L’UE avverte che i Paesi sono troppo indietro rispetto agli obiettivi climatici del 2030

Sforzi insoddisfacenti: l'Unione europea rischia di mancare l'obiettivo del 55% di riduzione delle emissioni. Servono politiche energetiche e climatiche più incisive

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Nonostante gli sforzi in corso, i Paesi dell’Unione europea rischiano di non raggiungere l’obiettivo vincolante del 55% di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030. L’analisi dei piani climatici nazionali della Commissione ha rivelato che le misure collettive raggiungerebbero solo una riduzione del 51%, indicando la necessità urgente di politiche più forti di riduzione delle emissioni.

Progressi insufficienti: l’UE rallenta nel ridurre le emissioni e la resistenza alla transizione verde persiste

Pur riconoscendo che si è progredito nella giusta direzione, con una diminuzione delle emissioni dal 1990 e un aumento delle energie rinnovabili, il ritmo è insufficiente per allinearsi agli obiettivi climatici ambiziosi dell’Europa. Il principale responsabile delle emissioni di gas serra in Europa, così come a livello globale, rimane la combustione di combustibili fossili. Alla recente conferenza sul clima di Dubai, la COP28, si è cercato di compiere sforzi non indifferenti, compresi quelli dei Paesi dell’UE, per negoziare un accordo per “eliminare progressivamente” i combustibili fossili. L’esito finale è stato un compromesso che prevede sì una transizione, lontana però dall’ambizioso obiettivo iniziale.

La Commissione ha sottolineato che tutti i Paesi dell’UE hanno avviato sforzi per ridurre l’uso di combustibili fossili, ma alcuni procedono troppo lentamente, mentre altri hanno attuato politiche controproducenti, continuando a sovvenzionare questo tipo di fonti. La persistenza delle sovvenzioni ai combustibili fossili rappresenta un ostacolo significativo alla transizione verso un’energia pulita e limita gli obiettivi climatici dell’Unione, sempre secondo Bruxelles. Paesi come Germania e Romania prevedono di continuare a bruciare carbone oltre il 2030, pregiudicando le loro capacità di riduzione delle emissioni di CO2. Anche se la Germania sta valutando di anticipare il suo spegnimento dal 2038 al 2030, le criticità rimangono. Inoltre, la Commissione ha sottolineato la necessità di piani più robusti, per sostenere i lavoratori colpiti dalla transizione verso l’energia verde.

Rinnovabili: l’obiettivo del 42,5% entro il 2030 rimane lontano. Sette Paesi si impegnano per una produzione energetica quasi priva di CO2 entro il 2035

La traiettoria attuale dei piani dei Paesi indica che l’Unione europea potrebbe ottenere il 39,3% dell’energia totale da fonti rinnovabili entro il 2030, un aumento significativo rispetto al 22,5% del precedente anno. Tuttavia, ciò non raggiungerebbe comunque l’obiettivo del 42,5% per il 2030, progettato per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi. L’analisi, che ha coperto i piani nazionali di 21 paesi, ha rivelato disparità in vari settori, tra cui trasporti, agricoltura e conservazione delle foreste per aumentare l’assorbimento di CO2. Sette Paesi, tra cui Germania, Francia e Paesi Bassi, si sono impegnati ad eliminare le centrali elettriche che emettono CO2 entro il 2035, affrontando la produzione di energia che contribuisce a quasi la metà del totale dell’Unione.

La dichiarazione congiunta di questi Paesi ha evidenziato la probabilità che le misure climatiche esistenti dell’UE guidino l’Europa verso una produzione energetica quasi priva di CO2 entro il 2040. Accelerare gli sforzi collettivi faciliterebbe la pianificazione coordinata delle infrastrutture, garantendo lo sviluppo di strategie di stoccaggio energetico per integrare ingenti quantità di energia a bassa produzione di carbonio attraverso i confini nazionali. Paesi con sistemi elettrici fortemente interconnessi, come Germania e Francia, hanno sottolineato la necessità di un’azione congiunta per sfruttare il potenziale offshore e ottimizzare le capacità di stoccaggio. Nonostante l’UE abbia già raggiunto il traguardo di produrre il 41% della sua elettricità da fonti rinnovabili nel 2022, persistono significative variazioni nell’intensità di CO2 dovuta alla generazione di energia tra i diversi stati membri.

Quadro energetico europeo: diversità e potenziale di decarbonizzazione entro il 2035, con investimenti e risparmi su fonti rinnovabili

Che il quadro di produzione energetica in Europa sia molto differenziato lo dimostrano alcuni esempi. L’Austria produce già più dei tre quarti della sua elettricità da fonti rinnovabili, mentre la Francia si affida all’energia nucleare, per circa il 70% della sua produzione. Al contrario, la Polonia ha una produzione energetica più inquinante, che emette più CO2 di qualsiasi altro Paese dell’UE, a causa dell’uso elevato di carbone.

Le simulazioni del Think tank Ember indicano che sarebbe possibile per tutta l’Europa decarbonizzare quasi interamente il suo settore energetico entro il 2035, con l’implementazione di energia eolica e solare, che dovrebbero contribuire fino all’80% dell’elettricità entro quella data, eliminando praticamente del tutto carbone e gas. Per fare ciò, sono necessari investimenti iniziali fino a 750 miliardi di euro in fonti rinnovabili, ma entro il 2035 i Paesi potrebbero risparmiare moltissimo rispetto ai piani attuali, grazie a una riduzione significativa delle spese per i combustibili fossili, sempre secondo il Think tank Ember.

Impegni ambiziosi: prospettive e priorità per la transizione energetica dell’Ue. La Commissione sottolinea urgenze e progressi nella lotta al cambiamento climatico

“Attraverso il superamento congiunto della crisi energetica, abbiamo concluso una serie di iniziative cruciali che plasmeranno il nostro futuro e accelereranno la transizione energetica. Il momento è giunto per tradurre in azione i nostri ambiziosi impegni congiunti. I piani nazionali sull’energia e sul clima rappresentano strumenti fondamentali per tracciare un percorso definito verso un sistema energetico pulito, resiliente e digitalizzato. In attesa di segnali di investimento chiari, le nostre economie e i nostri cittadini cercano strategie per mantenere i prezzi dell’energia accessibili nel lungo termine. Pertanto, la conclusione di piani ambiziosi prima dell’estate emerge come una delle massime priorità. Le parole di Kadri Simson, Commissaria per l’Energia, sottolineano l’importanza dell’Unione Europea come leader nella lotta contro il cambiamento climatico.

Wopke Hoekstra, Commissario per l’Azione per il Clima, ribadisce l’urgenza di consolidare la via verso la neutralità climatica, costruendo la resilienza agli impatti climatici e sfruttando i benefici derivanti dalla transizione climatica ed energetica: “L’azione intrapresa a livello nazionale costituisce la base della diplomazia climatica all’estero, come evidenziato dalla COP28. L’adozione rapida della Legge sul Clima europea ha confermato l’impegno verso l’ambizione del 2030, mentre la legislazione chiave per raggiungere la riduzione delle emissioni del 55% è già operativa. La valutazione dei progetti aggiornati degli NCEP degli Stati membri dimostra il progresso verso gli obiettivi ambiziosi, ma è chiaro che sono necessari impegni più robusti nei piani finali”. L’Unione europea, quindi, rischia di mancare l’obiettivo del 55% di riduzione delle emissioni entro il 2030. L’analisi dei piani nazionali dei 27 diversi Paesi evidenzia la necessità urgente di politiche più strutturate e concrete per raggiungere gli obiettivi climatici prefissati.