La guerra in Ucraina ha riportato alla ribalta la casta degli oligarchi russi. La cerchia dei magnati vicini a Vladimir Putin, però, non sarebbe la principale casta che manovra i fili del Cremlino da dietro le quinte. Nella spirale del potere, c’è infatti un circolo molto più stretto e vicino al presidente: i cosiddetti siloviki.
Molti li definiscono “l’anima del regime” russo, ma i direttori delle agenzie statali del Paese non sono soltanto questo. Essi hanno carta bianca nell’uso della forza, letteralmente.
La Russia dei siloviki: chi sono e che cosa fanno
L’influenza maggiore su Putin non è esercitata tanto dagli oligarchi, quanto dagli ex membri del FSB, i servizi segreti russi, eredi sostanziali del Kgb sovietico. I siloviki formano infatti il circolo che gestisce l’immagine pubblica del presidente russo. Non solo: sono talmente potenti che riuscirebbero a mantenere il regime anche senza il loro capo. Il loro strapotere deriva dall’incredibile corsa a capitali e istituzioni che li ha visti conquistare il comando delle 22 agenzie statali che controllano l’intera Federazione (qui abbiamo parlato dello “scenario coreano” che porrebbe fine alla guerra).
Il termine “siloviki” si genera dalla radice “sila” (сила) che significa “forza”. E pertanto indica gli “uomini della forza”. La parola è stata poi utilizzata per quella élite politica che rientra nei servizi segreti e nelle forze armate che hanno supportato Putin. Mai accezione fu più letterale: i siloviki sono infatti alla guida delle strutture a cui lo Stato delega il diritto di usare la forza. Queste autorità di contrasto sono chiamate anche “silovye ministerstva”, “i ministeri della forza”. Non dei veri ministeri, osserva l’ex oligarca Sergej Pugachev. “Parliamo di un quasi-Stato dove c’è un gruppo ristretto che si è accaparrato tutto: potere, soldi, istituzioni. Il consiglio della Federazione, il Parlamento, sono solo istituzioni fantoccio”.
Nella galassia russa, il concetto di siloviki è spesso esteso ai rappresentanti dei gruppi politici, ma anche agli uomini d’affari, associati alle strutture di potere nella Russia attuale o dell’URSS. Ecco di seguito le strutture di potere che potrebbero essere appannaggio dei siloviki:
- Ministero dell’Interno
- Ministero della Difesa
- Ministero della Giustizia
- Ministero delle Situazioni d’emergenza
- Servizio di sicurezza federale
- Servizio di intelligence estera
- Commissione investigativa della Federazione Russa
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La differenza con gli oligarchi: quando e come sono nati i siloviki
La Federazione Russa è un Paese molto giovane, in fondo. Nata all’inizio degli Anni Novanta (il giorno di Natale del 1991) dalla disgregazione dell’Unione sovietica, si è aperta ai costumi occidentali e all’economia di mercato in maniera rapidissima e indiscriminata. Con un approccio diverso, avrebbe potuto costituire una classe media benestante e culturalmente avanzata. La ricchezza si è invece concentrata nelle mani di pochi, come suggerisce l’origine greca del loro nome: gli oligarchi (qui abbiamo stilato l’elenco dei dieci oligarchi russi più ricchi, con Abramovich “solo” decimo).
Ben prima degli oligarchi, però, in Russia spadroneggiavano già i siloviki. E dunque si tratta di due gruppi ben distinti. Al momento della successione al Cremlino, che ha visto Putin ritrovarsi a guida della nazione dopo Eltsin, i siloviki sono stati inseriti in ogni ramo del potere russo. Questo gruppo di super potenti ha assunto man mano posizioni ancora più reazionarie rispetto al loro presidente nell’opposizione ai nemici – veri o presunti, interni o esterni – della Russia. Non si trattava di nuovi attori sulla scena politica russa, bensì di veri e propri professionisti del potere, “allenatisi” in piena era sovietica.
La polizia segreta russa ha ascendenze mongole, ma è Stalin che ne fa uno strumento di potere. I leader sovietico rivoluzionò dimensioni e compiti dei servizi d’intelligence e di sicurezza. I due ambiti furono accorpati in un’unica agenzia, il Comitato per la sicurezza statale, meglio noto come Kgb. Facendo un salto al primissimo periodo di Eltsin come presidente della neonata Federazione Russa, il capo del Cremlino si trovò tra le mani un’eredità scomoda del periodo sovietico. Mancava infatti una élite politica qualificata alla quale affidare mansioni e incarichi statali. Nell’URSS l’elezione dei membri governativi era sempre stata legata al fatto che questi dovessero appoggiare la figura del segretario generale. Di conseguenza i risultati delle elezioni e la questione della rappresentanza passavano in secondo piano. In seguito questo stesso sistema venne incentrato sulla figura presidenziale.
Da qui il passato si lega al presente putiniano. I siloviki hanno infatti trovato terreno più che fertile al Cremlino, riempiendo ogni posizione cruciale del governo russo in virtù della loro influenza politica. Col tempo, essi si sono inoltre imposti come ferventi nazionalisti e fanatici di una restaurazione della grandezza russa. Come se non bastasse, il gruppo manifesta tendenze xenofobe e antisemite, promuovendo attivamente il ruolo della Chiesa ortodossa nella vita pubblica.
Esiste tuttavia un gruppo “ibrido” a metà strada tra siloviki e oligarchi, chiamato in maniera un po’ grottesca “silovarki”. Si tratta di personaggi, alcuni ex Kgb, molto influenti (prerogativa del primo gruppo) che hanno accumulato enormi ricchezze (caratteristica del secondo). Potere e soldi, manco a dirlo, li hanno accumulati sotto la presidenza di Putin.
L’uomo ritenuto il leader informale dei siloviki è l’ex agente segreto Igor Sechin, ora amministratore delegato del gigante petrolifero Rosneft. È ampiamente considerato la seconda persona più potente in Russia, nonché stretto consigliere di Putin.
Se Putin muore: lo scenario inedito
Chi è un siloviko lo è per la vita. Lo è durante e dopo il proprio incarico, anche alla fine della propria vita lavorativa. Tutti i siloviki hanno ricevuto un addestramento speciale, ma non per questo sono necessariamente dei militari. È per questo che la sociologa russa Olga Kryshtanovskaya ha definito il regime di Putin come una “militocrazia”, dominata da persone con precedenti nella polizia segreta, nell’esercito e nelle forze dell’ordine. Altri osservatori hanno invece parlato esplicitamente di “Kgb-State”.
Dato che, contrariamente a quanto di dice, la storia si fa eccome con i “se”, proviamo a immaginare. Se Putin dovesse morire tra un giorno o dovesse succedere qualcosa di eclatante, possiamo affermare la situazione non cambierebbe né subito né tra un anno. Perché questo circolo di potenti, che intrattiene legami e connessioni con i più diversi ambienti della società, ha interesse a mantenere questo tipo di regime. E soprattutto ha i mezzi affinché questo accada.