Decine di migliaia di imprese e aziende del nostro Paese si preparano ad affrontare quello che tutti gli esperti prevedono come uno degli inverni più difficili della nostra storia recente. Dopo la vittoria nelle elezioni politiche di domenica 25 settembre, il nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni avrà l’obbligo di affrontare alcuni temi di fondamentale importanza per salvaguardare l’economia del nostro sistema produttivo, messa in ginocchio ormai da parecchio tempo a causa di una congiuntura di eventi di portata eccezionale.
Come se la passa il comparto industriale italiano
Il comparto industriale italiano già da diversi mesi sta vivendo una fase di grave emergenza per l’effetto di due fenomeni concomitanti che stanno gravando sulle tasche degli imprenditori. Da una parte c’è il caro bollette, alimentato dalgli aumenti sulle bollette di luce e gas, un trend a cui la stessa Unione europea sembra non riuscire a porre un freno a causa delle divisioni tra gli Stati membri per le quali la Germania paga meno dell’Italia il gas. Inoltre, ci sono le crescenti tensioni internazionali causate dal conflitto in corso in Ucraina tra Kiev e Mosca, con il presidente Vladimir Putin che minaccia l’Occidente sull’utilizzo delle armi nucleari come la bomba atomica.
Automotive in crisi, mancano le materie prime: produzione a rischio per questi marchi
In un quadro dai contorni sempre più drammatici, un settore che appare in procinto di vivere un vero e proprio tracollo è quello dell’automotive. Il mercato delle quattro ruote appare quanto mai alle corde: il motivo va ricercato soprattutto nella crisi delle grandi multinazionali per quanto riguarda l’approvvigionamento dei componenti industriali. Andando in ordine di tempo, molto lettori ricorderanno come i primi a mancare sono stati i microchip, divenuti assolutamente centrali nell’assemblaggio delle vetture più moderne: un’automobile di ultima generazione può contenerne fino a 3.500 dislocati in oltre 50 sistemi di controllo a bordo (dati diffusi dalla Volkswagen per la costruzione di una nuova Golf).
La mancanza di componenti elettronici sta causando gravi conseguenze per alcune case automobilistiche Europee, che si sono viste costrette a ritardare la consegna delle vetture agli acquirenti. In certi casi – tra cui quello della francese Peugeot – i reparti meccanici di molti stabilimenti sono rimasti a corto delle strumentazioni digitali da installare sul veicolo. Si è tentato di sopperire aumentando le dotazioni analogiche, ma il risultato è stato quello di un calo del confort per gli automobilisti, che in molti casi hanno disdetto l’acquisto nonostante un ridimensionamento della cifra che sarebbero andati a spendere.
Dall’Europa agli Stati Uniti, ecco le aziende che rischiano di non produrre più le proprie vetture
Ma non è solo la filiera europea ad essere in sofferenza. Le difficoltà si fanno sentire in modo violento anche negli Stati Uniti. Oltreoceano è la Ford ad accusare il colpo, al punto che gli stessi stemmi della marca non sarebbero disponibili nell’immediato per tutti i mezzi da immettere sul mercato negli ultimi tre mesi dell’anno. Oltre 45mila esemplari del suo prodotto più acquistato, il celebre F-150, sono in stallo e le consegne sono in ritardo in tutto il continente americano.
Tornando da questa parte dell’Atlantico, anche i tedeschi della Mercedes non stanno navigando in acque tranquille. In questo caso le auto che hanno dovuto subire un ridimensionamento sono quelle elettriche. Già oggi vengono consegnati modelli ibridi plug-in (cioè ricaricabili con una presa di corrente esterna) senza il cavo per la carica domestica. Anche per questo il governo di Berlino ha varato il contestatissimo stanziamento di 200 miliardi di euro per aiutare le proprie imprese, molte delle quali operano proprio nel settore dell’automotive.