I controlli del fisco, purtroppo, si fanno sempre più stridenti e vanno a colpire anche il conto corrente cointestato. L’obiettivo, come sempre, è quello di andare a limitare, il più possibile l’evasione e fiscale e le eventuali attività illecite. Questo è il motivo per il quale l’Agenzia delle entrate ha la possibilità di accedere ad un numero maggiori di informazioni rispetto a quanto avveniva nel passato. La tecnologia, poi, oggi come oggi, permette di tracciare un numero enorme di dati ed informazioni dei contribuenti.
Senza dubbio, però, una particolare attenzione viene dedicata, proprio dall’Agenzia delle Entrate, al conto corrente. Nel momento in cui, infatti, si vengono a creare certe situazioni di rischio, la Guardia di Finanza e gli altri uffici responsabili di effettuare i controlli possono accedere ai singoli rapporti bancari dei contribuenti. L’obiettivo è quello di verificare se sussista una corrispondenza tra i dati contenuti all’interno della dichiarazione dei redditi e quanto viene depositato effettivamente.
Ma cosa succede quando un contribuente è titolare di un conto corrente cointestato? In questo caso la responsabilità è da attribuire ad entrambi gli intestatari del rapporto bancario. Anche se un’ordinanza della Corte di Cassazione ha deciso che uno dei due intestatari potesse essere sanzionato e l’altro no. Ma vediamo nel dettaglio cosa è successo.
Indice
Conto corrente cointestato: i controlli del Fisco
Attraverso l’ordinanza n. 25684 del 22 settembre 2021, la Corte di Cassazione ha dato sostanzialmente ragione all’Agenzia delle Entrate per una questione che aveva come oggetto proprio il conto corrente cointestato di due coniugi.
Nel caso preso in esame dai giudici della Suprema Corte, sul conto corrente cointestato venivano versate delle somme solo e soltanto dalla moglie. Gli stessi importi venivano prelevati in un secondo momento dal marito. Si è ritenuto che, benché il rapporto bancario fosse cointestato, in mancanza di un consenso diretto della moglie su quelle determinate somme, il marito avesse compiuto un illecito.
Ma perché il comportamento del consorte è diventato importante ai fini fiscali? Sostanzialmente il marito ha prelevato delle somme che non ha dichiarato al fisco. Gli importi andavano, infatti, ad aggiungersi al suo reddito e come tali dovevano essere dichiarati.
Il fatto che la Corte di Cassazione abbia dato ragione all’Agenzia delle Entrate costituisce sicuramente una novità, perché mette in dubbio la possibilità che entrambi gli intestatari di un conto corrente cointestato abbiano la possibilità di operare su di esso. Ma non solo: a questo punto sorge anche il problema della della possibilità di tassare le cifre che vengono periodicamente prelevate.
Il caso specifico
Nel caso preso in esame è indubbio che l’Agenzia delle Entrate avesse ragione. Le somme versate sul conto corrente erano state depositate solo e soltanto dalla donna. Ed erano state prelevate senza che lei avesse dato il suo consenso.
A questo punto si apre anche un’altra questione: i soldi versati su un conto corrente, anche quando è cointestato, sono di proprietà di chi le versa. Se manca il suo consenso esplicito, nel momento in cui l’altro cointestatario le preleva commette un illecito.
Rischio controlli anche sul conto corrente cointestato
A questo punto qualsiasi conto corrente cointestato può finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate. Che ha la possibilità di contestare dei prelievi di denaro illeciti, soprattutto quando non vi si pagano le tasse sopra.
I controlli effettuati, sostanzialmente, sono da ricondursi alla tassazione Irpef, a cui dovrebbe essere sottoposto il denaro prelevato ed utilizzato in qualsiasi modo. Una volta prelevato diventa reddito. L’ordinanza della Cassazione, a questo punto, può avere ampie conseguenze su tutti i conti correnti intestati.