Gli oceani stanno diventando enormi distese di microplastiche

Nonostante l'aumento delle particelle di plastica nell'oceano, c'è ancora la possibilità di invertire la tendenza con un'azione tempestiva e determinata

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Le microplastiche sono sempre più presenti negli oceani, e provengono principalmente dai beni di consumo come borse, imballaggi, vestiti, bottiglie e cosmetici, ma anche dai rifiuti delle attività ittiche come il nylon delle reti da pesca. Questi residui plastici, spesso invisibili all’occhio umano, sono presenti nelle acque marine, e rappresentano una minaccia per l’ambiente e la fauna marina.

Mentre godiamo delle vacanze al mare, spesso ci circondiamo inconsapevolmente di queste particelle di plastica. Questo inquinamento marino è la diretta conseguenza dell’elevata quantità di plastica prodotta dall’umanità, che ammonta a circa 450 miliardi di chili all’anno. Secondo le previsioni del World Economic Forum, entro il 2050 la produzione di plastica potrebbe triplicare rispetto ai livelli del 2016.

Nuova analisi quantifica la quantità di plastica presente negli oceani

Una nuova analisi quantifica in modo inedito la quantità di plastica che sta contaminando la superficie degli oceani. Un team internazionale di ricercatori ha calcolato che nel mondo galleggiano tra gli 82mila e i 358mila miliardi di particelle di plastica, per un totale di chili che va dagli 1,08 ai 4,8 miliardi, e tutto questo solo nello strato più superficiale dell’acqua. Questa quantità enorme di plastica rappresenta una minaccia per la vita marina e per la salute umana, poiché le particelle di plastica vengono ingerite da pesci, uccelli e altri animali marini e possono contaminare la catena alimentare.

Rapido aumento della plastica nei mari dal 2005

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista PLoS One da un gruppo di ricerca internazionale guidato da Marcus Eriksen, co-fondatore dell’organizzazione no-profit californiana 5 Gyres Institute, ha evidenziato che, a partire dal 2005 la plastica negli oceani è aumentata come non mai negli ultimi 40 anni.

Il lavoro si basa sui dati raccolti tra il 1979 e il 2019 da quasi 12.000 stazioni dislocate in sei regioni marine di tutto il mondo (oceano Atlantico settentrionale e meridionale, Pacifico settentrionale e meridionale, oceano Indiano e mar Mediterraneo). Le informazioni, rielaborate tenendo conto dei venti, dei siti selezionati e delle imprecisioni dovute a una scarsa attività di campionamento, hanno dato vita a un modello che mostra come a partire dal 2005 ci sia stato un rapido e significativo aumento della plastica sulla superficie dei mari.

Le stime aggiornate al 2019 evidenziano la presenza di circa 171.000 miliardi di particelle di plastica, prevalentemente microplastiche, con un peso complessivo di 2,3 milioni di tonnellate. Sebbene la maggior parte dei dati sia stata rilevata nell’Atlantico e nel Pacifico settentrionali, i ricercatori affermano che l’aumento delle plastiche in mare riscontrato dal 2005 è il risultato della crescita globale della produzione di plastica e delle politiche di gestione dei rifiuti. Se non si interverrà prontamente, l’emissione di plastica nei mari è destinata ad aumentare di 2,6 volte entro il 2040.

Effetti negativi delle microplastiche sulla fauna marina e la salute umana

Innanzitutto, le microplastiche causano danni ingenti ai pesci: sono oltre duemila le specie marine a contatto con la plastica, particelle che vengono ingerite anche da circa il 90% degli uccelli marini e dal 52% delle tartarughe marine. Tra le conseguenze dirette ci sono l’intrappolamento dei pesci negli oggetti di plastica più grandi, come i resti delle reti da pesca, il soffocamento per l’ingerimento di piccoli frammenti di plastica scambiati per pesci, oppure l’ingestione delle microplastiche.

Quest’ultima è una condizione che può causare tossicità all’apparato digerente e riproduttivo degli animali, inoltre tramite la catena alimentare le sostanze tossiche ingerite dai pesci danneggiano anche l’essere umano quando finiscono nelle nostre tavole a causa di alimenti contaminati. Secondo l’Ispra, circa il 15-20% delle specie marine che consumiamo sono inquinate dalle microplastiche, sostanze che interferiscono con il nostro sistema endocrino e possono causare seri rischi per la salute.

L’allarme delle microplastiche negli oceani

Secondo Eriksen, l’aumento esponenziale delle microplastiche negli oceani rappresenta un trend allarmante a partire dall’inizio del millennio. Egli sostiene la necessità di un trattato globale delle Nazioni Unite forte e legalmente vincolante per contrastare il problema alla fonte. Questo rappresenta un segnale chiaro e urgente per agire su scala globale.

Soluzioni innovative per ripulire i mari dalle microplastiche

Naturalmente, scienziati e ricercatori sono al lavoro per arginare questa situazione, con diverse le soluzioni innovative il cui obiettivo è ripulire mari e oceani dalle microplastiche. Tra i progetti più promettenti ci sono diversi sistemi innovativi che stanno rivoluzionando la pulizia degli oceani. Ecco alcuni esempi:

  • Il sistema di galleggiamento passivo di Boyan Slat: un tubo di polietilene di 1,2 metri di diametro e 600 di lunghezza, che adagiandosi sulla superficie dell’oceano forma una U e funge da barriera contro le microplastiche
  • Il bioreattore a membrana (MBR) pilota della società svedese Alfa Laval: un sistema con una precisione di filtrazione di gran lunga superiore al diametro delle reti o dei filtri solitamente utilizzati nelle reti a strascico
  • Il drone WasteShark: con un costo contenuto e senza emissioni di gas serra, raccoglie in maniera autonoma plastica ed altri rifiuti durante la navigazione
  • Il Seabin Project: ha messo in campo dei cestini galleggianti che catturano mozziconi di sigarette, microfibre e microplastiche risucchiando l’acqua e filtrandola
  • Robot magnetici e minuscoli: capaci di distruggere i pezzetti di plastica incontrati e di assorbire le microplastiche di polistirene
  • Il robot a forma di pesce della Cina: lungo appena 13 millimetri ma ultra resistente, è in grado di trasportare fino a 5 chili di rifiuti plastici, assorbendoli e trattenendoli

Tutte queste innovazioni hanno un grande potenziale per ripulire i mari e gli oceani dalle microplastiche e potrebbero fare la differenza per la salvaguardia dell’ambiente marino.

Adottare uno stile di vita sostenibile per proteggere gli oceani

Nonostante le soluzioni innovative ideate per rimuovere le microplastiche dagli oceani, è fondamentale agire in modo consapevole e responsabile e ridurre i rifiuti plastici che finiscono nei mari e negli oceani. Ad esempio, è importante fare bene la raccolta differenziata e limitare l’utilizzo di prodotti in plastica, per diminuire i rifiuti che possono finire negli ecosistemi marini e nei corsi d’acqua, adottando un approccio plastic-free e preferendo beni di consumo con un packaging sostenibile. Ciò può avvenire modificando le abitudini di tutti i giorni, ma anche a un livello superiore, come ha dimostrato l’Italia recependo la direttiva europea e vietando i prodotti in plastica monouso.