Anche in Italia finalmente si sdogana la doggy bag. Forza Italia scende in campo contro lo spreco alimentare, con una proposta di legge volta proprio a promuovere l’uso della cosiddetta doggy bag, letteralmente “la vaschetta degli avanzi per il cane”, termine mutuato dal mondo animale che sta ad indicare il sacchetto in cui si possono riporre gli avanzi di un pranzo al bar o di una cena al ristorante per portarli a casa e consumarli anche in un secondo momento, naturalmente nell’arco di pochi giorni.
L’idea arriva dal deputato azzurro Giandiego Gatta, responsabile nazionale Dipartimento pesca e acquacoltura di Fi, che presenterà la proposta di legge dal titolo “Obbligatorietà della doggy bag” mercoledì 10 gennaio nella sala stampa della Camera dei deputati assieme al collega Paolo Barelli e ai Circoli per l’Ambiente e della Cultura Rurale.
“L’obiettivo della proposta di legge – spiega Gatta – è quello di contribuire a contrastare lo spreco alimentare, uno degli obiettivi fissati nell’Agenda Onu 2030. In Italia, secondo i dati della Fondazione Bdfn, ognuno di noi spreca 65 kg di cibo pro-capite l’anno, per comportamenti sbagliati nel consumo, in casa e al ristorante”.
La pratica della doggy bag è in uso da tempo negli Usa, in Europa è obbligatoria già in Francia e Spagna. “Introdurla anche in Italia – conclude – sarebbe non solo un atto di buon senso che aiuterebbe a contrastare lo spreco alimentare, ma avrebbe anche una finalità sociale e solidale, e questo è l’obiettivo della mia proposta di legge”.
La pratica della doggy bag, cioè appunto di conservare i resti del pasto e portarselo a casa anziché farlo finire in spazzatura quando ancora buono e commestibile, è da tempo consolidata negli Stati Uniti e in diversi Paesi asiatici, e ora finalmente si sta gradualmente diffondendo anche in Europa.
In Francia, ad esempio, è diventata una buonisssima abitudine da 2016, e poi è persino diventata obbligatoria nei ristoranti di alta categoria, che devono per legge offrire ai propri clienti contenitori riutilizzabili o riciclabili affinché possano portare via gli avanzi dopo il pranzo o la cena.
Il paradosso dello spreco alimentare
Lo spreco alimentare è un paradosso che non è più possibile tollerare. Non è solo un fatto etico, ma anche economico e ambientale. Oggi ci sono ancora più di 828 milioni di persone che soffrono la fame. Secondo i dati della FAO relativi al 2011, ogni anno vengono sprecate 2,5 miliardi di tonnellate di cibo commestibile, che si perdono lungo la filiera produttiva o gettate nei rifiuti al termine della catena di vendita o direttamente dalle nostre tavole.
Tradotto, si tratta un terzo della produzione globale di alimenti, una cifra imponente, sufficiente a sfamare quei milioni di persone che oggi soffrono la fame. Il cibo sprecato è causa del 10% delle emissioni di gas serra, più dell’intero settore aeronautico, giusto per avere un’idea.
Quanto ci costa lo spreco di cibo
Secondo l’ultimo report della Fondazione BCFN, a livello globale, tenendo in considerazione il totale dei costi, il valore economico dello spreco alimentare equivale a 2.600 miliardi di dollari l’anno. Nello specifico, si tratta di 1.000 miliardi di dollari in termini strettamente economici, soprattutto per il valore dei prodotti persi, 700 miliardi di costi ambientali, come immissione di gas nell’atmosfera, perdita di suolo, acqua e biodiversità, e 900 miliardi di costi sociali, come la mancanza di cibo per il sostentamento delle persone, i danni sulla salute o il rischio di conflitti.
La produzione di cibo – si legge ancora nel report BFCN – richiede l’impiego di risorse preziose, prima di tutto terra e acqua. È stato calcolato che il totale annuo dello spreco alimentare (1,3 miliardi di tonnellate) equivale a sprecare 250 km3 di acqua: un quantitativo equivalente al flusso annuale del fiume Volga, in Russia, o 3 volte il volume d’acqua presente nel lago di Ginevra, in Svizzera. E 1,4 miliardi di ettari di superficie agricola, che corrispondono, all’incirca, al 30% della superficie agricola utilizzata a livello mondiale.
Al contempo, non va dimenticato che il cibo sprecato produce 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 che viene immessa nella nostra atmosfera. “Se lo spreco alimentare fosse un Paese, sarebbe il terzo al mondo, dopo Cina e Stati Uniti, per emissioni di gas ad effetto serra”.
Dando uno sguardo ai dati del Food Sustainability Index 2018, si vede come, tra i Paesi ad alto reddito, a fare meglio contro lo spreco alimentare negli ultimi anni sono stati Francia, Argentina e Lussemburgo. Maglia nera invece a Israele, Malta ed Emirati Arabi.
La legge Gadda in Italia punto di riferimento europeo
E il Belpaese? Benino. L’Italia è al 18esimo posto. dell’Indice di Sostenibilità tra i Paesi ad alto reddito e il 13esimo in Europa. L’Ue ha inserito il tema dello spreco alimentare nel suo Green Deal e nella strategia From Farm to Fork.
A imprimere un’importante svolta nel nostro Paese è stata senz’altro la legge “Gadda” del 2016 per la limitazione degli sprechi, che ha iniziato a promuovere anche la redistribuzione delle eccedenze e dei beni inutilizzati a chi ne ha più bisogno. Dal nome della deputata Maria Chiara Gadda, prima firmataria e promotrice, questa nuova e importante normativa è diventata presto un modello di riferimento in tutta l’Unione europea.
