Sciopero dei supermercati sabato 30 marzo: a rischio la spesa per Pasqua

Saltati gli accordi tra i sindacati e Federdistribuzione, i lavoratori hanno indetto uno sciopero sabato per avere più garanzie lavorative sotto tutti i punti di vista

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 28 Marzo 2024 08:03Aggiornato: 29 Marzo 2024 16:53

Supermercati a rischio proprio il giorno prima di Pasqua. Sabato 30 marzo, infatti, e cioè poco prima delle chiusure previste per le feste di Pasqua e Pasquetta, fare la spesa per gli italiani potrebbe essere molto difficile per via dello sciopero della Grande distribuzione.

Le trattative tra le organizzazioni sindacali, rappresentate da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, e Federdistribuzione, per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori nel settore della distribuzione si sono concluse senza raggiungere un accordo. Questo contratto è scaduto nel 2019, lasciando migliaia di lavoratori nell’incertezza delle loro condizioni lavorative.

La settimana scorsa c’è stato un importante rinnovo contrattuale nel terziario, con l’accordo tra Confcommercio, Confesercenti e i sindacati Filcams, Fisascat e Uiltucs. Mentre da un lato si registrava questo passo avanti, dall’altro si assiste a una rottura nelle trattative della Distribuzione Moderna Organizzata (Dmo), rappresentata da Federdistribuzione. Per sabato 30 con lo sciopero della Gdo si rischia dunque il tilt nei supermercati di tutta Italia, da Nord a Sud.

Le cause dello sciopero del 30 marzo 2024

Il contratto della Dmo, insieme a quello della distribuzione cooperativa, costituisce un tassello fondamentale delle relazioni industriali nel settore. Tale contratto della Dmo è scaduto nel 2019, lasciando in sospeso le condizioni lavorative di oltre 240.000 dipendenti legati alle imprese associate a Federdistribuzione.

Le trattative erano in corso da giorni, ma i sindacati hanno segnalato una resistenza nel giungere a un accordo. Resistenza, questa, motivata dalle esperienze passate, come il rinnovo contrattuale del 2018, che ha subito notevoli ritardi comportando perdite economiche significative per i lavoratori.

In risposta a questa situazione, i sindacati hanno deciso di proclamare uno sciopero per il 30 marzo, coincidente con la vigilia di Pasqua. Le aziende di Federdistribuzione hanno espresso rammarico per la rottura unilaterale delle trattative da parte dei sindacati, sottolineando gli sforzi compiuti per affrontare le questioni salariali e normative in modo responsabile.

Il segretario provinciale di Uiltucs, Giorgio Spinetti, ha sottolineato che i lavoratori interessati nell’area provinciale sarebbero meno di un migliaio su circa 9.000 del settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso. Questi dipendenti, secondo Spinetti, si trovano spesso a lavorare in condizioni di grande flessibilità, con orari ridotti e retribuzioni modeste.

L’amarezza e la preoccupazione dei sindacati sono ulteriormente accentuate dall’esito positivo di altre trattative. Ad esempio, Confcommercio, una delle organizzazioni più rappresentative, ha recentemente firmato un accordo che prevede un aumento medio di 240 euro al mese nel triennio. Pertanto, i sindacati hanno lanciato un appello ai lavoratori affinché si informino presso gli uffici di Filcams, Uiltucs e Fisascat per comprendere appieno la situazione e le azioni intraprese.

Le aziende associate a Federdistribuzione hanno espresso dispiacere per la rottura unilaterale delle trattative da parte dei sindacati, evidenziando gli sforzi compiuti per affrontare in modo responsabile le questioni salariali e normative. I marchi che potrebbero essere coinvolti sono: Acqua e sapone, Action, Brico, Coin, Combipel, Crai, Jysk, Kiko, Lidl, Ovs e Unes.

Le controparti: i motivi della rottura delle trattative contrattuali

I sindacati hanno evidenziato che le trattative non avevano ancora portato a una vera convergenza su molte questioni normative, denunciando l’introduzione proposta di una flessibilità e di una riduzione delle garanzie lavorative. Tra le principali critiche sindacali vi è l’intento di estendere i contratti a termine a durata indeterminata oltre i 24 mesi, la riduzione delle mansioni e delle responsabilità professionali dei lavoratori, nonché una presunta volontà di sfruttare i dipendenti a fini di risparmio aziendale.

Le aziende, da parte loro, hanno etichettato la proclamazione dello sciopero come un atto di irresponsabilità privo di fondamento, auspicando un ritorno al dialogo costruttivo. I sindacati hanno invece ribadito la necessità di affrontare le questioni in gioco con serietà e nel rispetto dei diritti dei lavoratori.