L’apocalittica previsione della CGIL: che ne sarà dell’Italia

La curva demografica in Italia continua ad avere un indice negativo e questo porterà il nostro Paese a perdere quasi 7 milioni di lavoratori entro i prossimi 20 anni. Si tratta di una catastrofe economica e sociale.

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La popolazione italiana invecchia e le nuove nascite non compensano le morti. La tendenza, ormai, va avanti da anni. La flessione della curva demografica è così finita al centro di un braccio di ferro politico con i partiti di destra che spingono per le misure a sostegno della natalità e i partiti di sinistra che chiedono maggiori aperture sul fronte dell’immigrazione e dell’assimilazione degli stranieri.

Quasi 7 milioni di lavoratori in meno in Italia

Al di là delle ideologie, però, restano i dati attuali. L’ultima fotografia della situazione italiana arriva dalla Cgil: secondo il sindacato nell’anno 2043 la popolazione in età da lavoro, ovvero quella contenuta nella fascia 15 – 64 anni, sarà inferiore a quella attuale di 6,9 milioni di persone. Il che, tradotto in concreto, significa un colpo mortale al tessuto economico del Paese. Ma si tratta anche della bordata definitiva al sistema pensionistico dal momento che la popolazione professionalmente attiva sostiene la previdenza dei lavoratori a riposo.

Già superata la soglia critica

La situazione italiana ha già superato la linea rossa. Si consideri infatti che, secondo la rilevazione 2022 della Cgia di Mestre, il numero delle pensioni erogate in Italia ha superato la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti: parliamo di 22 milioni 759mila assegni pensionistici a fronte di 22 milioni 554mila lavoratori attivi. Le pensioni sorpassano dunque gli stipendi di +205mila unità.

Per tamponare il fenomeno la Cgil suggerisce di allentare la stretta sull’immigrazione facendo entrare almeno 150mila persone ogni anno. Le proiezioni emergono dalla ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio dal titolo ‘L’Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria’.

Il presidente della Fdv, Fulvio Fammoni, ammonisce contro “un calo insostenibile che, se non contrastato con interventi immediati, prospetterebbe un futuro di declino cui non ci si può rassegnare”.

Secondo le previsioni, a vent’anni da oggi il numero di italiani residenti segnerà -3 milioni rispetto al dato attuale. I giovani saranno quasi un milione in meno (-903 mila), le persone in età da lavoro saranno, come anticipato, quasi sette milioni in meno (-6,9 milioni) e gli anziani saranno quasi cinque milioni in più (+4,8 milioni).

E ad aggravare la situazione c’è il fatto che in Italia, già oggi, c’è un milione di posti di lavoro disponibili ma non si trova manodopera. La denuncia è stata recentemente fatta dalla ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone.

Riformare il sistema Italia

Aumentare i flussi migratori però è solo una misura tampone per mitigare la situazione nell’immediato. Poi occorre operare una rivoluzione nel sistema Italia, come sostiene la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti secondo la quale “è necessario uscire dalla logica della propaganda e avviare una serie di misure e investimenti volti alla ripresa della natalità, al sostegno dell’occupazione femminile e all’ingresso legale dei migranti nel nostro Paese, politiche che non devono assolutamente essere contrapposte”.

Secondo Scacchetti “occorre da un lato, quello del mercato del lavoro, contrastare il lavoro precario, poco tutelato, scarsamente retribuito, prevedere investimenti finalizzati a piani straordinari per l’occupazione e al sostegno e rilancio del welfare. Dall’altro lato, quello dell’immigrazione, va assunto il fenomeno con l’obiettivo di governarlo e considerarlo un’opportunità, superando quindi la logica emergenziale, punitiva e respingente dei decreti degli ultimi mesi, e introducendo un permesso per la ricerca di lavoro della durata di un anno per favorire l’ingresso legale”.

La Cgil, che in rotta col governo Meloni sulla Manovra ha deciso di chiudere lo scorso anno con uno sciopero generale, ha già annunciato che salvo cambi di rotta i 40enni di oggi andranno in pensione dopo i 73 anni.