Per il regime forfettario è prevista l’Iva a cadenza trimestrale. Sugli acquisti esteri

Al via due importanti novità per i contribuenti che hanno optato per il regime forfettario: i codici Ateco e l'Iva trimestrale. Ma sugli acquisti esteri

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Il Decreto Legislativo n. 81/2025 ha introdotto due importanti novità che coinvolgono direttamente i titolari di partita Iva che hanno aderito al regime forfettario. Sono diversi gli argomenti sui quali orbita il nuovo documento e si concentrano principalmente sul concordato preventivo, sulla giustizia tributaria e sulle sanzioni. Per quanto riguarda i contribuenti forfettari sono questi gli aspetti sui quali insiste:

  • il primo è strettamente connesso con i codici Ateco, i quali, almeno per i forfettari, è rilevante per determinare quale sia il coefficiente di redditività ed è importante per determinare quali siano le imposte dovute. A partire dallo scorso mese di aprile è diventata operativa la nuova classificazione Istat, che, almeno per il momento, non ha avuto alcun effetto pratico su questi contribuenti;
  • la seconda è connessa con gli acquisti effettuati in reverse charge. Il versamento dell’Iva – ovviamente quando è legata a queste operazioni – dovrà avvenire con cadenza trimestrale.

Regime forfettario, cosa cambia con i codici Ateco

Attraverso il codice Ateco viene individuata la tipologia di attività che il singolo contribuente svolge. Siamo davanti ad uno dei parametri fondamentali grazie al quale è possibile comprendere quale impatto hanno le imposte sui compensi e sui ricavi. Permette, in altre parole, di comprendere quali siano i vantaggi – e ovviamente gli svantaggi – del regime forfettario per una determinata attività.

Ricordiamo, infatti, che per determinare quale sia il valore dell’imposta sostitutiva che, quanti hanno optato per il regime forfettario, devono versare è necessario prendere in considerazione il coefficiente di redditività che viene scelto per l’attività che si è scelto.

Volendo sintetizzare al massimo siamo davanti ad una forfetizzazione del reddito che viene prodotto nel corso dell’anno: grazie a questa operazione viene determinata la base imponibile sulla quale deve essere applicata l’aliquota del 15% – o del 5% nel caso in cui l’attività sia stata aperta da meno di cinque anni -, che viene differenziata proprio grazie al codice Ateco che il contribuente ha scelto.

Nel corso del mese di aprile 2025 è diventata ufficiale la nuova classificazione Ateco, che, ovviamente, avrà un impatto anche sul regime forfettario, anche se gli effetti non si sentiranno immediatamente.

Il decreto legislativo n. 81/2025 ha previsto un periodo transitorio per i titolari di partita Iva che hanno optato per il regime forfettario. I nuovi codici Ateco non sono stati recepiti immediatamente per un motivo molto preciso: è necessario aggiornare le tabelle dei coefficienti. Al momento non si conoscono le tempistiche: l’unica certezza che si ha al momento è che, fino a quando non arriverà l’aggiornamento, non cambierà niente.

Acquisti in reverse charge: le nuove regole sull’Iva

Il decreto correttivo, tra l’altro, ha recepito alcune osservazioni che sono state formulate dalla Commissione Finanze di Camera e Senato e che hanno lo scopo di semplificare le regole relative alla gestione e al versamento dell’Iva da parte dei forfettari.

Una delle agevolazioni previste da questo regime è l’esonero dell’Iva e dei relativi adempimenti. Fatta questa premessa è necessario, però, prendere in considerazione un’eccezione: gli acquisti effettuati utilizzando lo strumento del reverse charge, impongono il versamento dell’imposta sul valore aggiunto.

L’articolo 6 del decreto Legislativo n. 81/2024 permette di versare l’Iva per gli acquisti che cadono nel regime di inversione contabile ogni tre mesi.

In quale occasione i contribuenti che hanno aderito al regime forfettario devono provvedere a versare l’Iva? Questa operazione deve essere effettuata nel momento in cui riceve delle fatture di acquisto – per beni o servizi – da dei soggetti a reverse charge: in questo caso diventa debitore d’imposta e deve versare l’Iva. Se è vero che il contribuente è esentato dagli obblighi Iva per le proprie operazioni, è, allo stesso tempo, tenuto ad assolvere l’imposta nel momento in cui lui è un cliente.

Quando un forfettario deve versare l’Iva

A questo punto è necessario entrare nel dettaglio e capire in quale momento un contribuente, che ha aderito al regime forfettario, deve assolvere l’Iva tramite reverse charge. Questo avviene quando:

  • abbia effettuato un acquisto di un servizio da un fornitore Ue o extra-Ue;
  • quando siano stati effettuati degli acquisti intracomunitari di beni per un importo superiore a 10.000 euro;
  • quando sia stato acquistato un bene da un paese Extra-Ue (importazione);
  • nel momento in cui è stato effettuato un acquisto a reverse charge interno (in Italia).

Prima dell’approvazione del decreto legislativo, il versamento dell’Iva che scaturiva dal reverse charge doveva essere effettuato dai forfettari entro il giorno 16 del mese successivo rispetto a quello nel quale l’operazione era stata effettuata. Grazie alla modifica che è stata apportata, il nuovo termine è il 16 del secondo mese successivo rispetto al trimestre solare nel quale è stata effettuata l’operazione.

Siamo davanti, in altre parole, ad un’operazione attraverso la quale vengono semplificati gli obblighi residuali relativi all’Iva per i contribuenti che hanno optato per il regime forfettario.

A differenza di quanto si era potuto evincere dalle prime bozze del documento, la novità si applica fin da subito e non dal 1° ottobre 2025.

Alcune precisazioni sul reverse charge

È bene soffermarsi un attimo sul reverse charge: è, molto sinteticamente, un meccanismo contabile attraverso il quale dovrebbe essere impedita l’evasione fiscale. Si può tradurre in italiano come inversione contabile e prevede che un acquisto effettuato generalmente all’estero da un soggetto passivo Iva in Italia (ossia il titolare di una partita Iva) venga venduto senza che il fornitore applichi l’imposta. Spetterà al destinatario dell’operazione assolvere questo obbligo.

Pragmaticamente il fornitore emette una fattura senza Iva. Il cliente deve integrare la fattura – emettendo un’autofattura – aggiungendo l’imposta sul valore aggiunto. Per i soggetti che hanno aderito al regime ordinario diventa un giro di partita, nel senso che l’Iva che dovrebbero pagare sull’operazione si autocompensa – perché la può detrarre – e quindi il tutto si chiude a zero. Quanti hanno invece optato per il regime forfettario, non potendo portare in detrazione l’Iva, la devono versare.