Secondo la Fondazione Banco Alimentare, onlus che si occupa della raccolta e del recupero di generi ed eccedenze alimentari e della loro ridistribuzione a strutture caritative, nel primo anno in cui la norma è entrata in vigore (ottobre 2016-settembre 2017), le donazioni di eccedenze alimentari fatte alla onlus da parte della grande distribuzione sono aumentate del 21,4% e, ad oggi, si continuano a registrare incrementi positivi e costanti.
La legge Gadda contro gli sprechi alimentari e farmaceutici è entrata in vigore il 14 settembre 2016. Di fatto, un quadro normativo che cerca di promuovere comportamenti virtuosi e anti-spreco. In particolare, persegue la finalità di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti attraverso la facilitazione nel recupero e nella donazione delle eccedenze alimentari, la limitazione degli impatti negativi sull’ambiente promuovendo il riuso e il riciclo. Infine, sarebbe da incentivare la promozione di attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori e delle istituzioni, con particolare riferimento alle giovani generazioni.
Con l’approvazione della Legge di bilancio 2018 l’ambito di applicazione della legge è stato ampliato: oltre ad alimenti e farmaci, è diventato possibile donare anche prodotti per l’igiene e la cura della persona e della casa, integratori alimentari, presidi medico chirurgici, prodotti di cartoleria e cancelleria.
Grazie a questa legge, in Italia sono state possibili la semplificazione delle procedure per il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari, la diffusione delle primissime doggy bag nei ristoranti, la riduzione della tassa sui rifiuti per chi dona cibo, l’introduzione nelle scuole di un insegnamento sull’educazione alimentare e sulla lotta agli sprechi, campagne di comunicazione ad hoc sui temi dell’educazione alimentare, finanziamenti per chi sviluppa progetti di ricerca nel settore e impiego di alimenti recuperati per nutrire gli animali.
Quanto cibo sprechiamo
Resta però ancora molto da fare sul fronte dei consumi e degli sprechi individuali: ogni italiano spreca all’incirca 65kg di cibo all’anno, soprattutto prodotti freschi, pane, frutta e verdura, prodotti in busta e affettati. Anche se, dati alla mano, l’aumento dell’inflazione nel 2023 aveva innescato una spirale favorevole, facendo diminuire lo spreco, come aveva raccontato a QuiFinanza Andrea Segrè, economista fondatore della campagna Spreco Zero e direttore scientifico Osservatorio Waste Watcher International.
Una ricerca condotta da Too Good To Go in collaborazione con YouGov appena prima di Natale ha indagato sulle abitudini a tavola degli italiani durante le feste. L’86% degli italiani ha ammesso di sprecare cibo durante le festività, con il 37% che getta via oltre un quarto del cibo acquistato, e 6 italiani su 10 affermano di acquistare più cibo di quanto necessario. Tra cibi più sprecati, i dolci tipici delle feste natalizie, pane e antipasti.
Ma è anche vero che più di 9 italiani su 10 che si dichiarano attenti a trasformare i pasti avanzati in nuove ricette. Proprio l’utilizzo di ricette anti-spreco, insieme al congelamento degli avanzi e la condivisione con gli ospiti, sono tra le soluzioni più adottate per contrastare lo spreco di cibo.
La prima doggy-bag italiana 100% bio
La soluzione della doggy-bag è dunque senz’altro da premiare. Il problema al momento sembra prevalentemente culturale se legato al consumo in bar e ristoranti. “Gli italiani vorrebbero anche portarsi a casa il cibo in avanzo, ma non si osano chiederlo” spiega a QuiFinanza Marco Lei, inventore della prima doggy bag italiana 100% bio: reBox. “Un contenitore bello, comodo e pratico, studiato per superare l’imbarazzo di portare a casa gli avanzi. Il nostro slogan? ‘reBox save the food’”.
La storia imprenditoriale di Lei inizia da un vissuto personale: da quella sera in cui, in un ristorante messicano, suo figlio non mangiò quasi nulla, e lui volle portarsi a casa gli avanzi. Che però furono impacchettati in stagnola e busta di plastica di dubbio livello igienico. “L’idea geniale fu mia moglie ad averla in realtà, quella notte: perché non creare un packaging carino, accattivante, ma soprattutto utile, per non sprecare il cibo che peraltro abbiamo pagato? Ho preso cartoncino e forbici e ho provato a realizzare la prima doggy bag italiana”.
Da quel momento reBox è diventata una realtà per moltissimi ristoranti, e i clienti si sono abituati via via a chiedere la doggy bag prima di andare via.
La prima app contro lo spreco alimentare
Ogni giorno, buona parte del cibo di ristoranti, supermercati, bar e alimentari finisce sprecato soltanto perché non viene venduto in tempo. Un’altra soluzione italianissima è l’app Too Good To Go. Facile e veloce, ci si può trovare una vasta gamma di prodotti: pane e prodotti da forno dalle panetterie, piatti pronti da locali d’asporto e ristoranti, colazioni dagli hotel, buffet e alimentari dai supermercati, persino fiori dai fiorai.
Anche prodotti freschi invenduti con una data di scadenza molto vicina, oppure prodotti che potrebbero aver raggiunto il loro Termine Minimo di Conservazione, quelli con la scritta “da consumarsi preferibilmente entro…”, ma essere ancora adatti al consumo. Tutto finisce in una “Surprise Bag” che poi arriva comodamente a casa, o si passa a ritirare.
Oggi in Italia sono 8,4 milioni le persone che hanno già scaricato l’app, circa 21mila i negozi attivi sulla piattaforma e oltre 17 milioni le Surprise Bag salvate. Scaricare l’app non costa nulla, si pagano solo le Box scontate che si sceglie di acquistare.