Contributi previdenziali versati all’estero, come funziona la deducibilità

Quando si lavora oltre confine vige l'obbligo di versare i contributi previdenziali nel Paese in cui si opera. Ma come vanno gestiti nella dichiarazione dei redditi?

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Il lavoratore che ha operato stabilmente oltre confine ha diritto di portare in deduzione dal reddito i contributi previdenziali che ha versato all’estero. A fornire questa indicazioni è la Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 17747/2024, attraverso la quale ha preso posizione su una vicenda che coinvolge un contribuente italiano che ha operato principalmente fuori dai confini del nostro Paese.

Stando a quanto hanno stabilito i giudici della Suprema Corte, i contributi previdenziali che sono stati versati all’estero possono essere portati in deduzione dal reddito complessivo italiano, ma non risultano essere deducibili nel momento in cui si viene a determinare il reddito da lavoro con le retribuzioni convenzionali.

La presa di posizione della Corte di Cassazione è molto importante per i contribuenti che stanno lavorando all’estero, perché ha chiarito come debbano essere considerati i contributi dal punto di vista fiscale.

La gestione previdenziale dei lavoratori all’estero

A finire sotto la lente d’ingrandimento della Corte di Cassazione è la posizione di un lavoratore che, nel corso del 2012, ha prestato la propria attività professionale in Svizzera. Presentando la propria dichiarazione dei redditi in Italia il contribuente ha indicato anche i contributi previdenziali che ha versato all’estero per un valore pari a 36.163 euro.

L’Agenzia delle Entrate, effettuando dei controlli, ha chiesto al contribuente di fornire copia della documentazione contabile, dalla quale si potesse evincere quali e quanti contributi avesse versato. Le certificazioni rilasciate dalle autorità svizzere hanno dimostrato che i suddetti contributi erano stati inclusi nella base imponibile sulla quale il fisco elvetico aveva calcolato le imposte da versare.

Date queste premesse, l’Agenzia delle Entrate ha dedotto che i contributi versati in Svizzera avessero determinato un risparmio fiscale non dovuto. Ha quindi deciso di emettere una cartella esattoriale per poter recuperare l’imposta che non era stata versata.

Il contribuente, dal canto suo, ha deciso di impugnare immediatamente la cartella di pagamento di fronte alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna. Il primo passo della Ctp è stato quello di rideterminare l’imposta che doveva essere versata.

Lo scontro contribuente/Agenzia delle Entrate è proseguito presso la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che ha stabilito che i contributi che erano stati versati in Svizzera dovessero essere dedotti integralmente dal reddito imponibile in Italia.

Come deve essere gestita la deducibilità

Da quanto abbiamo visto fino a questo momento appare chiare l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate. Eventuali redditi da lavoro dipendente maturati all’estero devono essere determinati con delle retribuzioni convenzionali, che vengono definite ogni anno dal Ministero delle Finanze.

L’utilizzo di questi parametri non permette di portare in deduzione eventuali contributi obbligatori che i contribuenti hanno versato.

A stabilire queste norme è l’articolo 51 comma 8-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir), attraverso il quale il legislatore ha introdotto le norme con cui viene disciplinato come debba essere determinato il reddito da lavoro dipendente per i lavoratori dipendenti che quotidianamente svolgono la propria attività lavorativa all’estero.

Siamo davanti ad un sistema di calcolo che, almeno sulla carta, dovrebbe contribuire a semplificare la determinazione del reddito per i lavoratori all’estero.

Vengono utilizzati dei parametri standard, trascurando le varie voci di reddito e di spesa. Adottando questo sistema di calcolo i contributi non dovevano essere dedotti dal reddito complessivo.

Di opinione diversa è il contribuente, il quale, richiamando l’articolo 10, comma 1, lett e) del Tuir, ha ritenuto che i contributi previdenziali e assistenziali dovessero essere dedotti dal reddito complessivo, anche se non deducibili per la determinazione dei singoli redditi.

L’interpretazione fornita dal contribuente garantisce una lettura più sistematica e inclusiva delle norme fiscali. Ma soprattutto riflette un principio di equità fiscale, che permette alle spese che devono essere sostenute obbligatoriamente di essere sottratte dal reddito tassabile. Costituiscono a tutti gli effetti dei costi necessari sostenuti dal contribuente.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione

A questo punto vediamo quali sono state le conclusioni della Corte della Cassazione.

Con la sentenza 17747/2024 i giudici hanno optato per un’interpretazione sistematica delle norme. Hanno stabilito che, nel momento in cui manca una norma che esclude in modo esplicito la deducibilità dei contributi previdenziali dal reddito complessivo, questi devono essere dedotti.

I giudici hanno dato della vicenda un’interpretazione molto stringente. Le norme relative alla determinazione del reddito complessivo sono di chiusura del sistema fiscale: permettono di arrivare al calcolo finale dell’imposta che deve essere versata.

Questo è un principio molto importante, perché garantisce che tutti gli elementi che contribuiscono a determinare il reddito complessivo vengano presi in considerazione in modo adeguato. In questo modo si riesce a garantire che la valutazione fiscale del singolo contribuente sia corretta.

Entrando un po’ più nel dettaglio, la Corte di Cassazione da un lato ha ribadito che i contributi previdenziali sono possono essere portati in deduzione dal reddito di lavoro dipendente utilizzando le retribuzioni convenzionale, dall’altro ha sottolineato che possono essere dedotti dal reddito complessivo.

A prevederlo è l’articolo 10, comma 1, lettera e) del Tuir.

Ribadire questo principio è importante perché assicura che tutti i lavoratori italiani di stanza all’estero possano beneficiare in modo corretto della deducibilità dei contributi previdenziali. Tutto questo indipendentemente da quale metodo viene adottato per calcolare il reddito da lavoro dipendente.

Perché siamo davanti ad una sentenza importante

Generalmente l’Agenzia delle Entrate tende a sottolineare che è impossibile dedurre i contributi previdenziali versati all’estero nel momento in cui vengono applicate le retribuzioni convenzionali.

La Corte di Cassazione, con questa sentenza, permette di sfruttare la deducibilità dei contributi nel quadro degli oneri deducibili e detraibili della dichiarazione dei redditi, sfruttando appieno quanto messo a disposizione dal Tuir con l’articolo 10.

Siamo davanti a una soluzione conciliativa, che permette ai contribuenti che abbiano sostenuto degli oneri contributivi all’estero di dedurre in Italia le relative spese.