Nel 2024 cambia la residenza fiscale: tutte le novità

Il governo Meloni ha in programma di aggiornare la normativa relativa alla residenza fiscale in modo ad allinearla agli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

La residenza fiscale sarà uno dei capisaldi intorno ai quali ruoterà la riforma fiscale. Il legislatore ha intenzione di garantire che la normativa italiana risulti essere in linea con i principi dell’ordinamento tributario internazionale. Ma non solo: è necessario provvedere a tutelare i diritti stabiliti direttamente dall’Unione europea.

Inutile negarlo: la residenza fiscale ha un ruolo importante e ben preciso nel determinare quale sia l’autorità fiscale. Nel momento in cui il contribuente è residente, risulta essere sottoposto a tutte le imposizioni previste da un determinato paese. In questo caso sono tassate tutte le fonti di reddito. Discorso diverso per i soggetti che non sono residenti, per i quali la tassazione va a colpire unicamente i redditi che sono prodotti all’interno del territorio nazionale. Questo è il motivo per il quale arrivare ad una corretta determinazione della residenza fiscale costituisce un elemento fondamentale per poter applicare la corretta tassazione.

La Legge Delega sulla Riforma Fiscale – che ricordiamolo bene è entrata in vigore lo scorso 29 agosto 2023 – punta a riformare completamente le disposizioni normative italiane: l’intento è quello di andarle ad uniformare con i principi dell’Unione europea. Uno dei punti cruciali delle delega è rappresentato direttamente dall’articolo 3 punto c): in questa sede viene indicata la necessità di andare a rielaborare il concetto di residenza fiscale. L’intenzione è quella di andarla ad allineare agli standard internazionali, alle convenzioni contro le doppie imposizioni e alle dinamiche messe in campo dallo smart working. Da queste dinamiche risultano essere coinvolte molte categorie, tra le quali rientrano le persone fisiche, le imprese e gli enti diversi dalle aziende.

In questo ampio contesto ha preso piede anche lo smart working: l’Agenzia delle Entrate è intervenuta direttamente per definire quale possa essere il suo impatto sulla residenza fiscale. In questo caso le regole non cambiano.

Ma cerchiamo di comprendere meglio cosa è destinato a cambiare in futuro e come la residenza fiscale possa andare ad impattare direttamente sulla vita di tutti i contribuenti.

Residenza fiscale: la normativa attuale

Nel nostro paese la residenza fiscale costituisce un concetto di importanza fondamentale nell’intero sistema tributario. A disciplinarla è l’articolo 2 del TUIR. Perché i contribuenti possano adempiere correttamente a tutti i loro obblighi fiscali è bene che siano a conoscenza di come funzioni la residenza fiscale nel dettaglio.

L’articolo 2, paragrafo 2 del TUIR ha stabilito che una persona risulta essere fiscalmente residente in Italia nel momento in cui risulti essere presente per la maggior parte del periodo d’imposta nel nostro paese. O quanto meno per un periodo continuativo o frazionato pari a 183 (184 negli anni bisestili) giorni nel corso dell’anno solare.

La residenza fiscale, comunque vada, può essere stabilità anche quando manca la presenza fisica. Questo può avvenire nel momento in cui viene stabilito un legame stabile con l’Italia:

  • la persona è iscritta nell’anagrafe della popolazione residente di un determinato Comune;
  • abbia la residenza in Italia, intesa come il luogo in cui dimori abitualmente;
  • abbia il domicilio in Italia: in questo caso si intende che nel nostro paese ci siano gli interessi vitali.

Per essere considerato residente fiscalmente in Italia è sufficiente che una persona soddisfi uno dei precedenti requisiti. Quando, invece, il contribuente risulti essere riconosciuto come residente in un qualsiasi altro Stato, le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni servono a tracciare le linee guida per evitare potenziali conflitti.

Cosa succederà con la riforma fiscale

Attraverso la Legge Delega è stato stabilito un intervento diretto sulla residenza fiscale. L’intenzione è quella di cercare di assicurare la conformità delle norme fiscali nazionali ai principi dell’ordinamento tributario internazionale, in modo da andare a salvaguardare i diritti stabiliti dall’Ue.

L’articolo 3 punto C della Delega al Governo indica gli interventi necessari per:

provvedere alla revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società come criterio di collegamento personale all’imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia anche valutando la possibilità di adeguarla all’esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile.

Fondamentalmente l’obiettivo che si è posto il Governo Meloni è quello di aggiornare la normativa sulla residenza fiscale in modo da allinearla:

  • alla prassi internazionali all’avanguardia;
  • alle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia contro le doppie imposizioni;
  • alla disciplina della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che spostano la propria residenza in Italia.

Smart working: nessuna novità in vista

Lo smart working e la sua diffusione potrebbero impattare sulla questione della residenza fiscale? Questo è un problema che si è già posta l’Agenzia delle Entrate, che sull’argomento è intervenuta attraverso la circolare n. 25/E del 18 agosto 2023, con la quale ha sottolineato che per il momento non sono previsti dei cambiamenti. All’interno della circolare, l’Agenzia delle Entrate ha indicato quanto segue:

continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 2 del TUIR e, al riguardo, nessuna valenza rettificativa va ascritta alla modalità con la quale viene prestata l’attività lavorativa (i.e. lavoro da remoto o smart working).

Questo significa, in altre parole, che per quanto riguarda la residenza fiscale i parametri che sono stati stabiliti attraverso il TUIR – e che parlano espressamente di una connessione con il territorio nazionale – continuano a rimanere invariati. Anche quando il lavoratore esercita la propria attività con lo smart working.

In estrema sintesi

Per ogni contribuente la residenza fiscale costituisce un pilastro fondamentale, perché determina in quale nazione un contribuente deve pagare le tasse.

Questo è il motivo per il quale il governo ha deciso di riformare drasticamente questo istituto: l’intenzione è quella recepire le esperienze più innovative in questo campo, ma soprattutto adeguare la normativa al diritto internazionale.

Nulla cambia, in questo momento, per chi lavora in smart working.