Imu, nel 2024 cambiano le aliquote: chi pagherà di meno

Per il 2024 arrivano importanti novità per quanto riguarda le aliquote Imu. I Comuni avranno una maggiore libertà nel determinarle

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Importanti cambiamenti arriveranno con il 2024 per quanto riguarda l’Imu. A cambiare le regole del gioco è l’entrata in vigore del Decreto del Mef datato 7 luglio 2023, attraverso il quale è stato ufficialmente attuato l’articolo 1 del comma 756 della Legge n. 160 del 2019. Questa legge introduce un’importante novità per quanto riguarda l’Imu: i Comuni avranno la possibilità di andare a diversificare le varie aliquote di imposta.

Nel momento in cui è necessario procedere con la gestione dei pagamenti dell’Imu sono presenti alcune problematiche. Sicuramente la più importante è costituita dalla differenziazione delle aliquote che vengono scelte dai singoli comuni. Ma non solo: le aliquote sono differenziate in base alle diverse categorie a cui appartengono gli immobili. Questo comporta, in estrema sintesi, l’obbligo da parte dei contribuenti e dei vari operatori di settore di andare ad analizzare un numero enorme di provvedimenti che riguardano proprio l’Imu.

Attraverso la Legge di Bilancio 2020, si è messo un po’ di ordine alla disciplina Imu. È stato previsto, infatti, che i singoli Comuni abbiano la possibilità di diversificare le aliquote basandosi unicamente sulle casistiche individuate dal Ministero delle Finanze attraverso un apposito decreto.

Fino allo scorso luglio, però, il decreto ufficiale del Mef attraverso il quale andare ad individuare le casistiche in questione, non aveva mai visto la luce. Ma soprattutto non aveva ancora percorso e completato il suo iter ufficiale. Ora come ora, però, la situazione è cambiata: dal 2024 si potranno andare ad applicare le disposizioni che sono previste direttamente all’interno del documento. Vediamo quali sono le novità più importanti.

Imu, quali opzioni hanno i Comuni

A seguito dell’attuazione di quanto è stato previsto attraverso il Decreto del Mef datato 7 luglio 2023, il Comune potrà muoversi con due differenti opzioni:

  • nel caso in cui i Comuni avessero intenzione di diversificare le aliquote Imu, la scelta dovrà essere effettuata in base alla ragionevolezza, della proporzionalità e all’adeguatezza;
  • i Comuni, invece, che non dovessero avere intenzione di procedere con la diversificazione delle aliquote, devono provvedere a redigere una delibera attraverso la quale vengono approvate quelle che sono state individuate direttamente dal Decreto.

Ogni singolo Comune, attraverso una delibera che dovrà essere pubblicata entro e non oltre il 14 ottobre dell’anno di riferimento, dovrà effettuare la propria scelta. Nel caso in cui la delibera non dovesse essere pubblicata entro il 28 ottobre (sempre dell’anno di riferimento) verranno applicate le aliquote Imu che sono state applicate nel corso dell’anno precedente. Per il primo anno, invece, la mancanza di una delibera determinerà l’applicazione delle aliquote Imu a base nazionale.

Come deve essere pagata l’imposta

Per il 2024 non cambiano le modalità attraverso le quali deve essere pagato l’Imu. Si dovrà procedere con il versamento dell’imposta utilizzando il Modello F24, così come avveniva nel corso degli anni scorsi.

Le aliquote del 2023

Per il momento, ovviamente, non è ancora dato sapere a quanto possano ammontare le aliquote Imu nel corso del prossimo anno. Per quelle del 2023 è possibile fare riferimento alla circolare del Ministero dell’Economia del 18 marzo 2020, che ha stabilito che per gli immobili di lusso classificati nelle categorie A1-A/8 e A/9 sia prevista l’applicazione di un’aliquota in misura ridotta del 5 per mille, che i singoli comuni possono decidere di aumentare o diminuire dello 0,1%. In questo caso, inoltre, è prevista una detrazione pari a 200 euro.

Per il 2023, l’aliquota Imu per la seconda casa, invece, è stata fissata nella misura dell’8,6 per mille: questa è l’aliquota di base. I singoli Comuni possono decidere di portarla al 10,6 per mille. in alcuni casi può arrivare fino all’11,4 per mille per quei comuni che hanno confermato l’ex maggiorazione Tasi già approvata negli anni precedenti.

Imu 2023: le esenzioni per gli immobili occupati

Nulla cambia, per il 2023, per le esenzioni dal pagamento Imu. Ricordiamo, infatti, che la Legge di Bilancio 2023 ha stabilito che, nel caso in cui gli immobili risultino essere occupati, i proprietari siano esonerati dal pagamento dell’imposta. Purché abbiano presentato una regolare denuncia.

Entrando un po’ più nel dettaglio, è stata modificata la Manovra 2020, andando ad aggiungere tra gli immobili che risultano essere esenti dall’Imu anche quelli che risultano essere non utilizzabili e quelli non disponibili, tra i quali rientrano quelli per i quali sia stata presentata una denuncia all’autorità giudiziaria per i seguenti reati:

  • violazione di domicilio;
  • invasione di terreni o edifici;
  • occupazione abusiva.

Per riuscire a beneficiare dell’agevolazione Imu, il contribuente deve provvedere a comunicare al Comune, in modalità telematica, i requisiti che permettono di accedere a questa agevolazione.

Le agevolazioni previste per gli immobili in comodato

Ricordiamo che tra le agevolazioni Imu previste per il 2023 rientra anche la riduzione dell’aliquota al 50% nel momento in cui si vengono a generare alcuni casi.

L’articolo 1, comma 747, della Legge n. 160/2019 ha stabilito espressamente che la base imponibile dell’Imu venga ridotta del 50% nel caso in cui le abitazioni vengano concesse in comodato d’uso ai parenti in linea retta. Stiamo parlando, in altre parole, dei genitori e dei figli.

L’agevolazione Imu, che consiste in una riduzione del 50%, spetta per tutti gli immobili con l’eccezione di quelli che sono classificati all’interno delle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Gli immobili devono essere concessi in comodato dal contribuente a parenti in linea retta di primo grado, che devono utilizzare l’immobile come abitazione principale. L’agevolazione viene applicata nel caso in cui si verifichino le seguenti condizioni:

  • il contratto di comodato sia registrato;
  • il comodante possieda in Italia la sola abitazione concessa in comodato; oltre a quest’ultima, egli può tuttavia possedere un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
  • il comodante risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.