OpenAI e Microsoft citate in giudizio da 8 giornali: hanno violato il copyright con ChatGPT

8 giornali americani hanno citato in giudizio OpenAI e Microsoft per violazione del copyright durante l'addestramento dei loro chatbot ChatGPT e Copilot

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Diversi giornali statunitensi di proprietà del fondo di investimento Alden Global Capital hanno citato in giudizio Microsoft e OpenAI per violazione del copyright. Secondo la causa, le due aziende avrebbero utilizzato i contenuti di alcune pubblicazioni del gruppo per addestrare i propri chatbot, Copilot e ChatGPT, senza chiedere alcun permesso o pagare alcun corrispettivo ai possessori dei diritti d’autore.

Non è la prima causa di questo tipo che viene intentata contro OpenAI e Microsoft. Anche il prestigioso quotidiano americano New York Times aveva citato le due aziende in giudizio con motivazioni simili. Iniziativa quasi identica a quella presa da un gruppo di scrittori, tra cui anche l’autore de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco George R. R. Martin.

La nuova causa contro Microsoft e OpenAI

Il gruppo editoriale di proprietà del fondo di investimento Alden Global Capital, che include alcuni quotidiani americani prestigiosi come il New York Daily News e il Chicago Tribune, ha citato in giudizio Microsoft e OpenAI. L’accusa è quella di aver utilizzato articoli e materiale editoriale dei giornali in questione per addestrare i propri chatbot, Copilot e ChatGPT, senza rispettare le norme sul diritto d’autore.

I chatbot che si basano sull’intelligenza artificiale generativa devono infatti utilizzare un gran numero di dati per addestrarsi tramite un modello chiamato Large Language Model. Studiando i testi scritti da esseri umani, i chatbot sono in grado di creare un algoritmo probabilistico che risulta in grado di imitare la scrittura umana “indovinando” quale parola dovrebbe seguire un’altra in una frase perché questa abbia senso e sia vera.

Le accuse delle 8 testate non si fermano però alla violazione di copyright. Secondo gli avvocati che rappresentano il gruppo infatti, ChatGPT e Copilot avrebbero anche associato agli articoli dati errati tramite il fenomeno della “allucinazione”. Le intelligenze artificiali generative possono infatti avere problemi nel loro modello probabilistico che le porta a restituire dati o a volte interi fatti completamente inventati.

ChatGPT e il copyright: gli altri casi

Non si tratta del primo caso in cui un giornale fa causa a un’azienda che si occupa di intelligenza artificiale generativa. Alla fine del 2023 il New York Times, tra i più letti e prestigiosi giornali americani, aveva citato in giudizio OpenAI e Microsoft per motivi del tutto simili. Anche in questo caso non era stata resa nota la richiesta di risarcimento, ma alcune stime avevano parlato di una cifra nell’ordine dei miliardi di dollari. Questa avrebbe rischiato di sommarsi a quella richiesta da un gruppo di scrittori che accusano le stesse aziende di aver invece utilizzato i propri libri. Tra questi il più famoso è George R. R. Martin, autore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco da cui è stata tratta la serie tv Il Trono di Spade.

OpenAI è l’azienda che ha dato il via, con il suo chatbot ChatGPT, all’ondata di fama che ha travolto nell’ultimo anno l’intelligenza artificiale generativa. Microsoft è stata la compagnia che ha creduto per prima nelle possibilità di questa tecnologia, investendo a inizio 2023 10 miliardi di dollari in OpenAI e assicurandosi il supporto della startup nello sviluppo del proprio chatbot, Copilot, oggi disponibile su tutti i computer Windows.