento sui numeri personale delle imprese per le quali sono aperti dei tavoli di crisi presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy.
L’allarme della Cgil
Come comunicato da Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil con delega a politiche industriali e energetiche, infrastrutture e trasporti, aree di crisi, “con il dato aggiornato all’8 agosto sono 2.547 i lavoratori che si aggiungono ai dati che avevamo denunciato a gennaio” quando la Cgil aveva indicato 58.026 persone coinvolte nelle crisi aziendali.
“Altri 120mila a rischio nei settori in crisi per la gestione delle transizioni o riconversioni produttive. E si aggiungono le crisi regionali: solo sui tavoli di Puglia e Veneto ulteriori 32mila lavoratori a rischio” ha spiegato ancora Gesmundo.
E se negli ultimi giorni il ministro Adolfo Urso ha annunciato il salvataggio dello stabilimento di Marelli di Crevalcore, rilevato da Tecnomeccanica salvando 152 posti di lavoro, risultato definito “ottimo” dalla Cgil, al Ministero sono arrivati intanto altri due fascicoli.
I tavoli di crisi
“Per un tavolo che si chiude, che si risolve dopo undici mesi, si aprono due nuovi tavoli al Mimit, Fbm Hudson e Seri Industrial, convocati negli ultimi due mesi” ha commentato Gesmundo all’Ansa.
“Siamo ovviamente contenti di alcune crisi industriali risolte”, ha aggiunto, ma ogni volta “risolvi il problema che era sul tavolo e comunque hai perso dei posti di lavoro”.
“Oggi abbiamo il bisogno di affrontare complessivamente il tema della politica industriale del Paese, di capire qual è l’idea che ha il governo” è ‘appello lanciato dal segretario confederale, per il quale le soluzioni “non sono nelle mani” e “a settembre abbiamo bisogno di affrontare complessivamente questi temi: chiederemo l’attivazione di un tavolo alla presidenza del Consiglio“.
Questo l’elenco dei tavoli di crisi attivi presso la struttura del ministero delle Imprese e del Made in Italy:
- Abramo Customer Care
- Acciaierie d’Italia (ex AM Investco, ex Ilva)
- Almaviva Contact
- Beko Europe BV (ex Whirlpool Emea)
- Bellco
- CMC di Ravenna
- Dema (gruppo)
- Eurallumina
- FBM Hudson Italiana
- Fiducia nel Futuro della Fabbrica a Firenze (QF – ex sito GKN di Firenze)
- Fimer
- Fondazione Santa Lucia
- Industria Italiana Autobus
- Jabil Circuit Italia
- JSW Steel Italy Piombino (ex Lucchini)
- La Perla (gruppo)
- Lear Corporation Italia (sito di Grugliasco)
- Liberty Magona
- Natuzzi
- Piaggio Aero Industries
- Portovesme
- PSC
- Riello (sito di Morbegno)
- Sanac
- Saxa (gruppo)
- Siae Microelettronica
- Sideralloys Italia (ex Alcoa)
- Sofinter
- Softlab Tech
- Speedline
- Tecnologie Diesel (Bosch Bari)
- Termini Imerese (ex Blutec)
Questi invece le aziende indicate dal Mimit nella lista dei tavoli di crisi in monitoraggio, che “non sono da considerarsi attivi ai fini delle misure Inps”:
- ACC Italia (sito di Termoli)
- Alitalia
- Baomarc Automotive Solutions
- Brioni
- Ceramica Dolomite
- Conbipel
- Denso Manufacturing Italia
- Electrolux Italia
- Ferrarini – Vismara
- Flextronics Manufacturing
- Fibre Ottiche Sud – FOS
- G&W
- Isab (Lukoil)
- Italia Green Factory (ex sito Whirlpool di Napoli)
- Italia Wambao-ACC
- Italtel
- LFoundry
- Marelli Europe (sito di Crevalcore)
- Seri Industrial (ex sito Whirlpool di Teverola)
- Sicamb
- Vibac
- Visopak Italy (ex sito Treofan di Terni)
- Wartsila Italia.