La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue sull’assegno unico, perché considerato “discriminatorio”. La decisione di Bruxelles è arrivata in seguito alla risposta di Roma alla lettera di costituzione in mora inviata al Governo nel 2023, ritenuta insufficiente. Secondo l’esecutivo Ue, infatti, i requisiti per accedere al sussidio destinato alle famiglie viola i diritti dei lavoratori mobili di altri Stati membri.
La Commissione europea deferisce l’Italia
Nell’annunciare il deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea, Bruxelles fa riferimento al criterio per il quale l’assegno unico e universale possa essere richiesto dai lavoratori che risiedono in Italia per almeno due anni o con figli a carico residenti nel nostro Paese.
Per la Commissione questo regime non è “compatibile con il diritto dell’Ue in quanto costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’Ue”.
“Uno dei principi fondamentali dell’Unione – spiegano da Bruxelles – è quello della parità di trattamento delle persone, senza distinzioni basate sulla nazionalità. Secondo questo principio di base, i lavoratori mobili dell’Ue che contribuiscono allo stesso modo al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale”.
Per l’esecutivo europeo, il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili rappresenta dunque una discriminazione e trasgredisce nello specifico il diritto dell’Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale (regolamento 883/2004) e di libera circolazione dei lavoratori (regolamento 492/2011 e articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea).
“In base al principio della parità di trattamento, i lavoratori mobili dell’Ue che lavorano in Italia ma non sono residenti in Italia, quelli che si sono trasferiti solo di recente in Italia o quelli i cui figli risiedono in un altro Stato membro dovrebbero beneficiare delle stesse prestazioni familiari concesse agli altri lavoratori in Italia – sottolinea ancora Bruxelles – Inoltre il principio dell’esportabilità delle prestazioni previsto nel regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale quali le prestazioni familiari”.
La Commissione ricorda nel comunicato di aver inviato sull’assegno unico una lettera di costituzione in mora a Roma nel febbraio 2023, cui ha poi fatto seguito un parere motivato nel novembre 2023: “Poiché la risposta dell’Italia non ha tenuto sufficientemente conto dei rilievi della Commissione, quest’ultima ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea“.
La risposta dell’ex ministra alla Famiglia Bonetti
Dal Governo Meloni non è arrivata al momento nessuna reazione, ma un commento sulla decisione dell’Unione europea lo ha espresso l’ex ministra alle Pari Opportunità e alla famiglia dei governi Conte e Draghi, Elena Bonetti, che nel marzo 2022 ha contribuito a introdurre l’assegno unico.
“Non ho letto le carte, ma da quello che vedo dalle agenzie di stampa – ha premesso la deputata di Azione – la Commissione Europea contesta due elementi potenzialmente discriminanti che però il decreto legislativo, rispetto alla legge delega, aveva già superato. Nel decreto non è richiesta la residenza dei figli con il genitore ma che siano a carico, come in tutte le prestazioni sociali. E non è necessario essere residenti in Italia da due anni se si ha un contratto di lavoro almeno semestrale”.
“Mi aspetto quindi – ha aggiunto Bonetti – che, essendoci gli argomenti per trovare una soluzione, il governo e l’Avvocatura dello Stato, che ha tutte le competenze necessarie, riescano a farli valere davanti alla Corte Europea di Giustizia, per non mettere a rischio una misura fondamentale come l’assegno unico, che ha già avuto un impatto positivo certificato da tutte le principali istituzioni, dall’Istat alla Banca d’Italia all’ufficio parlamentare di Bilancio“.