Ogni anno, puntualmente, torna la stessa promessa: “Tagliamo le tasse e aumentiamo il netto in busta paga”. Nella Legge di Bilancio attualmente in discussione, infatti, il governo ha proposto di ridurre l’aliquota del secondo scaglione Irpef dal 35% al 33%.
Ma prima di capire quanto potremmo guadagnarci, serve fare un passo indietro e chiarire una cosa che spesso sembra complessa e misteriosa: come funziona davvero l’Irpef e perché tra stipendio lordo e stipendio netto c’è una differenza così grande.
Indice
Lordo e netto: perché non coincidono
Se sei un dipendente, lo stipendio che “vedi” sul contratto è lordo: per capire quanto ti arriverà in tasca a fine mese bisogna togliere una serie di voci.
In Italia la distanza tra lordo e netto è tra le più alte in Europa perché sul lavoro gravano diverse componenti, pagate in parte dal lavoratore e in parte dal datore di lavoro.
Si sente spesso dire, semplificando, che “se un’azienda paga 10, al dipendente arrivano 6–8”. È un modo per rendere l’idea che una parte consistente di quello che l’azienda paga al dipendente non finisce nelle sue tasche.
Le tre voci principali che riducono il netto
Nel caso di un dipendente, le voci principali che riducono lo stipendio lordo sono:
- I contributi INPS al 9,19% per la pensione
- Le addizionali regionali e comunali: sono importi variabili che dipendono da dove si lavora (regione e comune)
- L’Irpef.
Ed è sull’Irpef che vale la pena fermarsi un attimo.

Cos’è l’Irpef (e chi la paga)
Irpef significa “Imposta sul reddito delle persone fisiche”: è una percentuale che si paga su quanto si guadagna in un anno.
La pagano i dipendenti, i pensionati, una parte delle partite IVA e in generale chi percepisce alcuni tipi di reddito.
(Attenzione: nel linguaggio comune diciamo “tasse”, ma tecnicamente l’Irpef è un’imposta, cioè un prelievo “generico” che finanzia la spesa pubblica.)
A cosa serve l’Irpef
L’Irpef finanzia la spesa pubblica: sanità, scuola, forze dell’ordine, infrastrutture, manutenzione, servizi, pensioni, e contribuisce anche a ripagare il debito pubblico.
È una delle entrate più importanti dello Stato per far funzionare il sistema.
La Costituzione prevede che il sistema tributario sia ispirato a criteri di progressività: in pratica, più guadagni, più alta è la percentuale di reddito che contribuisci a versare.
Da qui arriviamo al concetto che in molti non hanno chiaro.
Scaglioni e aliquote: come funziona davvero
L’Irpef è divisa in scaglioni, cioè fasce di reddito. A ogni fascia corrisponde un’aliquota, cioè una percentuale.
Gli scaglioni attuali sono tre:
- 0 – 28.000 euro annuali: si paga il 23%
- 28.000 – 50.000 euro annuali: si paga il 35%
- oltre 50.000 euro annuali: si paga 43%.

E la “No Tax Area” degli 8.500 euro?
Attenzione: non è uno scaglione a 0%. Sotto gli 8.500 euro, per i dipendenti, l’Irpef può risultare di fatto azzerata grazie a specifiche detrazioni. Per questo si parla di “No Tax Area”.
La cosa importante da capire: le aliquote non si applicano a tutto il reddito
Quando superi uno scaglione, non vieni tassato con l’aliquota più alta su tutto il reddito. Quell’aliquota si applica solo alla parte che eccede la soglia.
Esempio: 30.000 euro annui. L’Irpef lorda si calcola così:
- da 0 a 28.000: 23% → 6.440 euro
- da 28.000 a 30.000: 35% → 35% di 2.000 = 700 euro
Totale Irpef lorda: 7.140 euro.
Se invece applicassi il 33% a tutto, uscirebbe fuori un’Irpef di 9.900 euro.
(Poi, nella vita vera, dall’Irpef lorda si sottraggono detrazioni e altri meccanismi: qui però l’obiettivo è capire la logica degli scaglioni.)
Come (e quando) si paga l’Irpef
Se sei un dipendente e non hai altri redditi oltre allo stipendio, l’Irpef viene trattenuta “in automatico” ogni mese: il datore di lavoro fa da sostituto d’imposta.
Se invece hai altri redditi, di norma devi fare una dichiarazione:
- Modello 730 per lavoratori dipendenti o pensionati con redditi aggiuntivi
- Modello Redditi per partite IVA.
Abbiamo capito come funziona l’Irpef: cosa cambierà con la Legge di Bilancio?
Arriviamo alla questione: con la nuova Legge di Bilancio si vuole abbassare l’aliquota per il secondo scaglione dal 35% al 33%. Chi e quanto risparmierà?
La riduzione dell’aliquota del secondo scaglione impatta solo chi guadagna più di 28.000 euro all’anno.
E ha un tetto massimo molto chiaro: l’aliquota ridotta si applica al tratto 28.000–50.000.
Il beneficio massimo è quindi 440 euro l’anno per chi ha redditi intorno a 50.000 euro.
Per chi sta sotto i 28.000 euro, invece, non è previsto un taglio aggiuntivo su questa misura specifica.
Perché “poco per te” può essere “tanto per lo Stato”
Singolarmente, il beneficio può sembrare limitato. Ma su scala nazionale diventa una cifra rilevante: secondo quanto riportato dalla Banca d’Italia, il costo della misura è stimato in circa 3 miliardi di euro di minori entrate per la macchina pubblica.
Il motivo è semplice: l’Irpef è una delle entrate più importanti dello Stato e riguarda decine di milioni di contribuenti. Quindi anche modifiche piccole si moltiplicano per tantissime persone, quindi pesano molto.
Per questo non è semplice abbassarla: capire come, su che fasce di reddito e in che percentuale ridurla rimane uno dei temi più discussi e dibattuti da economisti e politici.
