Pnrr, evasione fiscale italiana nel mirino dell’Europa: cosa ci chiede Bruxelles

Di quanto va tagliato il tax gap per rispettare gli obiettivi del Pnrr in merito al contrasto all'evasione fiscale

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Uno degli impegni del Pnrr è la riduzione dell’evasione fiscale che in Italia, viene stimato, raggiunge la cifra monstre di quasi 90 miliardi l’anno. Il governo Meloni aveva chiesto di rivedere il tax gap, ma su questo punto l’Europa pretende risultati rapidi e incisivi.

Evasione fiscale in Italia

Il tax gap è la propensione all’evasione in un sistema economico. Il parametro viene misurato sottraendo le tasse incassate da quelle attese. I quasi 90 miliardi evasi ogni anno (per la precisione 89,8 nel 2020 secondo l’ultimo report del quale il Fisco dispone di dati completi) riguardano 67,5 miliardi di tax gap a cui vanno a sommarsi circa 11 miliardi di contributi non pagati e altri 10 miliardi di imposte locali evase. In Italia, secondo i dati, vengono dichiarati ogni anno circa 913 miliardi, dei quali il 75% viene da lavoratori dipendenti e pensionati (rispettivamente 490 e 276 miliardi). E solo la restante parte viene dai lavoratori autonomi.

Il Pnrr e la riduzione dell’evasione fiscale

Date queste premesse, l’Europa ci chiede di ridurre il tax gap di 2,7 punti percentuali portandolo dal 18,5% del 2019 al 15,8% nel 2024. La richiesta di revisione del Pnrr avanzata dal governo italiano chiedeva un ammorbidimento di tale vincolo, ma la Commissione europea ha infine intimato all’Italia di rispettare il 15,8%.

L’Italia aveva richiesto una revisione giustificandola con “gli evidenti segnali di deterioramento della liquidità delle imprese italiane, con rischio di ulteriore crescita da qui al 2024″ e tirando in ballo la crisi economica che “può incidere negativamente sulla regolarità dei versamenti tributari” delle imprese. Nella domanda veniva anche citato il tasso di default che a maggio “è aumentato del 360% nel primo quadrimestre del 2023 rispetto al primo quadrimestre del 2022”. Nulla da fare: l’Europa è rimasta irremovibile sull’obiettivo del 15,8%.

L’obiettivo venne indicato a suo tempo quando alla guida dell’esecutivo c’era Mario Draghi. Il tax gap è già stato ridotto in tempi recenti: ben -4 punti percentuali dal 2014 al 2019. La richiesta è di proseguire su questa strada.

Pagamenti elettronici e multe ai negozianti

L’Europa riconosce all’Italia di aver messo in atto politiche che hanno ridotto l’evasione fiscale negli ultimi anni, ma vengono richiesti ulteriori sforzi e ulteriori risultati, a partire dall’incremento dei pagamenti elettronici. Tradotto in soldoni, per l’Italia l’impegno legato al Piano nazionale di ripresa e resilienza è quello di tagliare l’evasione fiscale di altri 12 miliardi nel 2024. Oltre alla richiesta di rimodulare il tax gap ci sono state altre frizioni con l’Europa, come ad esempio il tentativo del governo Meloni di eliminare le multe ai negozianti che rifiutano l’utilizzo del Pos.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in audizione a novembre ha dichiarato che “ridurre strutturalmente l’evasione fiscale è un obiettivo prioritario per sostenere l’ammodernamento del nostro Paese e un fattore determinante per liberare risorse pubbliche da destinare alla diminuzione della pressione fiscale in favore di quanti si impegnano quotidianamente. L’azione del governo intende rafforzare gli obiettivi già ambiziosi di riduzione del tax gap inclusi nel Pnrr, che prevedono di ridurre del 15% la propensione all’evasione dei contribuenti nel 2024, rispetto al valore di riferimento del 2019″.