Prezzi latte, formaggi e carne in Italia in aumento: perché i costi continuano a salire 

Analisi del settore lattiero-caseario ovicaprino in Italia: abbiamo un problema con il latte e la carne. Perché i prezzi continuano ad aumentare?

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Il comparto lattiero-caseario ovicaprino in Italia sta attraversando un periodo di cambiamenti significativi, influenzati da una serie di fattori che vanno dalla produzione alla domanda dei consumatori, dal commercio internazionale agli andamenti dei prezzi.

Negli ultimi dieci anni, l’Unione Europea ha assistito a un calo del patrimonio ovino e caprino, con una perdita di circa 10 milioni di capi, pari al 12%. Secondo le stime della Commissione Europea, questa tendenza al declino dovrebbe persistere, con una produzione di carne stimata a circa 607mila tonnellate nel 2035. In Italia, la situazione non è diversa, con una diminuzione del patrimonio ovicaprino del 9,3% rispetto al 2019, il che comporta tutta una serie conseguenze che impattano su produzione, prezzi, consumo e tendenze di acquisto su cui vale la pena soffermarsi.

La situazione in Italia

I dati provenienti dal censimento dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica al 31 dicembre 2023 e analizzati dal report pubblicato da Ismea a maggio 2024, forniscono una panoramica dettagliata dello stato attuale dell’allevamento ovicaprino in Italia. Con circa 6,9 milioni di capi presenti sul territorio nazionale, di cui quasi 6 milioni sono ovini e il resto caprini, il settore rimane una componente significativa per l’economia italiana.

La distribuzione geografica del patrimonio ovicaprino rivela una concentrazione significativa nelle regioni insulari, in particolare in Sardegna e Sicilia, che insieme ospitano oltre il 57% del totale nazionale. Anche regioni continentali come Lazio e Toscana contribuiscono in misura significativa al patrimonio, con una quota combinata di oltre il 13%.

Tuttavia, le dinamiche strutturali dell’attività agricola nell’ambito dell’allevamento ovicaprino mostrano una tendenza verso una forte diminuzione degli allevamenti e un graduale abbandono dell’attività da parte delle aziende di dimensioni ridotte e meno competitive. Infatti, nel periodo di riferimento degli ultimi cinque anni, il settore ha registrato una significativa riduzione del numero di operatori, con un calo del 20% tra il 2023 e il 2019. Questo declino è particolarmente evidente nel numero di allevamenti attivi, che sono diminuiti di quasi 20.000 unità in un solo anno.

Inoltre, negli ultimi anni, si è osservata una tendenza verso forme di allevamento più intensive, con una graduale conversione dell’allevamento naturale-pastorale. Questo fenomeno è stato particolarmente evidente nelle aree maggiormente vocate, con un’accentuata concentrazione degli allevamenti di dimensioni superiori ai 300 capi. Attualmente, tali grandi allevamenti incidono per il 6% sul totale, rappresentando oltre la metà dei capi ovicaprini presenti sul territorio nazionale e un chiaro problema a livello ambientale.

Per quanto riguarda il latte, invece, anche se c’è stata una riduzione delle consistenze di oltre il 10%, rimane la specializzazione produttiva prevalente in Italia, caratterizzando oltre la metà del patrimonio ovicaprino, soprattutto in Sardegna. La produzione di latte ovicaprino nel 2023 è stata pari a 435 mila tonnellate, con la Sardegna che ha contribuito con oltre i due terzi della produzione nazionale.

Produzione, consumo e prezzi elevati: perché i costi continuano a salire

Le sfide economiche e strutturali che hanno colpito il settore ovicaprino sono riflesse anche nei prezzi di produzione. L’aumento dei costi di produzione ha rappresentato un ostacolo significativo per gli allevatori, contribuendo al calo degli operatori e degli allevamenti attivi.

Gli operatori del settore nel nostro Paese, infatti, devono fare i conti con la diminuzione degli allevamenti, l’aumento dei costi di produzione e la concentrazione territoriale del patrimonio. Inoltre, da quanto è emerso dal report Ismea, con la riduzione del patrimonio, anche se le macellazioni della Pasqua 2024 sono risultate in ripresa in Italia, registrando un aumento del 5% rispetto all’anno precedente, la minore disponibilità di latte ha influenzato il settore lattiero-caseario, con una scarsità che ha mantenuto i prezzi all’origine degli agnelli su livelli elevati, soprattutto in regioni come la Toscana e il Lazio.

Tuttavia, nonostante queste sfide, il settore continua a rappresentare una parte importante dell’agricoltura italiana e offre opportunità di sviluppo e innovazione.

Siamo quasi di fronte a un paradosso, che continua a presentarsi per più prodotti. Per esempio, nel 2023 i pecorini italiani hanno realizzato un fatturato record all’estero di oltre 267 milioni di euro, in aumento dell’8% rispetto al 2022, ma gli elevati livelli di prezzo hanno frenato i volumi in uscita (-6,2% rispetto al 2022) verso tutte le principali destinazioni. Quindi, considerando che l’export costituisce una variabile strategica per l’equilibrio e la performance economica della filiera lattiero casearia ovina, il calo dei volumi ha influenzato l’andamento del mercato interno innescando una flessione dei listini.

A livello di consumo domestico, quindi, sono emerse due tendenze, ovvero:

  • per i formaggi si è verificato un calo delle vendite al dettaglio dei pecorini, ma con un significativo aumento dei prezzi. Questo vuol dire che anche se ne vendiamo di meno (in Italia e all’estero) la domanda continua comunque ad essere maggiore dell’offerta, influenzando il costo al dettaglio;
  • i prezzi al consumo della carne di agnello hanno registrato un aumento rispetto al 2023, con picchi significativi durante le festività pasquali 2024, ma nonostante ciò i volumi venduti nel canale retail nel periodo pre-pasquale del 2024 sono stati superiori a quelli degli anni precedenti.

Prezzi latte, formaggi e carne in crescita: di quanto sono aumentati

Nel contesto descritto, i prezzi di diversi prodotti hanno subito variazioni significative.

Per esempio, il prezzo del latte ovino, sebbene nel report non sia specificato il tasso preciso di aumento, ha subito un incremento nel periodo analizzato che è stato influenzato da diversi fattori, tra cui la maggiore domanda di formaggi e la ridotta disponibilità di materia prima, che ha fatto aumentare il prezzo pagato ai pastori, ad esempio.

In modo significativo e più evidente, rispetto ad altri prodotti, sono aumentati i prezzi dei formaggi pecorini, in particolare del Pecorino Romano DOP che, ad esempio, nel mese di marzo 2024 è arrivato a costare intorno a 12,42 euro/kg, rappresentando un differenziale di 1,60 euro/kg rispetto all’anno precedente. Allo stesso modo i prezzi del Pecorino Toscano Dop sono aumentati, raggiungendo circa 11,30 euro/kg per il “tenero”, con un aumento del 15% rispetto alle quotazioni dell’anno precedente.

Infine, anche i prezzi della carne di agnello hanno conosciuto un aumento. Ad esempio, per la categoria degli agnelli pesanti (12-20 kg), il picco raggiunto nella settimana di Pasqua è stato di 4,79 €/kg peso vivo, segnando un aumento del 6% rispetto alla stessa fase dello scorso anno. Anche nella fase all’ingrosso, i prezzi della carne di agnello hanno raggiunto a fine marzo 2024 i 10,43 €/Kg, risultando solo leggermente al di sotto del livello della eccezionale Pasqua dello scorso anno (-2,7%).