Cosa succede quando un datore di lavoro non versa i contributi Inps dovuti per i propri dipendenti? Questa mancanza, è importante sottolinearlo, è sanzionata dalla legge. Purtroppo, però, per il lavoratore questo ammanco di contributo può creare non poche problematiche nel momento in cui deve andare in pensione.
Può capitare, invece, che un lavoratore autonomo, il quale deve versare in autonomia i contributi, non effettui questa importante operazione. Anche quando si viene a verificare questa situazione, le conseguenze per il lavoratore non sono del tutto indifferenti. e non solo nel momento in cui dovrà andare in pensione.
Una terza ipotesi che si può venire a verificare è il lavoratore, che per una serie di circostanze sfortunate, non riesca ad accumulare contributi a sufficienza per poter andare in pensione: questa particolare situazione si può venire a verificare quando c’è una certa instabilità lavorativa o quando il lavoratore rimane per un lungo periodo disoccupato.
Come abbiamo visto sono molteplici le cause che possono portare ad un’assenza di versamenti dei contributi. Cerchiamo di capire quali sono le conseguenze dei mancati versamenti e come sia possibile porvi un rimedio.
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Lavoratore dipendente: i contributi non versati
Spetta direttamente al datore di lavoro effettuare i pagamenti dei contributi dei lavoratori dipendenti: per farlo deve utilizzare un Modello F24. L’onere contributivo è in parte in capo allo stesso dipendente e in parte all’azienda. Quanto deve essere versato all’Inps viene trattenuto mensilmente direttamente dalla busta paga dal datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta.
Cosa succede, però, quando il datore di lavoro non effettua il versamento? Ricordiamo, infatti, che i contributi previdenziali sono una determinata somma di denaro che il datore di lavoro è obbligato a versare, rispettando alcuni parametri ed alcune tempistiche disposte direttamente dalla legge.
Nel caso in cui l’azienda, per un motivo od un altro, non dovesse rispettare questo obbligo, si ritrova in una situazione di evasione contributiva. Ricordiamo che i contributi, che devono essere versati obbligatoriamente, corrispondono al 33% della retribuzione del dipendente.
I datori di lavoro sono considerati a tutti gli effetti come dei sostituti d’imposta. Lo stesso ruolo lo assumono anche quanti provvedono a pagare i contributi dei propri lavoratori domestici, delle colf o delle badanti. Nel caso in cui il datore di lavoro non provvede a versare nei tempi utili questi contributi, dovrà pagare alcune sanzioni di tipo pecuniario.
Come verificare la propria posizione
Il lavoratore ha la possibilità di verificare la propria posizione contributiva accedendo al sito dell’Inps. Utilizzando le credenziali SPID o con la carta nazionale dei servizi (CNS) può accedere all’estratto conto contributivo, che costituisce a tutti gli effetti un documento riepilogativo, nel quale sono riportati tutti gli anni contributivi che sono accreditati a nome di un determinato lavoratore.
Nel momento in cui il lavoratore dovesse accorgersi che i contributi non gli sono stati versati ha la possibilità di chiedere all’azienda di procedere con il versamento. Nel caso in cui il versamento dovesse continuare a mancare, il diretto interessato ha la possibilità di rivolgersi direttamente all’Inps per denunciare quanto sta avvenendo.
L’istituto, a questo punto, ha dieci anni di tempo per provvedere al recupero di questi importi. I dieci anni scattano dalla data effettiva entro la quale l’azienda avrebbe dovuto versare i contributi.
È bene sottolineare che eventuali contributi non versati possono portare ad un allontanamento – anche di diversi anni – della data nella quale il lavoratore può accedere alla pensione. Comunque vada il lavoratore dipendente continua a preservare il diritto alla pensione anche quando il datore di lavoro non versa i contributi dovuti: questo diritto rimane fino a quando non si verifica la prescrizione (in questo caso avviene dopo cinque anni).
Come si devono comportare i lavoratori
Il primo passo che devono effettuare i lavoratori è accertarsi se i contributi non versati siano prescritti o meno. Quindi se si riferiscono ad un periodo inferiore o superiore a cinque anni. Nel caso in cui si riferiscano ad un periodo inferiore a cinque anni devono informare immediatamente l’Inps che, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, verificherà se il datore di lavoro ha versato o meno i contributi.
Nel caso in cui, invece, i versamenti non effettuati si riferiscano ad un periodo superiore a cinque anni, come abbiamo anticipato, c’è la prescrizione. Per questi contributi non è possibile agire nei confronti del datore di lavoro: il lavoratore ha la possibilità, comunque, di riscattarli mediante la costituzione di rendita vitalizia. Per poter agire in questo senso è necessario essere in possesso della documentazione con cui sia possibile dimostrare:
- l’esistenza del rapporto di lavoro;
- la durata del rapporto di lavoro;
- l’ammontare della retribuzione corrisposta.
La costituzione della rendita vitalizia
La costituzione della rendita vitalizia è un particolare istituto che permette di sanare un’omissione contributiva, per la quale sia stata verificata la prescrizione. Ha come presupposto, in estrema sintesi, l’inadempimento di un obbligo contributivo da parte di un soggetto che deve effettuare il versamento dei contributi.
Per presentare la domanda di rendita vitalizia non ci sono dei termini. Non c’è, quindi, la prescrizione: può essere effettuata dal lavoratore in qualsiasi momento. In alternativa può essere richiesta:
- dal datore di lavoro che abbia intenzione di sanare la propria posizione;
- dagli eredi del lavoratore.
La costituzione della rendita vitalizia serve a sanare i contributi che non possono essere più versati, perché sono prescritti. Questo istituto, inoltre, può essere richiesto per delle omissioni parziali, come ad esempio il mancato pagamento di qualche mese di contribuzione da parte del lavoratore.
Il costo del riscatto è a carico del richiedente. Dovrà essere proprio quest’ultimo a dimostrare che i contributi spettano al lavoratore: per farlo è necessario presentare la documentazione che attesti il rapporto di lavoro nel periodo in cui i versamenti non sono stati effettuati. La domanda deve essere presentata direttamente all’Inps.
Contributi non versati dei lavoratori autonomi
Caso diverso, invece, è quello che coinvolge i lavoratori autonomi, i cui versamenti dei contributi devono effettuare in prima persona. Ricordiamo, infatti, che i titolari di partita Iva devono provvedere a versare autonomamente i propri contributi all’Inps.
Nel caso in cui l’istituto di previdenza dovesse accorgersi di alcune mancanze dei versamenti, può provvedere a richiedere al lavoratore il pagamento delle cifre dovute, a cui si dovranno aggiungere le sanzioni e gli eventuali interessi. Nel caso in cui il diretto interessato dovesse trovarsi in questa situazione, deve provvedere ad effettuare i pagamenti velocemente, al massimo entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. In caso contrario le sanzioni potrebbero risultare particolarmente salate.
Come accade con le altre imposte non pagate a tempo ed ora, anche per i contributi Inps i diretti interessati possono utilizzare l’istituto del ravvedimento operoso.