Nel 2023, tra acquisti, consumi, forniture, manutenzioni, formazione del personale e spese energetiche, lo Stato italiano ha sostenuto un costo totale di 122 miliardi di euro. Tuttavia, non è riuscito ancora una volta a onorare tutti gli impegni economici presi con i propri fornitori. I debiti commerciali della Pubblica Amministrazione continuano a essere circa 50 miliardi di euro, un importo rimasto praticamente invariato negli ultimi cinque anni. Le piccole imprese sono le più penalizzate.
Questo è quanto riportato dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, citando la Corte dei Conti.
I comuni con i debiti più alti
Tra le amministrazioni pubbliche più lente nel pagare i propri fornitori troviamo i Comuni, soprattutto quelli del Mezzogiorno. Nonostante qualche miglioramento negli ultimi anni, nel 2023 la situazione più critica si è registrata a Napoli, dove i fornitori sono stati pagati con 143 giorni di ritardo. Seguono Andria con 89,5 giorni di ritardo rispetto alla scadenza contrattuale, Chieti con 61,8 giorni, Reggio Calabria con 54,8 giorni, Agrigento con 53,5 giorni e Isernia con 53 giorni.
Nel Centro-Nord, il quadro generale è prevalentemente positivo. A eccezione di Imperia (22,11 giorni di ritardo), Viterbo (19 giorni) e Alessandria (14,98 giorni), quasi tutti gli altri comuni capoluogo di provincia dell’area centro-settentrionale pagano in netto anticipo rispetto ai termini contrattuali. Le situazioni più virtuose riguardano Padova, Grosseto e Pordenone, che hanno pagato con oltre 21 giorni di anticipo.
Di seguito, la classifica delle 10 città con i ritardi più alti:
- Napoli: +82,29 giorni
- Andria: +70,53 giorni
- Chieti: +61,85 giorni
- Reggio Calabria: +24 giorni
- Agrigento: +46,23 giorni
- Isernia: +77,04 giorni
- Vibo Valentia: +69,11 giorni
- Catania: +33,75 giorni
- Caserta: +33,41 giorni
- Foggia: +27,80 giorni
Regione Molise maglia nera per pagamenti
Per quanto riguarda le amministrazioni regionali, a parte Molise (145,9 giorni di ritardo), Abruzzo (32 giorni) e Basilicata (13,66 giorni), le altre realtà amministrative hanno registrato performance più che buone, soprattutto al Centro-Nord.
Anche i ministeri italiani – prosegue la Cgia – faticano a rispettare le disposizioni di legge sui tempi di pagamento delle transazioni commerciali. L’anno scorso, nove ministeri su 15 (il 60% del totale) hanno pagato i propri fornitori in ritardo rispetto alle scadenze contrattuali.
Il ministero del Turismo ha registrato il ritardo maggiore con 39,72 giorni, seguito dall’Interno con 33,52 giorni, dall’Università e Ricerca con 32,89 giorni e dalla Salute con 13,60 giorni. Il ministero più virtuoso è stato quello dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste, che ha pagato con un anticipo di 17 giorni.
Perché i debiti sono così alti
La situazione è quindi in miglioramento, ma il debito resta comunque molto alto. Quali sono i motivi? Secondo la Cgia, “non è da escludere che la condotta di una buona parte degli enti pubblici locali e centrali sia quella di pagare le fatture correnti entro i tempi previsti dalla legge e di tralasciare il pagamento, o di farlo con tempi medio-lunghi, delle più datate“. Questo comportamento può migliorare le performance degli indicatori di tempestività dei pagamenti delle singole amministrazioni pubbliche, ma non riduce il totale del debito commerciale accumulato nel tempo.
Per risolvere questa problematica, l’Ufficio studi della Cgia propone per legge “la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo
risolveremmo un problema che ci trasciniamo da decenni che continua a minare la tenuta finanziaria di moltissime micro e piccole imprese”.