Nuovo record storico del prezzo nominale dell’oro. Il metallo più prezioso ha raggiunto i 2.741,70 dollari l’oncia, crescendo di valore del 38% in un anno. Non si tratta di un picco improvviso quindi, ma di una continua crescita che si sta verificando ormai da mesi ed è spinta da numerosi fattori.
Tra questi c’è una grande attività delle banche centrali nell’acquisto di oro come riserva di valore, preferito al dollaro per la paura che le elezioni americane portino alla Casa Bianca Donald Trump. A influire sul prezzo dell’oro sono però anche i timori per una correzione dei mercati, la politica sempre più isolazionista della Cina e l’instabilità geopolitica mondiale.
Il nuovo record del prezzo dell’oro
Dopo la chiusura dei mercati venerdì scorso 18 ottobre, quando aveva già toccato un nuovo record superando la soglia dei 2.700 dollari all’oncia, il metallo prezioso ha continuato una crescita che non sembra accennare a fermarsi dall’inizio dell’anno. Un risultato dovuto a molteplici fattori che hanno spinto gli investitori ad acquistare il bene rifugio per eccellenza in attesa di periodi più stabili dal punto di vista economico, politico e internazionale.
Questa mattina lunedì 21 ottobre l’oro con consegna immediata (Gold spot) passa di mano a 2.725,78 dollari con un avanzamento dello 0,16% dopo aver toccato il record a 2.734,60 dollari mentre l’oro con consegna a dicembre (Comex) è scambiato a 2.741,70 dollari con una crescita dello 0,43%.
L’oro negli ultimi 12 mesi è aumentato di valore del 38%, superando nella giornata di venerdì gli 80 dollari al grammo. Un record che supera anche l’andamento dell’S&P 500, il listino più importante della Borsa americana, che da ottobre 2023 è cresciuto del 37%. Nel 2024 l’oro è quindi stato un investimento, oltre che un bene rifugio, tra i migliori al mondo, ma questa tendenza riflette anche e soprattutto delle gravi preoccupazioni all’interno del mondo della finanza.
La quotazione dell’oro è infatti da sempre una misura dell’incertezza. Le riserve delle banche centrali sono un’assicurazione sul valore del metallo prezioso che, solitamente, mantiene sempre e comunque un prezzo minimo che permette di giustificarne l’acquisto a quasi qualsiasi cifra. Spesso grandi investitori privati, ma anche gli Stati, utilizzano i lingotti per mettere al riparo la propria ricchezza da periodi di incertezza verso il futuro come quello attuale.
Gli acquisti delle banche centrali e le paure su Trump
Le ragioni per cui il prezzo dell’oro è cresciuto così tanto nell’ultimo anno sono varie, ma principalmente questo aumento si basa su acquisti massicci da parte delle banche centrali di tutto il mondo. Gli Stati, tramite queste istituzioni, conservano molte riserve auree per assicurarsi di avere una ricchezza di base quasi sempre solvibile in caso di crisi. L’importanza di queste scorte è stata dimostrata dal caso della Russia, in continua crisi monetaria da quando la sua principale fonte di valuta estera, la vendita di materie prime, è stata chiusa dalle sanzioni.
Proprio per contrastare questa situazione la banca centrale di Mosca ha iniziato ad aumentare le proprie scorte di lingotti, che sono arrivate a superare in valore quelle in dollari. E l’obiettivo di questi acquisti è proprio la de-dollarizzazione delle economie e degli Stati che non voglio più essere dipendenti dalle decisioni degli Usa. Si tratta soprattutto di Paesi asiatici che, in mancanza di una moneta che sia abbastanza forte e stabile da fare da rivale a quella statunitense, si rifugiano nell’oro per soppiantare il dollaro all’interno delle proprie riserve.
Distaccarsi dagli Usa non è però solo un interesse legato a piani politici di singoli Paesi asiatici, ma in generale una necessità sentita in diverse parti del mondo a causa della possibile elezione di Donald Trump alla casa bianca. Questa volta non si tratta però di una paura dell’incertezza che l’ex presidente potrebbe portare sui mercati. Il timore di molti Stati è la realizzazione delle promesse elettorali del tycoon sui dazi verso l’estero. Un maggior costo delle importazioni potrebbe ridurre la circolazione del dollaro, rendendo la dipendenza dagli Usa ancora più difficile da gestire. Per questa ragione molti Paesi si stanno tutelando comprando oro e aumentando di conseguenza le proprie riserve.
Un altro timore latente che sta spingendo gli acquisti di oro è quello di una correzione dei mercati finanziari. Molti analisti credono ancora che i listini non riflettano i veri valori di molte società. Uno degli ambiti maggiormente sotto scrutinio è quello tecnologico, dove l’entusiasmo causato dall’intelligenza artificiale starebbe nascondendo una profonda crisi di settore con molte grosse aziende in grande difficoltà a trovare una via di monetizzazione delle nuove tecnologie diversa dall’ambito pubblicitario.
La Cina e l’incertezza geopolitica
A rafforzare quello che sarebbe già di per sé un periodo di forte crescita per il prezzo dell’oro c’è anche l’atteggiamento della Cina. La progressiva chiusura del gigante asiatico, conseguita alla guerra commerciale con gli Usa e alla pandemia da Covid-19, ha causato due crisi che stanno colpendo l’Italia da vicino, nell’automotive e nel lusso, con relativa incertezza sui mercati finanziari europei che ha ulteriormente spinto gli acquisti di beni rifugio nel Vecchio Continente.
A rendere il futuro ancora più incerto c’è poi la complessa situazione geopolitica mondiale. In Ucraina la guerra continua con la Russia che ottiene piccoli successi al prezzo di moltissime vite umane. Un conflitto che, stando a quanto riportato dall’intelligence della Corea del Sud, avrebbe coinvolto anche la Corea del Nord che starebbe inviando soldati al fronte orientale del Donbass. Proprio la penisola di Corea è il centro di un altro possibile scontro: Pyongyang dopo mesi di tensioni ha fatto esplodere le strade che collegavano il territorio del Nord alla zona demilitarizzata che lo separa dal Sud.
C’è poi il Medio Oriente, con Israele che sta continuando ad allargare le sue operazioni militari contro i gruppi terroristici adiacenti al proprio territorio. Dopo l’invasione della striscia di Gaza, che ha portato alla morte di buona parte della dirigenza di Hamas oltre che di decine di migliaia di civili, l’Idf è entrata in Libano dove ha condotto una serie di attacchi che hanno ucciso i leader di Hezbollah.
La risposta militare dell’Iran, neutralizzata dalle difese israeliane, potrebbe però portare a un allargamento del conflitto con una contro-risposta di Tel Aviv in territorio iraniano attesa ormai da settimane. Un conflitto tra i due Paesi porterebbe instabilità nel mercato delle materie prime energetiche con possibili ripercussioni sull’inflazione, appena tornata sotto controllo sia in Europa che negli Usa. Una prospettiva che non fa altro che incoraggiare l’acquisto di oro.