Studi condivisi tra professionisti, chi paga affitto, utenze e dipendenti

L'Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di indicazioni su come debba essere gestita la ripartizione delle spese tra professionisti

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Crisi economica e costi sempre più elevati stanno inducendo molti professionisti o imprese a condividere gli spazi, benché continuino a svolgere la propria attività in modo indipendente e autonomo. Spesso e volentieri soggetti fiscali differenti non occupano solo e soltanto lo stesso spazio fisico, ma condividono dipendenti, utenze e fotocopiatrici: un sistema per ridurre i costi.

Quando professionisti e imprese decidono di condividere gli stessi spazi, come devono essere gestire le spese? O più correttamente come devono essere suddivisi i costi tra i vari soggetti? A fornire delle indicazioni in merito è intervenuta l’Agenzia delle Entrate, grazie alla quale sono arrivate delle indicazioni ben precise.

Spese comuni da suddividere tra due soci

Chiarimenti sulla suddivisione delle spese di uno studio sono arrivate dall’AdE attraverso la risposta n. 189 del 14 luglio 2025.

Stando alle indicazioni contenute all’interno di questo documento, le somme che un avvocato deve corrispondere al socio (sorte a seguito di un contenzioso relativo alle spese comuni che dovevano essere divise) sono a tutti gli effetti delle operazioni imponibili ai fini Iva e deve essere applicata l’aliquota ordinaria.

Alcune perplessità su come dovessero essere suddivisi costi erano state sollevate dall’istante.

Il calcolo delle spese da rifondere, che era stato utilizzato all’interno del decreto ingiuntivo si era basato su una ricostruzione analitica per anno delle voci di spesa ed era stata eseguita da un consulente tecnico d’ufficio. Il conteggio non era su base forfettaria come era stato stabilito nell’accordo di divisione.

Nel caso preso in esame dall’Agenzia delle Entrate le parti avevano formalizzato un accordo tramite scrittura privata autenticata con cui avevano concordato lo scioglimento della loro associazione.

Avevano, però, concordato di continuare a condividere lo stesso spazio di lavoro e suddividere le spese comuni. I professionisti avevano deciso che uno dei tre avrebbe assunto il personale e gestito le relative spese, che consistevano in:

  • affitto;
  • manutenzione dei locali;
  • condominio, riscaldamento e rifiuti;
  • utenze e vigilanza;
  • dipendenti;
  • attrezzatura elettronica;
  • cancelleria;
  • pulizie;
  • abbonamenti a riviste.

L’istante si è impegnato a rifondere il 30% dei costi appena elencati, rispettando la ripartizione pattuita.

Il contenzioso tra le parti

Tra i professionisti, però, è sorto un contenzioso, nel corso del quale è stato nominato un consulente tecnico d’ufficio che accertasse le reali spese che sono state effettivamente sostenute.

Il perito ha provveduto a redigere una tabella dettagliata con le spese realmente sostenute nel corso dell’anno, dalla quale ha sottratto gli acconti che erano stati versati, individuando quale fosse il saldo da versare. Il giudice ha quindi ingiunto il pagamento dello stesso.

A questo punto l’istante ha posto una domanda. Quale dovesse essere la modalità di applicazione dell’Iva sul riaddebito dei costi?

Gli importi dovuti – come risultava direttamente dalla ricostruzione effettuata dal Ctu – risultavano essere suddivisi in modo analitico per voce e per categoria di spesa. È sostanzialmente saltato il conteggio forfetario come era stato stabilito inizialmente.

Altra domanda è legata all’eventuale corresponsione dell’Iva relativa alle spese legali dovute nei confronti della controparte che dal procedimento è risultata essere vittorioso.

Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate

Nel fornire la propria risposta, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato la circolare n. 58/2001, che prevede che il riaddebito delle spese comuni da parte del professionista si deve realizzare attraverso l’emissione di una fattura assoggettata ad Iva nella modalità ordinaria.

Per quanto riguarda gli interessi legali e il loro trattamento l’Agenzia delle Entrate richiama tre distinti documenti – la circolare n. 24/1979, le risoluzioni n. 24/2000 e n. 67/2004 – attraverso le quali viene specificato che l’Iva viene determinata dalla natura giuridica delle somme da versare e il motivo per il quale vengono versate.

Nel caso specifico, gli interessi legali hanno natura risarcitoria: questo è il motivo per il quale non concorrono alla formazione base imponibile Iva.

Per quanto riguarda il pagamento delle spese legali, il soccombente deve rimborsare le spese dell’onorario e non anche quelle dell’Iva, essendo questa dovuta per rivalsa dal proprio cliente.

Contratto di affitto condiviso

Sulla suddivisione delle spese di uno spazio condiviso tra diversi soggetti fiscali, è importante la circolare n. 153 del 27 giugno 2023, attraverso la quale vengono fornite alcune indicazioni utili ai contribuenti.

Uno dei costi più importanti è relativo al contratto di locazione dell’immobile, per il quale, operativamente parlando, si possono venire a realizzare due situazioni differenti:

  • il contratto è stato cointestato a tutti i professionisti;
  • il contratto è stato intestato a un solo professionista, che provvede ad addebitare le spese agli altri.

Nel caso in cui si dovesse realizzare la prima situazione, il locatore deve rilasciare una ricevuta a ogni singolo conduttore, indicando la quota di affitto ricevuta dal soggetto.

Nel caso in cui questo dovesse creare dei problemi (perché all’interno dell’ufficio sono presenti diversi professionisti), è possibile procedere come segue:

  • vengono stampate più copie della stessa ricevuta;
  • viene annotata su ciascuna quota la parte che compete al singolo professionista.

Nel caso, invece, in cui il contratto di locazione sia intestato a un solo soggetto fiscale, si suppone che si venga a costituire un mandato senza rappresentanza.

Questa particolare tipologia di contratto presuppone che l’interposizione del mandatario non risulti essere trasparente: le operazioni del mandatario (il soggetto che sottoscrive il contratto di locazione) non rientrano direttamente nella sfera giuridica degli altri professionisti.

Da un punto di vista strettamente fiscale viene emessa una sola ricevuta al locatario, che dovrà emettere una fattura agli altri soggetti fiscali per riaddebitare loro le spese.

L’operazione non deve essere considerata un ricavo ma semplicemente uno storno del costo che il professionista ha sostenuto, che sarà pari alla differenza tra il costo complessivo per l’affitto e il riaddebito che viene effettuato nei confronti degli altri professionisti.

La circolare 58/e del 18 giugno 2001 fornisce alcune indicazioni ai fini Iva: è previsto che il riaddebito delle spese tra professionisti che non sono associati debba essere assoggettata all’imposta sul valore aggiunto indipendentemente dalla tipologia di spesa che è stata riaddebitata.