Taglio del cuneo strutturale, nuovi beneficiari e aumenti per chi guadagna fino a 40mila euro

Il governo intende rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale. Ora sul tavolo della prossima Manovra un nuovo sistema di décalage

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 14 Ottobre 2024 10:13

Il taglio del cuneo fiscale diventerà strutturale. Non ha dubbi il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che in un’intervista al Corriere della Sera, rispondendo alle critiche da fuori, quelle delle opposizioni, e a quelle da dentro, sui tagli ai ministeri su cui spinge il ministro Giorgetti, spiega che “questa Manovra guarda al futuro”. Vediamo cosa ha detto in merito al taglio del cuneo fiscale e cosa potrebbe cambiare per i lavoratori.

100 euro in più al mese, per sempre

Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon rispedisce al mittente le pesanti critiche sulla Manovra 2025. Per lui, la direzione intrapresa è chiara: un taglio del cuneo fiscale che diventa strutturale e una Legge di bilancio che, nonostante gli attacchi delle opposizioni, proietta il Paese verso il futuro. “Questa è una Manovra piena di prospettive”, afferma con evidente orgoglio, e non mancano gli indicatori, compresi quelli legati al Pnrr, a dimostrare che il governo Meloni stia facendo un buon lavoro, dice.

A chi accusa il governo di lavorare a una Manovra senza crescita, Durigon ribadisce un punto chiave: il taglio del cuneo, che potrebbe portare fino a 100 euro in più ogni mese nelle buste paga dei lavoratori, è la prova concreta che il governo sta lavorando per il futuro del Paese. “Renderlo strutturale”, ribatte, “è la miglior risposta a chi fa demagogia, come la sinistra, parlando di un salario minimo di 9 euro che rischia di danneggiare la contrattazione collettiva”. Il ministro Giorgetti da tempo sta insistendo su questo punto.

Taglio del cuneo fiscale, le nuove ipotesi

Ma non è tutto. Secondo alcune indiscrezioni del Sole 24 Ore, sul tavolo del governo in vista della prossima Manovra ci sarebbe anche una nuova modifica alle fasce di reddito che riguarderebbe circa 1,14 milioni di lavoratori. In pratica, un’ipotesi a tre scalini: un taglio contributivo fino a 20mila euro, detrazioni fiscali nella fascia 20mila-35mila, con gli stessi aiuti attualmente in vigore, e a seguire un sistema di décalage fino a 40mila euro.

L’idea sarebbe proprio un nuovo décalage che introdurrebbe il taglio del cuneo fiscale anche per i dipendenti che guadagnano tra 35mila e 40mila euro l’anno, con benefici decrescenti all’aumentare del reddito imponibile. Il taglio rimarrebbe contributivo invece per i redditi più bassi, fino a 20mila euro, per poi diventare fiscale, con un aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente. Fino a 35mila euro, ci sarebbero in busta paga come oggi circa 100 euro netti in più al mese.

Questa opzione offrirebbe la possibilità, da un alto, di superare lo scoglio che si crea appena sopra l’attuale soglia di 35mila euro, e, dall’altro, di bypassare la stangata a lungo termine sul montante contributivo, portato alla luce dalle ultime stime di Bankitalia.

E le coperture? Molto dipenderà da quanto riuscirà ad incassare lo Stato attraverso il nuovo strumento del concordato preventivo biennale, che però – mossa interessante – interessa le partite Iva e non i dipendenti.

Dai numeri dipenderà anche l’altra grande riforma in arrivo, quella dell’Irpef a tre aliquote. Ormai è certa la conferma, che costerebbe circa 4,3 miliardi, anche se resta sul tavolo l’ipotesi di abbassare la seconda dal 35% al 33%, il che richiederebbe altri 2,5 miliardi di coperture.

Il governo dovrebbe arrivare ad avere una visione più chiara domani martedì 15, quadro dovrà inviare il Documento programmatico di bilancio (Dpb) alla Commissione Ue.

Tagli ai ministeri, non alla sanità

Altra polemica aperta è quella che riguarda i tagli alle spese dei ministeri, cavallo di battaglia del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, e alla sanità. Durigon millanta calma anche su questo fronte: i tagli saranno ai ministeri, non al Sistema sanitario nazionale.

“Parliamo di spesa sociale, difficile da contenere, come la sicurezza. Ma una cosa è certa: la sanità non subirà tagli sotto di noi”, precisa, sottolineando che il governo sta lavorando su interventi “strategici”, come la riduzione dei tempi di attesa nei pronto soccorso e i taglio alle liste d’attesa, con la volontà di segnare una netta discontinuità rispetto agli anni dei tagli sistematici avviati con il vecchio governo di Mario Monti.

Riguardo ai ministeri, rassicura, “non credo che per 3 miliardi di tagli complessivi vedremo ministri con l’elmetto in testa”. Una revisione delle spese, che preservi i progetti più importanti, non solo è normale ma necessaria, sottolinea.

Extra-profitti delle banche: un dialogo aperto

Resta anche il nodo sulle tasse agli extra-profitti delle banche, punto su cui Meloni e i suoi stanno facendo i conti con l’opposizione interna del ministro degli Esteri Antonio Tajani.

“Non si possono alzare le tasse, ma in un momento in cui alcune attività registrano ricavi maggiori, magari a causa dell’inflazione, è giusto cercare una collaborazione per costruire una fiscalità più funzionale al Paese” spiega ancora Durigon, che però preferisce evitare il termine “extra-profitti”, cercando invece un dialogo con banche, grandi aziende e anche giganti del web per una fiscalità nuova e condivisa.

Tajani invece, dal palco di Perugia alla conferenza nazionale degli enti locali, ribadisce la posizione netta di Forza Italia: “Con noi non ci saranno mai tasse sugli extra profitti delle banche. La tassazione degli extra profitti non è prevista neanche nei piani del Governo: è una roba da Unione sovietica. Non possiamo fare la guerra alle banche”. E chiude: “Quando noi diciamo abbassiamo la pressione fiscale e gli altri di mettere la patrimoniale abbiamo due visioni diverse di rapportarci con il cittadino”.

Il caso Stellantis e il futuro dell’industria auto

Sul fronte lavoro, a non far dormire sonni tranquilli a Durigon c’è anche il caso Stellantis, soprattutto dopo l’audizione alla Camera dell’amministratore delegato del gruppo Carlos Tavares.

“Mi verrebbe solo da dire vergogna. Con tutti gli interventi pubblici degli ultimi anni, sentirci chiedere di finanziare progetti che saranno realizzati fuori dall’Italia fa rabbia” tuona. Ma concorda con Tavares su un punto cruciale: la transizione verso l’elettrico sta creando enormi problemi a livello globale, e l’Italia, come il resto dell’Europa, non ne è immune.

Il governo, assicura infine il sottosegretario, ha già previsto sostegni per i lavoratori del settore auto, ma potrebbero non essere per nulla sufficienti in futuro.