Il segretario della Nato Mark Rutte ha parlato alla commissione Esteri-Difesa del Parlamento europeo, tornando a sottolineare l’importanza dell’aumento della spesa militare oltre il 2% del Pil. Rutte ha anche rinnovato l’appello a creare un’industria della Difesa più forte in Europa, riducendo la frammentazione delle aziende e dei mercati e unificandoli a livello continentale.
Le spese militari che la Nato richiede non sono finanziamenti all’alleanza, ma investimenti negli eserciti delle singole nazioni che ne fanno parte. L’Italia è comunque molto lontana anche dall’obiettivo del 2% e dovrebbe trovare 11 miliardi all’anno.
Nato, l’allarme di Rutte
Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha parlato alla commissione Esteri-Difesa del Parlamento europeo, utilizzando espressioni molto dirette: “Il 2% per le spese militari non è neanche lontanamente abbastanza. Adesso siamo al sicuro, ma non tra 4 o 5 anni. Se non aumentate gli investimenti ora, frequentate i vostri corsi di lingua russa o trasferitevi in Nuova Zelanda” ha dichiarato.
Il riferimento di Rutte è a uno degli elementi fondativi dei trattati della Nato, l’alleanza difensiva che lega molti Paesi occidentali. Questi accordi prevedono che, per mantenere un esercito in grado di andare in aiuto degli alleati, ogni Paese membro debba spendere in Difesa almeno il 2% del proprio Pil. Una quota che però Rutte non ritiene sufficiente per sventare la minaccia russa.
Rutte è anche tornato sulla questione dell’industria della difesa europea, già toccata da Mario Draghi nel suo report sulla competitività: “L’industria della Difesa europea è troppo piccola, frammentata e francamente troppo lenta: non dobbiamo creare barriere tra alleati della Nato perché coinvolgere Paesi non europei nelle catene del valore ci rende più forti” ha dichiarato. Il segretario della Nato ha poi chiuso su un punto importante: l’Ucraina è destinata a entrare nella Nato, anche per dare a Kiev un punto di forza dal quale negoziare una fine del conflitto con la Russia.
Italia lontana dalla spesa militare al 2%
Le parole di Rutte sono un monito soprattutto per l’Italia. Insieme alla Spagna infatti, il nostro Paese è l’unico tra i più importanti dell’alleanza a non rispettare il limite minimo del 2% del Pil di spesa militare. Ha infatti da anni bloccato gli investimenti nel settore della Difesa, attorno ai 29 miliardi di euro, circa l’1,5% del Pil.
La Nato chiede molto di più, quasi 40 miliardi all’anno, che lo Stato italiano dovrebbe trovare nel suo bilancio. L’ultima manovra finanziaria ha dimostrato le difficoltà che il Governo ha avuto nel ricavare 30 miliardi da destinare alle misure che riteneva necessarie per il 2025. Stando a quanto richiesto da Rutte, dal prossimo anno un terzo della legge di bilancio dovrebbe essere dirottato sull’esercito.
Difficilmente si tratterebbe di una manovra indolore. Per ricavare questa quantità di fondi, il Governo sarebbe costretto o ad alzare notevolmente le tasse oppure a effettuare tagli molto significativi alla spesa pubblica. Le maggiori voci nell’elenco delle uscite per l’Italia sono il sistema previdenziale (15% del Pil), quello sanitario (7,2% del Pil) e quello scolastico (4,7% del Pil).