L’arrivo del biocarburante HV0lution rappresenta una svolta significativa per il settore dei trasporti. Questo diesel innovativo è completamente derivato da fonti rinnovabili in conformità con la Direttiva UE 2018/2001 “RedII” e potrebbe trasformare radicalmente il concetto di mobilità nel paese, con un occhio di riguardo verso l’economia circolare.
L’ambito della sostenibilità ambientale e della mobilità sta vivendo un’evoluzione, con l’elettrico destinato a diventare l’unica opzione di alimentazione ammessa alla vendita in Europa dal 2035. Tuttavia, recentemente sono emerse interessanti alternative, come i motori a idrogeno e i biocarburanti, che potrebbero offrire nuove prospettive per il futuro dei trasporti.
In Italia, i biocarburanti sono sempre più diffusi nei punti vendita. HVOlution, il biocarburante prodotto da Enilive, è già disponibile in oltre 800 stazioni di servizio sparse per il paese e mira ad espandere ulteriormente la sua presenza.
Indice
HVOlution, il biocarburante rivoluzionario per la mobilità sostenibile
HVOlution è olio vegetale idrogenato (Hydrogenated Vegetable Oil) che viene prodotto nelle bioraffinerie Enilive di Venezia e Gela prevalentemente da materie prime di scarto, come oli esausti da cucina, grassi animali, e da residui dell’industria agroalimentare. Si tratta quindi di HVO in purezza, che può essere utilizzato in purezza, con le attuali infrastrutture e in tutte le motorizzazioni omologate, cioè compatibili con prodotto di specifica EN 15940 (XTL) – questa informazione può essere verificata sul manuale d’uso di ogni veicolo.
Questo carburante, totalmente rinnovabile, è privo di aromatici e poliaromatici, sostanze notoriamente dannose per l’ambiente. HVOlution, come spiega Eni, rispetta rigorosamente la specifica europea EN15940 per i gasoli paraffinici ottenuti sinteticamente o tramite idrotrattamento (XTL), garantendo prestazioni elevate e una significativa riduzione delle emissioni inquinanti.
Fino alla fine di aprile è possibile acquistare HVOlution a un prezzo di 5 centesimi al litro inferiore rispetto al diesel tradizionale.
HVOlution, tecnologia e sostenibilità
L’innovativo biocarburante HVOlution è prodotto da Enilive presso le sue bioraffinerie situate a Venezia e Gela: erano raffinerie tradizionali che ono state trasformate in bioraffinerie grazie agli investimenti effettuati a partire dal 2014. L’azienda sottolinea che queste raffinerie hanno abbandonato completamente l’utilizzo di olio di palma (“palm oil free”) alla fine del 2022. La tecnologia all’avanguardia utilizzata è l’Ecofining, proprietà di Eni che l’ha sviluppata insieme a Honeywell UOP, che consente il trattamento di materie prime vegetali di scarto e oli non commestibili per produrre il biocarburante HVO.
Enilive è Sustainable Mobility, inoltre, è il secondo produttore in Europa di questo tipo di biocarburante.
Visione per un futuro sostenibile
Stefano Ballista, amministratore delegato di Enilive, ha espresso il suo entusiasmo per HVOlution, il biocarburante puro che rappresenta una svolta ecologica per il settore. “HVOlution gioca un ruolo cruciale nella decarbonizzazione della mobilità, inclusi i mezzi di trasporto pesante, già nell’immediato – ha affermato Ballista – Questo prodotto non solo amplia la gamma di opzioni disponibili nelle stazioni di servizio, ma si affianca anche alle soluzioni low-carbon esistenti, come le stazioni di ricarica elettrica, e ai servizi dedicati alla mobilità individuale. L’obiettivo di Enilive è quello di integrare gli asset industriali e commerciali in un sistema unico che copra l’intera catena del valore, dalla produzione della materia prima fino alla distribuzione di prodotti decarbonizzati ai consumatori”.
Biocarburanti per la decarbonizzazione del settore dei trasporti
La tecnologia proprietaria di Eni, chiamata Ecofining, rende possibile la bioraffinazione di materie prime rinnovabili, consentendo la produzione del biocarburante HVO.
I biocarburanti al momento costituiscono l’unica alternativa concreta anche per la decarbonizzazione del trasporto aereo e della marina. Oggi Eni commercializza il JET A1+Eni Biojet, realizzato nella raffineria di Livorno distillando le bio-componenti prodotte nella bioraffineria di Gela grazie alla tecnologia proprietaria Ecofining™. L’Eni Biojet è il SAF (Sustainable Aviation Fuel) che contiene il 100% di componente biogenica ed è idoneo ad essere utilizzato in miscela con il jet convenzionale fino al 50%. Nell’ambito del trasporto aereo Eni ha siglato accordi con ITA, DHL, Kenya Airways e Ryanair.
Nel 2023 Enilive ha sottoscritto accordi anche per la fornitura di biocarburanti per la marina. Ad esempio, con il Gruppo Azimut-Benetti ha sottoscritto il primo accordo relativo all’industria dello yachting finalizzato alla decarbonizzazione del settore della nautica da diporto per la fornitura e utilizzo di HVOlution.
