Allarme Covid per i bambini: cosa dicono i nuovi dati

Si rientra a scuola, come previsto, oggi 10 gennaio. Ma non tutti. Ecco perché le scuole devono rimanere aperte, e come farlo

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

La scuola, come previsto, è ripartita in presenza lunedì 10 gennaio. Ma non per tutti. Campania e Sicilia hanno deciso di rinviare, seppur con modalità diverse, il ritorno degli studenti tra i banchi, ma negli istituti di tutta Italia regna il caos. I contagi, soprattutto tra i bambini non ancora vaccinati, sono alle stelle. Non passa l’obbligo di mascherine FFP2 a scuola, il che rende il contagio più semplice. E il sistema dei tamponi e del tracciamento è completamente in tilt.

Gli appelli delle Regioni per la Dad

A nulla sono serviti – e le famiglie ringraziano – gli appelli alla didattica a distanza da parte delle regioni e dei presidi. Il governo ha deciso che la scuola è in presenza. Perché sarebbe assurdo chiudere le scuole e lasciare aperto tutto il resto, creando enormi disagi ai genitori che lavorano.

Le Regioni hanno richiesto un posticipo della riapertura per avere il tempo di completare le vaccinazioni degli studenti e in particolare quelle dei più piccoli, ma il governo sul punto è stato irremovibile, ha scritto su Facebook il governatore della Puglia Michele Emiliano.

“Il governo italiano, nonostante i rischi epidemiologici legati all’ancora basso livello vaccinale dei bambini da 5 a 11 anni, ha deciso di far riprendere le lezioni in presenza da lunedì 10 gennaio. Le vostre preoccupazioni sulla riapertura della scuola sono anche le mie e quelle dei presidenti delle Regioni italiane”.

Emiliano spiega di non aver potuto intervenire con un’ordinanza regionale perché lo scorso 6 agosto è stato emanato un decreto che consente ai Presidenti delle Regioni di derogare alle disposizioni nazionali solo quando una regione si trova in zona rossa. La Puglia in questo momento si trova in zona bianca, ha un tasso di incidenza dei contagi e delle ospedalizzazioni inferiore alla media nazionale e percentuali di vaccinazione sopra la media, quindi non ci sono i presupposti giuridici.

Anche i medici chiedevano il posticipo della scuola

Anche il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, aveva proposto di posticipare l’apertura delle scuole, recuperando poi a giugno, perché, dice, “c’è, tra i colleghi, una forte preoccupazione per il picco atteso verso la metà del mese”.

“Le misure messe in atto dal governo sono importanti – spiega Anelli – ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi”.

Il contagio non avviene quasi mai in classe

Il governo, però, non ha fatto marcia indietro, e il motivo è semplice. A dispetto di quanto alcuni vogliano cercare di dimostrare, il contagio non avviene quasi mai a scuola, quanto piuttosto durante le attività sportive in palestra o fuori dalla scuola. “Il contagio non è avvenuto nelle scuole, l’aumento dei casi si è registrato quando la scuola era chiusa. Insistere sulla presenza è una misura sanitaria importante che permette ai ragazzi di essere in una situazione controllata”, ha spiegato molto chiaramente il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.

“Abbiamo affermato il principio importante di avere una scuola in presenza, ma abbiamo regolato anche la possibilità, per casi specifici e mirati, di un uso della didattica a distanza, per un tempo limitato” ha aggiunto il ministro a SkyTg24.

“Non solo abbiamo confermato il principio base della scuola in presenza, ma abbiamo regolato una situazione che poteva essere fuori controllo, quello di un uso diffuso e senza regole della formazione a distanza”. Il decreto approvato lo scorso 5 gennaio è stato “un provvedimento equilibrato e ispirato al buon senso” ha detto ancora.

Allarme Covid: cosa sta succedendo ai bambini

Ciò che appare sempre più evidente è che è assolutamente necessario vaccinare al più presto anche i bambini. Come precisa l’Istituto Superiore di Sanità, anche se in misura minore rispetto agli adulti, anche nell’ età infantile l’infezione da Covid può comportare dei rischi per la salute.

Secondo i dati Iss aggiornati però solo al 1 dicembre, dall’inizio dell’epidemia nella fascia 6-11 anni ci sono stati oltre 263mila casi, 1.453 ricoveri in reparti ordinari, 36 ricoveri in terapia intensiva e 9 decessi. Nelle ultime settimane il numero di contagi in questa fascia di età è nettamente in crescita, così come lo sono i ricoveri, soprattutto tra i piccolissimi, anche neonati.

Circa 6 bambini su 1.000 vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7mila in terapia intensiva. Inoltre, anche nei casi (e sono fortunatamente la grande maggioranza) nei quali l’infezione decorre in maniera quasi completamente asintomatica, non è possibile escludere la comparsa di complicazioni post Covid, quali la sindrome infiammatoria multisistemica, malattia rara ma grave che colpisce contemporaneamente molti organi, e quello che viene definito long Covid, e cioè la comparsa di effetti indesiderati a distanza di tempo.

Ancora più alla luce di questi dati, il vaccino, ancora una volta, è l’unica arma certa per combattere la pandemia. Il vaccino Pfizer somministrato ai bambini si è mostrato efficace nel ridurre di circa il 91% il rischio di infezione.

Nel beneficio di una vaccinazione si deve inoltre considerare non soltanto la protezione dalla malattia, ma anche la possibilità di frequentare con una maggiore sicurezza la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi che sono particolarmente importanti per lo sviluppo psichico e della personalità in questa fascia di età.

Qui tutte le info utili su quando e come fare il vaccino Covid ai bambini nella fascia 5-11 anni.

Vaccino ai bambini: perché farlo subito

Purtroppo siamo ancora indietro con le vaccinazioni ai bambini in Italia, troppo: come emerge dal report Iss sui vaccini anti-Covid, ad oggi sono 459.251​ i bambini tra i 5 e gli 11 anni con almeno una dose di vaccino. Si tratta appena del 12,56% della popolazione 5-11 anni.

Di questi, 587 hanno ricevuto anche la seconda dose, ossia lo 0,02%, e dunque hanno completato il ciclo vaccinale. Tra i 5-11 anni il totale dei guariti da al massimo sei mesi è di 141.199, il 3,86% della popolazione 5-11 anni.

Ricordiamo che il vaccino anti-Covid anche per i bambini è necessario, sicuro ed efficace. Per quanto riguarda possibili effetti indesiderati, l’Iss spiega che nel braccio in cui è stata fatta l’iniezione potrebbero verificarsi dolore, rossore e gonfiore. Inoltre, potrebbero manifestarsi sintomi quali stanchezza, mal di testa, dolori muscolari, brividi, febbre e nausea. Sintomi che generalmente sono di lieve entità e si risolvono nel giro di 1-2 giorni.

Intanto dalla Lombardia, locomotiva d’Italia in quanto a vaccini pediatrici (viene vaccinato oltre il 20% del totale nazionale), arriva il monito del coordinatore regionale della campagna vaccinale Covid Guido Bertolaso a portare i figli a vaccinarsi non a digiuno. “Spesso i genitori portano i bambini a digiuno. Questo è un errore, perché ogni tanto c’è un rischio di ipoglicemia derivante non dal vaccino ma dal digiuno”. Per il resto – ha concluso Bertolaso – la vaccinazione è assolutamente sicura.