I condizionatori fanno male al clima?

I gas refrigeranti che circolano al loro interno, gli HFC, aggravano la crisi climatica, tanto che l'Ue vuole bandirli in favore di soluzioni sostenibili

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

I climatizzatori rappresentano una problematica che dobbiamo affrontare. Sebbene siano necessari per contrastare l’afa, è importante considerare che il caldo non è solo fastidioso, ma può anche causare morte quando raggiunge livelli estremi. Inoltre, all‘aumentare della temperatura media globale, diventa sempre più urgente dotare case e uffici di sistemi di climatizzazione per salvaguardare la salute pubblica e garantire una produttività economica adeguata. Tuttavia, i gas refrigeranti utilizzati all’interno di questi dispositivi, noti come idrofluorocarburi (HFC), contribuiscono potenzialmente all’effetto serra in misura maggiore rispetto alla stessa anidride carbonica. Inoltre, i climatizzatori consumano una quantità considerevole di elettricità, superando tutti gli altri elettrodomestici e rappresentando circa il 10% dei consumi globali. Questo dato assume una rilevanza critica, soprattutto considerando che l’elettricità viene ancora prodotta principalmente attraverso la combustione di combustibili fossili, che è la pratica comune al giorno d’oggi. In definitiva, il paradosso di questi dispositivi è che, sebbene mitighino la crisi climatica, contribuiscono anche ad aggravarla.

Il paradosso degli HFC

Gli HFC vennero introdotti dopo il bando dei Cfc stabilito dal protocollo di Montréal negli anni Ottanta, a causa del loro dannoso impatto sull’ozono. Tuttavia, nonostante non contribuiscano alla riduzione dello strato di ozono, gli HFC si rivelano essere gas serra molto potenti, capaci di trattenere molto più calore dell’anidride carbonica o del metano, con un’efficienza che può essere mille volte superiore. Uno studio pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics avverte che, se non verrà imposto un limite al loro utilizzo, gli HFC potrebbero contribuire a un aumento di 0,5 gradi Celsius del riscaldamento globale entro il 2100. Anche se potrebbe sembrare una cifra modesta, mezzo grado Celsius, non bisogna sottovalutare l’impatto che può avere sul pianeta, come sottolineato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico.

Una sfida per l’energia e il clima

Nel 2019, le emissioni di HFC sono state pari a 175 milioni di tonnellate di CO2, mentre nello stesso anno le emissioni di CO2 hanno raggiunto la cifra di 33 miliardi di tonnellate. Nonostante la differenza significativa, le proiezioni a lungo termine dell’Agenzia internazionale dell’energia indicano che la domanda di energia per il raffreddamento degli ambienti potrebbe triplicare entro il 2050. In particolare, si prevede che l’installazione di condizionatori crescerà soprattutto in Cina, India e Indonesia, paesi emergenti con una grande popolazione esposta a ondate di calore e con un elevato utilizzo di carbone come fonte energetica. Questa tendenza presenta una sfida significativa per l’energia e il clima a livello globale.

Le sfide del bilanciamento energetico nell’era delle fonti rinnovabili

L’aumento delle quote di fonti rinnovabili nei mix energetici offre l’opportunità di ridurre le emissioni di CO2 associate all’uso dei climatizzatori. Tuttavia, ciò comporta anche delle sfide nel bilanciamento delle reti energetiche. Quando molte persone accendono contemporaneamente i loro climatizzatori per trovare sollievo nelle notti afose, si verifica un picco di domanda elettrica che i pannelli fotovoltaici, a causa del momento della giornata, potrebbero non essere in grado di soddisfare completamente. Questo squilibrio tra domanda e capacità di produzione potrebbe sovraccaricare l’infrastruttura e portare a un blackout. In questo contesto, il bilanciamento dell’energia diventa una sfida cruciale da affrontare nell’era delle fonti rinnovabili.

Un’ombra sulla diffusione dei condizionatori

La diffusione sempre più ampia dei condizionatori comporta un rischio crescente di emissioni di HFC. Sebbene un condizionatore in funzione correttamente non rilasci questi refrigeranti nell’atmosfera, il problema si manifesta in caso di perdite nel sistema, mancanza di manutenzione adeguata o smaltimento non regolare.

L’Ue mira a ridurre drasticamente l’uso di gas fluorurati

L’Unione europea ha preso la decisione di ridurre drasticamente l’uso di gas fluorurati, i quali costituiscono il 2,5% delle sue emissioni di gas serra. Secondo la proposta del Parlamento, tra il 2024 e il 2028 le vendite di questi gas dovranno diminuire del 60% rispetto alla media del periodo 2011-2013, con ulteriori tagli negli anni successivi e l’obiettivo finale di eliminare completamente il loro utilizzo entro il 2050. Tuttavia, l’industria europea dei climatizzatori non accoglie positivamente questa decisione e teme ripercussioni sulla competitività dei propri prodotti. Bruxelles non può ignorare queste preoccupazioni in quanto l’UE non può permettersi di perdere capacità manifatturiera rispetto ad altri paesi esteri. L’Unione europea sta puntando molto sull’elettrificazione del riscaldamento domestico, sostituendo le caldaie con pompe di calore, al fine di ridurre l’uso del gas naturale e l’impatto climatico degli edifici. Attualmente, i condizionatori sono presenti nel 20% circa delle abitazioni europee, mentre negli Stati Uniti e in Giappone sono diffusi nel 90% delle case, e in Arabia Saudita e Cina nel 60%.

Soluzioni eco-friendly

Alternative più “pulite” agli HFC, comunque, esistono. Un esempio sono le idrofluoroolefine (HFO), che hanno un effetto serra bassissimo ma sono complicate e costose da produrre. Ci sono poi, sempre a ridotto potenziale di riscaldamento globale, i cosiddetti refrigeranti naturali come l’ammoniaca e il propano: la Germania ha già messo a punto uno schema di incentivi per promuoverne l’utilizzo nei condizionatori e nelle pompe di calore.