Biocarburanti, ruolo chiave nella decarbonizzazione dei trasporti
I biocarburanti stanno emergendo come soluzione cruciale per la riduzione delle emissioni in settori difficili da trasformare, quali il trasporto su larga scala, aereo e marittimo. Questi settori, notoriamente tra i più inquinanti, possono beneficiare significativamente dall’uso di biocarburanti, specialmente durante le fasi iniziali della transizione verso fonti energetiche più pulite. Le analisi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), presentate al summit del G20 a Goa, India, nel luglio, supportano questa visione.
I dati del 2022 indicano che l’uso di biocarburanti liquidi ha ridotto la dipendenza dal petrolio nel settore dei trasporti di quasi due milioni di barili al giorno. Nonostante ciò, l’incremento della domanda di biocarburanti è stato solo del 5% nel 2022, un risultato inferiore alle previsioni, principalmente a causa delle preoccupazioni per la sicurezza energetica esacerbate dal conflitto tra Russia e Ucraina. Tuttavia, la IEA rimane ottimista sul futuro dei biocarburanti, prevedendo che la domanda aumenterà di oltre il 20% entro il 2027, superando i 35.000 Mlpy (milioni di litri per anno). Questo aumento sarà particolarmente evidente nelle economie avanzate e sarà supportato da una maggiore produzione di biodiesel e biojet fuel, carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF), derivati in gran parte da scarti e residui organici.
L’IEA assicura che le attuali scorte di materie prime biologiche non solo creano nuove opportunità economiche nelle zone rurali, ma sono anche sufficienti per triplicare la produzione di biocarburanti entro il 2030. Questo contribuirà significativamente alla decarbonizzazione dei trasporti e al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. I biocarburanti avanzati, come l’HVO, prodotti da rifiuti e residui organici, potrebbero fornire un ulteriore supporto di 2,4 migliaia di Mboe (barili equivalenti di petrolio) al giorno entro il 2030, superando la produzione totale di biocarburanti del 2022. L’IEA sottolinea, però, che per raggiungere questi obiettivi è essenziale investire in tecnologie innovative che migliorino la gestione dei rifiuti e l’uso dei terreni agricoli.
Biocarburanti, luci e ombre per la decarbonizzazione dei trasporti
I trasporti sono responsabili del 23% delle emissioni totali di gas serra e del 26% dei consumi finali di energia, con quasi l’intero utilizzo di combustibili fossili (96%). Attualmente, i biocarburanti rappresentano solo il 3,5% del fabbisogno energetico del settore. Sebbene l’IPCC consideri le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione dei biocarburanti pari a zero, il loro effettivo impatto varia a seconda del tipo di biomassa utilizzata.
Tuttavia, nonostante il prefisso “bio” associato ai biocarburanti indichi la produzione da materie prime rinnovabili di origine biologica, ciò non garantisce automaticamente la sostenibilità del processo. La crescita esponenziale del mercato ha già portato alla luce numerose criticità legate alla disponibilità di materie prime per una produzione veramente sostenibile, senza entrare in competizione con le filiere alimentari.
Biocarburanti, impatti e complessità
I biocarburanti, derivati da biomasse agricole come girasole, colza, mais e palma, sollevano importanti questioni riguardo alla loro sostenibilità e impatto ambientale. Sebbene le piante utilizzate per produrre queste biomasse assorbano CO2 durante la fotosintesi, il processo di coltivazione richiede notevoli quantità di acqua, fertilizzanti, pesticidi ed energia, in gran parte di origine fossile.
Inoltre, le biomasse devono essere trasportate e trasformate in processi industriali ad elevato consumo energetico, spesso utilizzando additivi e reagenti di origine fossile. Ad esempio, il biodiesel può essere prodotto mediante l’aggiunta di metanolo o etanolo (derivati da metano o petrolio) per ottenere il cosiddetto FAME (Fatty Acid Methyl Ester), oppure tramite l’utilizzo di idrogeno, spesso ottenuto da fonti non rinnovabili.
Studi settoriali indicano che i biocarburanti di prima generazione possono ridurre le emissioni solo fino al 60% rispetto ai loro equivalenti fossili, a seconda del tipo di biocarburante e della materia prima vegetale utilizzata.
Oltre agli aspetti produttivi, il problema del cambiamento di destinazione d’uso del suolo rappresenta una sfida significativa per la sostenibilità dei biocarburanti. Questo fenomeno, sia diretto che indiretto, comporta la trasformazione di ecosistemi naturali, come foreste e torbiere, in terreni agricoli per la produzione di biomasse, riducendo l’efficacia del loro stoccaggio di carbonio e minacciando la biodiversità.
La necessità di bilanciare i benefici energetici con gli impatti ambientali complessi dei biocarburanti richiede una valutazione approfondita e un’impostazione strategica per garantire un percorso sostenibile verso l’energia rinnovabile nel settore dei trasporti.
