Case pignorate vendute sottobanco, auto intestate a parenti “di comodo”, conti svuotati, e negli studi legali si moltiplicano le domande di chi, sotto pressione dei creditori, cerca scorciatoie per distrarre beni già vincolati. Un’idea che può sembrare furba ma nasconde rischi seri, la vendita non blocca l’esecuzione e, in alcuni casi, può perfino aprire un fascicolo penale.
Indice
Che cos’è un bene pignorato?
Il pignoramento (art. 491 e ss. Codice di procedura civile) è il primo atto dell’esecuzione forzata, si tratta di un provvedimento con cui l’ufficiale giudiziario “aggancia” un bene del debitore per soddisfare il credito tramite vendita forzata. Il bene resta di proprietà del debitore, ma questi non può più disporne liberamente, è “congelato” a garanzia del creditore.
L’art. 2913 del Codice civile stabilisce che:
“Le alienazioni e i diritti reali costituiti dal debitore sui beni già pignorati sono inefficaci nei confronti del creditore che ha iniziato l’esecuzione.”
Significa che, se il debitore vende l’immobile pignorato a un terzo, la vendita non impedisce al creditore di procedere alla vendita forzata, chi acquista rischia di vedere il bene espropriato senza alcuna tutela. L’atto non è nullo in sé, ma inefficace verso il creditore procedente.
Vendere un bene pignorato è reato?
No. Dal punto di vista civile, la vendita è già inefficace verso il creditore. Ma in certi casi la vendita integra il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, previsto dall’art. 388 del Codice penale che punisce con la reclusione fino a tre anni o la multa fino a 516 euro chi:
“Al fine di eludere l’esecuzione di un provvedimento del giudice, sottrae, distrugge, deteriora o comunque rende infruttuosa l’esecuzione su beni pignorati o sequestrati.”
La condotta tipica non è la mera vendita in sé, ma l’atto fraudolento che impedisce o rende più difficile l’azione esecutiva, trasferire un immobile occultandolo dietro prestanome, simulare una donazione, far sparire un’auto pignorata, distruggere o danneggiare il bene.
Quali prove servono per il reato?
Perché la vendita di un bene pignorato costituisca reato non basta l’atto di trasferimento in sé. Occorre dimostrare due elementi: la condotta fraudolenta e la consapevolezza effettiva del vincolo. Ad esempio, trasferire l’immobile pignorato a un parente o a un prestanome per ostacolare la vendita forzata; simulare una donazione o un comodato gratuito per schermare il bene; oppure spostare fisicamente un’auto o un macchinario pignorato per sottrarlo alla custodia o renderne impossibile il sequestro.
La Cassazione ha precisato che serve un quid pluris rispetto al mero atto di alienazione, occorre un comportamento idoneo a frustrare in concreto l’azione esecutiva.
Conoscenza effettiva del vincolo
Sul piano soggettivo è richiesto il dolo specifico, cioè la volontà di sottrarsi all’esecuzione sapendo che il bene è vincolato. Non basta la semplice conoscibilità formale (ad esempio perché l’atto è iscritto alla Conservatoria), il debitore deve averne effettiva consapevolezza.
Nei processi penali l’intento elusivo viene ricostruito attraverso:
- notifiche e ricevute dell’atto di pignoramento;
- corrispondenza, e-mail o messaggi che dimostrino che il debitore sapeva del vincolo;
- atti di vendita a prezzo irrisorio, a familiari o a soggetti senza reale disponibilità economica;
- occultamento fisico del bene o ostacoli frapposti al custode giudiziario.
Come liberare il bene prima di venderlo?
Una volta scattato il pignoramento, il debitore non può vendere il bene senza rischi, deve prima liberarlo dal vincolo. Il codice di procedura civile prevede diversi strumenti, che possono evitare sia l’inefficacia civile sia il pericolo di responsabilità penale.
Conversione del pignoramento: pagare per sostituire il bene
L’istituto più usato è la conversione del pignoramento disciplinata dall’art. 495 c.p.c..
Consiste nel versare una somma di denaro che sostituisce il bene pignorato, il giudice autorizza la liberazione del bene e il creditore si soddisfa sul denaro depositato.
“Il debitore presenta un’istanza al giudice dell’esecuzione; deve versare subito almeno un sesto del debito e delle spese, il resto secondo un piano di rateizzazione stabilito dal tribunale.”
L’istanza va proposta prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione. La conversione è efficace soprattutto quando il bene ha valore superiore al credito o quando il debitore riesce a reperire liquidità in tempi rapidi (mutuo, prestito familiare, saldo e stralcio con altri creditori).
Pagamento diretto e saldo-stralcio
Se il debito è gestibile, il modo più rapido per sbloccare il bene è pagare integralmente il credito azionato, comprese spese e interessi.
In alternativa si può tentare un accordo transattivo “saldo e stralcio”, il creditore accetta una somma ridotta in cambio della rinuncia al pignoramento. In questo caso serve che l’accordo sia formalizzato e depositato in tribunale per ottenere la dichiarazione di estinzione della procedura.
Sospensione o estinzione della procedura esecutiva
Il giudice può sospendere l’esecuzione (art. 624 c.p.c.) quando il debitore propone opposizione agli atti o dimostra che il credito non è più dovuto.
Se il creditore rinuncia, se il debito viene integralmente pagato o se la procedura è viziata, il tribunale dichiara l’estinzione del pignoramento (art. 630 c.p.c.), da quel momento il bene è di nuovo libero e può essere venduto senza rischi.
Autorizzazione alla vendita diretta
La riforma dell’esecuzione forzata (D. l. n. 83/2015, conv. l. n. 132/2015, come modificata dal D.lgs. n. 149/2022- Riforma Cartabia) ha introdotto gli artt. 568 bis e 569 bis c.p.c. che consentono al debitore stesso, previa autorizzazione del giudice, di vendere direttamente l’immobile pignorato. L’istanza deve essere depositata almeno 10 giorni prima dell’udienza ex art. 569 c.p.c. e deve essere notificata a tutti i creditori, i quali possono proporre opposizione.
Il giudice, se accoglie la richiesta, nomina un professionista delegato che vigila sulla trattativa e verifica che il prezzo non sia inferiore al valore di stima.
Questa modalità è utile quando il debitore ha già un acquirente e vuole evitare l’asta giudiziaria, ma l’operazione resta sottoposta al controllo del tribunale, solo l’autorizzazione rende l’atto efficace e libera il bene dal pignoramento e dalle iscrizioni pregiudizievoli.