Lavorare in pensione: quante tasse si pagano e le regole da rispettare

È possibile lavorare mentre si è in pensione senza perdere l'assegno previdenziale? Ecco come fare per commettere degli errori.

Foto di Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

È possibile lavorare mentre si è in pensione? Quali tasse devono essere pagate, se si svolge un’attività lavorativa mentre si riceve l’assegno previdenziale? A quali regole devono sottostare i contribuenti che lavorano e sono in pensione, per non rischiare nulla con il fisco? Ma soprattutto per non perdere l’assegno previdenziale?

Iniziamo con il chiarire un punto molto importante: la normativa che è in vigore dal 2009 non pone alcun limite alle persone che hanno intenzione di esercitare una qualsiasi attività lavorativa, mentre stanno percependo l’assegno previdenziale. Purché il diretto interessato abbia optato per la pensione di vecchiaia.

I lavoratori hanno la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia – ai sensi dell’articolo 24, commi 6 e 7 del Decreto Legge n. 201/2011 – nel momento in cui raggiungono i 67 anni di età. Questo limite anagrafico è stato confermato per il biennio 2022-2023. Per poter andare in pensione, il lavoratore, deve necessariamente rispettare un ulteriore requisito: aver versato almeno 20 anni di contributi.

Il giorno stesso in cui il contribuente inizia a percepire la pensione di vecchiaia ha la possibilità di svolgere una qualsiasi altra attività lavorativa. È bene, però, ricordare che nel momento in cui si percepiscono degli ulteriori redditi, oltre a quelli che provengono dalla pensione, questi faranno cumulo nella dichiarazione dei redditi (i diretti interessati dovranno presentare il Modello 730 o il Modello Persone Fisiche).

Cosa significa tutto questo? Rispondiamo a questa domanda con un esempio. Un contribuente che stia ricevendo una pensione dall’Inps pari a 15.000 euro all’anno e ad abbia percepito per delle prestazioni occasionali, nel corso dello stesso anno, 3.000 euro di emolumenti, avrà un imponibile Irpef di 18.000 euro, ottenuto dalla somma della pensione con quello dell’attività lavorativa svolta. Nel momento in cui presenterà la dichiarazione dei redditi, dovrà pagare le tasse sul reddito complessivo.

Cumulabilità dei redditi e pensione anticipata

La situazione inizia a cambiare nel momento in cui il contribuente sia andato in pensione anticipata. In questo caso inizia a sorgere qualche problema nella cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente con quelli derivanti dalla pensione.

Nel corso degli ultimi anni i vari governi hanno introdotto la possibilità per i lavoratori di andare in quiescenza anticipatamente grazie a:

  • Quota 100;
  • Quota 102;
  • Quota 103.

Come si devono comportare quanti sono andati in pensione beneficiando di queste misure transitorie? A darci una risposta ci ha pensato la sentenza n. 234 del 24 novembre 2022 della Corte Costituzionale, che ha messo in evidenza come il legislatore, nel momento in cui ha attivato questi regimi pensionistici di vantaggio, ha dato la possibilità ad alcuni soggetti di andare in pensione prima dell’età pensionabile – che attualmente è prevista a 67 anni – in modo da permettere loro di uscire dal mercato del lavoro. L’intento del legislatore era inoltre quello di garantire la sostenibilità del sistema previdenziale e di favorire il ricambio generazionale.

Questo, sostanzialmente, significa che il periodo che intercorre tra la pensione anticipata ed il raggiungimento dell’età pensionabile è stato escluso da quelli che danno la possibilità di esercitare una qualsiasi altra attività lavorativa. Questo è il motivo per il quale è stato introdotto il divieto di cumulo: i regimi previdenziali che sono stati introdotti dal legislatore dal 2019 in poi risultano essere particolarmente vantaggiosi per quanti ne abbiano fatto ricorso.

Violazione del divieto di cumulo: le conseguenze

Cosa succede nel caso in cui un contribuente dovesse violare il diritto di cumulo? Il legislatore ha previsto che venga sospeso il trattamento pensionistico per l’intero ammontare. L’Inps, in questo caso, provvede a decurtare l’intero importo della pensione, perché la prestazione è considerata, a tutti gli effetti, come non cumulabile con qualsiasi altro reddito da lavoro, fino a quando non si raggiunge l’età per ottenere il trattamento di vecchiaia.

L’Inps, a questo punto, provvederà anche ad emettere un avviso in capo al suddetto soggetto, attraverso il quale chiedere il rimborso del trattamento previdenziale erogato per l’anno di riferimento.

Come gestire la dichiarazione dei redditi

Come si dovrà comportare il contribuente con il Modello 730 o il Modello PF, nel caso in cui abbia dovuto rimborsare l’assegno previdenziale all’Inps? È necessario indicare anche i dati della certificazione unica Inps nella dichiarazione dei redditi?

La risposta è condizionata dal modo in cui il contribuente restituisce l’importo all’Inps. Nel caso in cui l’istituto richieda unicamente l’importo netto, a questo punto il contribuente non ha alcun vantaggio nel presentare la dichiarazione dei redditi sempre che non abbia altri redditi da dichiarare.

Nel caso in cui, invece, deve restituire il lordo, il contribuente ha la possibilità di inserire l’importo nella dichiarazione come onere deducibile, per recuperare le tasse che sono state versate.

Le eccezioni al divieto di cumulo

A sancire il divieto di cumulare l’assegno previdenziale con altri redditi è direttamente dall’articolo 14, comma 3, del decreto Legge n. 4/2019, che ha disciplinato la misura in questo modo:

La pensione non è cumulabile, […] fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo

Da questa regola sono esclusi i redditi che derivano dal lavoro autonomo occasionale, che possono essere cumulati fino ad un limite massimo di 5.000 euro lordi all’anno.

Con l’introduzione di questa eccezione, il legislatore ha voluto distinguere nettamente tra un contratto di lavoro autonomo occasionale e quello da lavoro dipendente. Ricordiamo, infatti, che con la pensione anticipata il legislatore ha voluto creare un ricircolo occupazionale, andando a togliere alcuni soggetti dal mercato del lavoro per dar spazio ai più giovani. Il lavoro autonomo occasionale, però, non va a minacciare direttamente alcun lavoro rimasto vacante per effetto della traslazione del contribuente da lavoratore a pensionato, in quanto il lavoratore svolge per proprio conto un’attività ritenuta per l’appunto autonoma. Questo è il motivo per il quale la norma ha previsto un tetto massimo di reddito cumulabile con la pensione anticipata: il reddito, però, deve essere maturato sotto forma di lavoro autonomo.