Biocarburanti, verso la seconda generazione per una decarbonizzazione sostenibile
In ottica climatica, la transizione verso una produzione di biocarburanti sostenibili di successive generazioni è imperativa. I biocarburanti di “seconda generazione”, o avanzati, rappresentano una soluzione su scala industriale, derivati dalla trasformazione di residui e rifiuti o da biomasse non alimentari coltivate su terreni degradati non in competizione con l’agricoltura alimentare.
Materiali cellulosici residui della silvicoltura, frazione organica dei rifiuti urbani, scarti delle catene alimentari, oli da cucina usati e altri possono essere impiegati per produrre bioetanolo, biodiesel e biometano avanzati. Sebbene il loro contributo alla riduzione delle emissioni rispetto ai corrispettivi fossili sia significativo, rimane una quota di emissioni associata al trasporto e alla trasformazione industriale.
Tra le soluzioni avanzate, il biodiesel derivato dagli oli da cucina usati offre uno dei maggiori contributi di riduzione delle emissioni. Tuttavia, la limitata disponibilità di materie prime, come l’olio da cucina usato, e le frodi sulla certificazione di origine dei rifiuti sollevano sfide significative.
Le proiezioni indicano una crescita della domanda di biocarburanti nei prossimi anni, ma la necessità di una gestione oculata delle risorse rimane fondamentale. È essenziale concentrare l’uso dei biocarburanti solo nelle modalità in cui non esistono alternative realistiche, come indicato dai principali scenari di decarbonizzazione.
Riflessioni sul biocarburante e l’autonomia energetica italiana
Nel 2021, l’Italia ha consumato circa 1,6 milioni di tonnellate di biocarburanti liquidi su strada, principalmente biodiesel. Tuttavia, solo una piccola percentuale è stata prodotta localmente, con la maggior parte delle materie prime provenienti da Cina e Indonesia.
Il Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) del 2023 prevede di raddoppiare i consumi di biocarburanti liquidi, soprattutto biodiesel, per il trasporto su strada, con una crescita prevista fino a 3 milioni di tonnellate.
L’Italia si affida principalmente agli impianti Eni di Porto Marghera e Gela, convertiti a bioraffinerie, per la produzione nazionale di biodiesel, con Livorno in fase di sviluppo. Tuttavia, l’approvvigionamento di materie prime si basa sull’importazione massiccia di olio vegetale dall’Asia e dall’Africa, con una crescente dipendenza da risorse esterne.
La coltivazione intensiva del ricino, prevista per incrementare la produzione di biodiesel, solleva preoccupazioni sulla sua sostenibilità, considerando l’uso intensivo di risorse e gli impatti ambientali delle pratiche agricole intensive.
Considerando le sfide legate alla sostenibilità e alla sicurezza alimentare, è necessario rivedere le politiche di sviluppo dei biocarburanti, ridimensionando le quantità previste nel PNIEC e promuovendo soluzioni di mobilità sostenibile alternative all’uso esclusivo dei veicoli su strada.
Biocarburanti, produzione locale e importazioni
Nel panorama dei biocarburanti, l’Italia vanta una produzione interna che si attesta sul 30%, con una quota del 9,5% derivante direttamente da materie prime nazionali. La maggior parte dei biocarburanti, tuttavia, è importata, con la Spagna che ne fornisce il 27,5% e l’Indonesia l’11,8%, quest’ultima essendo anche la principale fornitrice di materie prime.
L’impegno dell’Italia verso i combustibili sostenibili è evidente: il paese ha recentemente aderito all’Alleanza Mondiale per i Combustibili Alternativi, un’iniziativa globale che incoraggia l’adozione di fonti energetiche alternative e supporta la transizione verso un sistema energetico più pulito.
Il pensiero del Ministro Gilberto Pichetto Fratin sui biocarburanti
Durante il #FORUMAutoMotive del 26 marzo, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha messo in luce l’importanza dei biocarburanti nel contesto energetico attuale. Ha sottolineato l’intenzione di sollecitare la nuova Commissione europea a riconoscere i biocarburanti nella tassonomia europea.
Il Ministro Pichetto ha evidenziato la necessità di adottare un approccio pragmatico ai cambiamenti energetici, valorizzando la neutralità tecnologica e l’autosufficienza energetica. Ha osservato che, nonostante l’entusiasmo per l’elettrificazione, l’Europa sta diventando consapevole delle sfide presenti, anticipando possibili revisioni degli obiettivi per il 2035. Secondo lui, i biocarburanti sono essenziali per raggiungere la decarbonizzazione dei trasporti.
Inoltre, ha prospettato un futuro promettente per i veicoli elettrici, con una stima di 5-6 milioni di auto elettriche in Italia entro il 2030, a condizione che i costi siano accessibili per i consumatori. Ha enfatizzato l’importanza di includere i biocarburanti nella tassonomia europea e di incentivare le flotte aziendali verso una maggiore sostenibilità, sfruttando strumenti fiscali come l’IVA e l’ammortamento. Infine, ha ricordato che i meccanismi di incentivo non possono essere perpetui o incostanti.