Casa in affitto, quando restituire la caparra

Quando si prende in affitto un immobile viene chiesto un deposito cauzionale, ma ci sono regole da seguire sia per il limite che per la restituzione

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 31 Luglio 2023 13:00

Il deposito cauzionale, noto anche come caparra, è un argomento familiare sia ai proprietari che agli inquilini delle case in affitto. Tuttavia, le regole e le specifiche riguardanti la caparra non sono sempre ben comprese da entrambe le parti.

Quando si affitta una casa, molte persone non sono a conoscenza delle regole riguardanti il limite massimo imposto dalla legge per la caparra. È importante sapere che esiste un importo massimo oltre il quale il proprietario non può richiedere ulteriori somme. Inoltre, la somma della caparra dovrebbe essere concordata di comune accordo durante la fase di negoziazione del contratto.

La caparra rappresenta una somma di denaro equivalente a una, due o tre mensilità di affitto, generalmente richiesta dai proprietari di immobili. Questa somma funge da garanzia nel caso in cui l’inquilino arrechi danni alla proprietà o non paghi le mensilità dovute prima di lasciare l’immobile.

Differenza tra caparra e cauzione

Innanzitutto, è importante fare una precisazione: ciò che comunemente viene chiamato “caparra” nei contratti di affitto è, in realtà, la “cauzione” o “deposito cauzionale”.

La “caparra” rappresenta tecnicamente un anticipo che l’affittuario fornisce per “bloccare” la casa e che, nel caso in cui decidesse di non procedere con l’affitto, non sarebbe rimborsato. Al contrario, se si procede con l’affitto, la somma della caparra verrà detratta dal prezzo totale pattuito.

D’altra parte, la “cauzione” è la somma di denaro trattenuta dal proprietario dell’immobile per coprire eventuali danni che potrebbero verificarsi alla sua proprietà durante il periodo di locazione. È, in pratica, una sorta di assicurazione.

Nonostante questa distinzione tecnica tra “caparra” e “cauzione,” è diventato comune utilizzare il termine “caparra” per riferirsi alla “cauzione,” considerandoli sinonimi. Quindi, anche in questo articolo, quando parliamo di “caparra” e “cauzione”, ci riferiamo alla somma di denaro consegnata al proprietario dell’immobile a protezione di eventuali danni causati dagli inquilini.

Regole della caparra negli affitti

Quando si firma un contratto di affitto o si è alla ricerca di una casa, è fondamentale essere consapevoli delle seguenti regole principali riguardanti la caparra o cauzione:

  • La caparra (o cauzione) non è un obbligo assoluto nei contratti di affitto. Ci sono situazioni in cui la cauzione non è prevista e i contratti rimangono comunque validi.
  • Nel contratto di affitto, il valore e i dettagli della caparra devono essere chiaramente indicati. È essenziale avere una prova documentale di quanto è stato dato e ricevuto.
  • L’importo della caparra dovrebbe essere concordato tra l’inquilino e il proprietario, tenendo conto del valore dell’immobile, del suo contenuto e altre variabili rilevanti.
  • La cauzione genera interessi, solitamente dello 0,01%, che devono essere corrisposti all’affittuario al momento della restituzione o, su richiesta dell’inquilino, ogni anno.
  • La cauzione può essere restituita integralmente o solo in parte. Questo significa che il proprietario può trattenere solo una parte della cauzione in caso di danni o altre problematiche durante il periodo di locazione.
  • È importante notare che la cauzione ha un limite massimo stabilito dalla legge, al di sopra del quale il proprietario non può richiedere ulteriori somme.

Conoscere e rispettare queste regole riguardanti la caparra o cauzione può aiutare sia l’inquilino che il proprietario a gestire in modo corretto e trasparente il deposito di sicurezza durante l’affitto dell’immobile.

