Riccio di mare a rischio estinzione, il Mediterraneo è troppo caldo

In Puglia e Sicilia le densità sono crollate sotto gli 0,2 individui per mq. Il caldo record e la pesca illegale spingono verso il collasso una specie chiave per l’ecosistema

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 5 Giugno 2025 07:00

Il riccio di mare viola (Paracentrotus lividus), pilastro degli ecosistemi marini mediterranei, rischia l’estinzione. A lanciare l’allarme è uno studio internazionale, questo ha registrato un crollo della popolazione lungo le coste della Puglia e della Sicilia, con densità medie inferiori a 0,2 individui per metro quadrato.

Lo studio, condotto nel 2023 dal team dell’Università del Salento, mostra che il declino ha avuto origine nei primi anni Duemila, a partire da un’anomala ondata di calore nel 2003. Il riscaldamento del Mar Mediterraneo, unito a sovrasfruttamento e pesca di frodo, sta spingendo la specie oltre il punto di non ritorno.

Crolla la densità: le aree protette non bastano più

I monitoraggi effettuati dai ricercatori nel corso del 2023 in Puglia e Sicilia hanno rilevato una drastica diminuzione della popolazione adulta di riccio di mare. In alcune zone, come Molfetta, Mola di Bari, Forcatella e Casalabate, la densità è prossima allo zero. Nemmeno le aree marine protette sembrano offrire più rifugio: la densità è risultata analoga a quella delle zone non tutelate.

L’allarme arriva dal progetto di ricerca del National Biodiversity Future Center (NBFC), che ha coinvolto ARPA Puglia, l’Università di Palermo e quella di Malta. Secondo Andrea Toso, primo autore dello studio, il riccio di mare è un “indicatore ecologico”e la sua scomparsa segnala un profondo squilibrio ambientale e una minaccia per la biodiversità costiera.

Colpa del clima e della pesca illegale

La pesca indiscriminata, anche durante i divieti, sta aggravando una situazione già critica. Di recente, pescatori di frodo sono stati sorpresi in un momento di fermo e in un’area marina protetta 1.200 ricci. Episodi come questo si ripetono su una costa lunga oltre 900 chilometri, spesso in tratti rocciosi, habitat ideale ma difficile da monitorare.

In parallelo, il riscaldamento climatico sta alterando le condizioni del mare, rendendo l’ambiente ostile per la sopravvivenza della specie. Non si tratta solo di perdere un esemplare, ma di rompere un equilibrio che sostiene interi ecosistemi e filiere economiche, dalla pesca alla ristorazione.

Secondo il professor Stefano Piraino, serve una gestione sostenibile che consideri anche l’impatto climatico. Altrimenti, il rischio è quello di un collasso irreversibile. Il caso del riccio di mare è un esempio emblematico, ovvero un segnale d’allarme per tutto il Mediterraneo che si scalda e cambia.