Da Meta addio a fact checking e moderatori, arrivano i volontari e un modello ispirato a X

Sui social Meta, Zuckerberg fa fuori i fact checkers indipendenti e arruola un esercito di utenti volontari: saranno loro a decidere a cosa applicare la censura e a cosa no

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 7 Gennaio 2025 19:15

I tempi cambiano e Meta si adegua: il ceo Mark Zuckerberg ha annunciato una rivoluzione nelle politiche di moderazione dei contenuti su Facebook, Instagram e Threads. L’azienda intende eliminare il fact checking e sostituire i moderatori professionisti con dei volontari.

Il sistema di gestione dei contenuti sarà ispirato alle “Community Notes” di X, il fu Twitter. Zuckerberg ha giustificato il cambio di passo con la volontà di promuovere la libertà di espressione, ridurre gli errori dovuti a censura arbitraria e aumentare la trasparenza.

Effetto Trump su Meta

Molti, però, ci vedono dell’altro: una strizzata d’occhio a Donald Trump, che nel 2023 ricevette una sorta di daspo digitale, venendo bannato per due anni da Instagram e Facebook in seguito all’assalto a Capital Hill.

In precedenza, Trump aveva già subito una serie di avvertimenti e blocchi momentanei per i contenuti postati. Dopo tali eventi, Trump commissionò la creazione di un suo social network personale, Truth Social.

Di certo c’è che il board di Meta oggi pende un po’ più a destra, dopo l’ingresso di Dana White, trumpiano di ferro.

Come cambiano Facebook, Instagram e Threads

“Abbiamo costruito molti sistemi complessi per moderare i contenuti, ma il problema dei sistemi complessi è che commettono errori”, ha detto Zuckerberg. “Anche se per sbaglio censurano solo l’1% dei post, si tratta di milioni di persone e siamo arrivati a un punto in cui ci sono troppi errori e troppa censura”.

In sintesi, non ci saranno più fact checkers ingaggiati da aziende esterne. Saranno invece gli stessi utenti che, su base volontaria, avranno la facoltà di segnalare i contenuti ritenuti falsi o fuorvianti, motivando le loro scelte. Un po’ come accade su Wikipedia e un po’ secondo il modello introdotto da Elon Musk su X, dove le uniche segnalazioni che possono essere fatte riguardano “abuso, spam, sessualmente inappropriato” e il generico “altri motivi”.

Fra i punti fondamentali, e più controversi, del cambio di passo annunciato da Meta c’è un allargamento delle maglie in merito alle restrizioni su argomenti controversi come immigrazione, genere e sessualità (temi sui quali il presidente eletto ha idee fin troppo chiare); introdotto uno stop alla declassificazione automatica di contenuti politici o sociali; sul fronte della prevista maggiore “trasparenza”, saranno introdotte etichette meno invasive per i contenuti controversi o opinabili, con l’opzione di visualizzare informazioni aggiuntive.

Meta ha riconosciuto di avere censurato in passato contenuti innocui e intende correggere il tiro. L’attenzione sarà focalizzata sulle violazioni più gravi, come contenuti che inneggiano al terrorismo o come le frodi e lo sfruttamento sessuale. Per le violazioni minori ci sarà invece un approccio più soft.

Zuckerberg ha inoltre annunciato migliori sistemi di “appello” per chi intendesse contestare l’oscuramento di un contenuto o il blocco di un profilo. Meta applicherà l’intelligenza artificiale per una seconda opinione sui contenuti maggiormente controversi.

L’impatto sull’Europa

Ancora non è chiaro come queste modifiche andranno a modificare l’esperienza social degli utenti europei. In Ue vigono normative più rigide e indipendenti sul controllo dei contenuti, che potrebbero entrare in conflitto con la policy dei social di Zuckerberg.

Di certo c’è che venendo meno i vecchi filtri all’origine, determinati contenuti postati negli Usa potrebbero divenire virali a raggiungere anche gli utenti europei. Una manna dal cielo per “social guru” dell’Alt-right a stelle e strisce come Jordan Peterson e Joe Rogan, fra molti altri.