La caparra massima

L’importo massimo della cauzione negli affitti è limitato a tre mensilità. Questo significa che, ad esempio, per una stanza con un affitto mensile di 300 euro, il proprietario potrà richiedere al massimo un importo di 900 euro come cauzione aggiuntiva. Questa regola delle tre mensilità massime si applica sia per i locali commerciali che per le locazioni ad uso abitativo.

Se il proprietario chiede più di tre mesi di cauzione e questa clausola è presente nel contratto, la situazione è ben definita. Secondo una sentenza della Cassazione, in questo caso la clausola è considerata nulla. Quindi, anche se il contratto prevede una cauzione superiore a tre mensilità, l’affittuario non è obbligato a pagare più di tre mensilità come cauzione.

In pratica, se si firma un contratto che richiede una cauzione superiore a tre mesi, l’inquilino è comunque tenuto a pagare solo un massimo di tre mensilità come cauzione, conformemente alla legge. Questo garantisce che gli inquilini non siano obbligati a fornire una somma di denaro eccessiva a titolo di cauzione, mantenendo così un equilibrio e una tutela per entrambe le parti coinvolte nella locazione.

Quando il padrone di casa può trattenere la caparra

In base alla legge, il locatore può trattenere la cauzione dell’affitto quando si verificano i seguenti casi:

  • L’inquilino ha causato danni all’appartamento a causa di un comportamento negligente o colpevole. In questo caso, il proprietario ha il diritto di utilizzare parte o l’intera cauzione per coprire i costi delle riparazioni necessarie.
  • L’inquilino non ha pagato alcune mensilità di affitto. Se l’affittuario accumula pagamenti arretrati, il proprietario ha il diritto di utilizzare la cauzione per coprire tali importi dovuti.

Tuttavia, è fondamentale tenere presente che sugli inquilini ricade solo l’obbligo di effettuare la manutenzione ordinaria di piccola entità. Tutte le altre spese, inclusa la tinteggiatura delle pareti, sono di responsabilità del proprietario dell’immobile. A meno che non sia diversamente specificato nel contratto, l’inquilino non è tenuto a restituire l’appartamento con le pareti dipinte di bianco.

Inoltre, i danni all’immobile non sono inclusi nella cauzione. Il proprietario non può unilateralmente determinare l’importo delle spese necessarie per le riparazioni dell’immobile. Se sono necessarie riparazioni, il proprietario dovrà accordarsi con l’inquilino o, eventualmente, intraprendere azioni legali per risolvere la questione.

Una volta che l’immobile viene lasciato, il locatore ha il dovere di restituire la cauzione dell’affitto. La somma lasciata dall’inquilino ha infatti cessato il suo scopo, ed è previsto che sia restituita nel momento in cui l’affitto termina, a meno che non ci siano problemi specifici da risolvere.

Cosa fare se non viene restituita la caparra

L’ex-inquilino ha sempre il diritto di richiedere la restituzione della caparra qualora non gli venga restituita automaticamente dal proprietario dell’immobile. Se il proprietario rifiuta di restituire la cauzione, l’ex-inquilino ha la possibilità di avviare una procedura legale per ottenere il proprio diritto.

Una delle vie per ottenere la restituzione della caparra è richiedere un “decreto ingiuntivo” nei confronti del proprietario. Un decreto ingiuntivo è un provvedimento giudiziale che impone al debitore di pagare un debito senza la necessità di un processo ordinario. Una volta che il decreto viene notificato al locatore, quest’ultimo avrà generalmente un periodo di 40 giorni per procedere con la restituzione della somma dovuta.

È importante sottolineare che non è vero che l’ex-inquilino può trattenere le chiavi dell’immobile fino a quando la caparra non viene restituita. In realtà, la mancata restituzione delle chiavi non esime l’ex-inquilino dall’obbligo di pagare il canone di affitto, anche se il contratto di locazione è scaduto. La procedura corretta per ottenere la restituzione della caparra è quella di rivolgersi a un giudice e richiedere un decreto ingiuntivo, che è un meccanismo legale per tutelare i diritti dell’ex-inquilino e ottenere il rimborso della cauzione a cui ha diritto.