Reddito cittadinanza e assegno unico: Ue contro l’Italia, ecco perchè

Procedure di infrazione contro il nostro Paese: cosa succede ora?

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Redazione

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Cattive notizie per Reddito di Cittadinanza e assegno unico, finite entrambe nel mirino Ue. Secondo la Commissione europea, il reddito di cittadinanza non è in linea con il diritto Ue in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, residenti e protezione internazionale. Per questo è stata aperta una procedura di infrazione contro l’Italia perché il reddito discrimina gli altri lavoratori Ue.

Rdc e assegno unico nel mirino Ue

Procedura di infrazione in arrivo anche per l’assegno unico dei figli. Secondo la Commissione, queste norme violano il diritto dell’Ue in quanto non trattano i cittadini dell’Ue allo stesso modo, il che si qualifica come discriminazione. Dell’assegno infatti possono beneficiare solo le persone che risiedono da almeno due anni in Italia, e solo se risiedono nella stessa famiglia dei loro figli. Secondo la Commissione, questa legislazione viola il diritto dell’Ue in quanto non tratta i cittadini dell’Ue allo stesso modo, il che si qualifica come discriminazione.

Le prestazioni di assistenza sociale come il “reddito di cittadinanza”, spiega la Commissione in una nota, “dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza”.

La necessità di risiedere in Italia da almeno 10 anni è stata prevista fin dall’istituzione del Reddito di cittadinanza nel 2019, durante il governo gialloverde. Già nel 2020 molte associazioni avevano denunciato la questione alla Commissione, e anche il Comitato scientifico per la valutazione del RdC aveva chiesto di dimezzare gli anni di residenza richiesti.

Ecco perchè

I benefici del reddito, prosegue inoltre la Commissione europea, dovrebbero essere estesi a cittadini comunitari che non lavorano per altri motivi, con la sola condizione che risiedano legalmente in Italia da più di tre mesi, e soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell’Ue. Il requisito della residenza in Italia da 10 anni “si qualifica come discriminazione indiretta”, scrive la Commissione. Il regime italiano di reddito minimo, infine, discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, che non possono beneficiarne.

Cosa succede ora

L’Italia dispone ora di due mesi per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. In caso contrario, la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.