Davvero l’auto elettrica emette CO2 tre volte in meno della benzina?

Nuovo capitolo dello scontro tra chi sostiene il nuovo regolamento Ue e chi invece lo contesta apertamente: ecco come stanno davvero le cose in Europa

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Fra i tanti temi che stanno occupando il dibattito pubblico in questi primi mesi del 2023, quello che ha permesso ai partiti di maggioranza e opposizione di schierarsi in maniera piuttosto netta riguarda il nuovo regolamento europeo sullo stop alla vendita delle auto a diesel e benzina entro il 2035. La bozza partorita dai vertici dell’Unione europea sta circolando fra le mani dei deputati eletti al Parlamento di Strasburgo, suscitando reazioni contrastanti.

I contrari alla bozza Ue

Chi si è detta fermamente contraria fin dal primo momento al nuovo regolamento è stata la Lega, seguita a ruota da Fratelli d’Italia e da Forza Italia. Di parere diametralmente opposto il Movimento 5 stelle, che assieme a Europa Verde e a Sinistra Italiana fa della salvaguardia ambientale una vera e propria bandiera identitaria. Sulla stessa linea anche il Partito Democratico, in particolare dopo l’elezione di Elly Schlein come nuova segretaria nazionale, vista la sua sensibilità sui temi ecologisti pur con posizioni meno marcate.

Regolamento Ue sullo stop alle auto inquinanti: rischi e vantaggi

L’idea di convertire in chiave green l’intera industria italiana dell’auto non trova solamente le contrarietà degli esponenti del Carroccio e della maggioranza di governo. Diverse associazioni di categoria attive nel settore, infatti, – a cominciare da Confindustria – hanno espresso le loro perplessità, sottolineando come il nostro Paese non sia pronto ad un salto di questo tipo in un periodo così ristretto. In ballo ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro, tanto nella Motor Valley emiliano romagnola – vero e proprio fiore all’occhiello del comparto, con decine di investitori multimilionari che ogni anno giungono qui da tutto il mondo – quanto negli altri stabilimenti dislocati lungo la penisola.

La transizione ecologica troppo affrettata verso un futuro in cui vengono realizzate solo vetture alimentate tramite energia elettrica non troverebbe impreparate solamente le imprese nostrane (con un grosso vantaggio per quelle asiatiche, ad oggi le uniche veramente pronte a livello di produzione dei componenti necessari), ma anche buona parte di quelle attive negli altri Stati membri del Vecchio Continente. Di sicuro la situazione è la stessa quantomeno in Germania, Polonia e Bulgaria, se è vero che i loro ministri dell’Ambiente – assieme a quello italiano Gilberto Pichetto Fratin – hanno chiesto e ottenuto il rinvio del voto sul nuovo regolamento poiché contrari (o comunque alquanto scettici).

Quanto inquina davvero un’auto elettrica: il paragone con i veicoli a benzina

D’altro canto, anche i sostenitori di questo immenso cambiamento hanno valide ragioni da esporre in sede di discussione. I vantaggi di un parco auto continentale che non preveda più il consumo di carburanti quali diesel e benzina rimane un obiettivo che dovremo raggiungere per forza di cose, se non vogliamo che le ricadute sul nostro pianeta siano drammatiche e devastanti in termini di surriscaldamento globale.

Come ricordato da Marco Mazzocco – autore del libro “Mobilità elettrica: falsi miti e consigli pratici” – i mezzi di trasporto che consumano energia disperdono nell’aria in media tre volte meno CO2 rispetto a quelli classici tutt’ora in circolazione. Inoltre, sempre in un’ottica di contrasto al cambiamento climatico, buona parte dell’elettricità per far circolare i veicoli verrebbe prodotta tramite l’impiego di fonti di energia rinnovabile, in primis i pannelli solari su cui non mancano le polemiche per i ritardi e gli intoppi causati dal nostro sistema lesislativo e le pale eoliche.