Secondo le Prospettive economiche dell’Ocse, l’Italia è proiettata a registrare una crescita del Più dello 0,7% nel corso del 2024 e dell’1,2% nel 2025. Tuttavia, l’organizzazione sottolinea la necessità per l’Italia di mettere il debito pubblico su una traiettoria più sostenibile attraverso adeguamenti di bilancio e riforme strutturali.
Pur prevedendo una contrazione del debito pubblico italiano, si avverte che questo rimarrà superiore al 3% fino al 2025, richiedendo quindi un aggiustamento di bilancio ampio e protratto nel tempo per affrontare le pressioni future sulla spesa.
Previsioni sull’inflazione, debito al 140% nel 2025
Secondo le ultime previsioni dell’Economic Outlook, in Italia si prevede un significativo ridimensionamento dell’inflazione all’1,1%, segnando un notevole calo rispetto all’8,7% del 2022 e al 5,9% del 2023. Nel 2025 si prevede che l‘aumento dei costi della vita nel Paese risalirà al +2%.
L’Ocse ha raccomandato all’Italia di adottare misure decisive per contrastare l’evasione fiscale, contenere la crescita della spesa pensionistica e attuare ambiziose revisioni della spesa pubblica complessiva. Nonostante ciò, si evidenzia che la piena implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) potrebbe avere un impatto duraturo sulle capacità di crescita del Paese.
Riguardo ai conti pubblici, l’Ocse ha rilevato che il deficit di bilancio in rapporto al PIL si ridurrà nel corso degli anni, ma rimarrà al di sopra del 3% fino al 2025 (con un 4,4% stimato per quest’anno, rispetto al 7,4% del 2023, e poi al 3,8% il prossimo).
Allo stesso tempo, il livello di debito pubblico in rapporto al PIL rimane elevato, con pressioni sulla spesa derivanti dalle necessità di investimento e dai costi legati all’invecchiamento della popolazione. L’Ocse ha sottolineato la necessità di un consistente aggiustamento dei conti pubblici per affrontare le future pressioni sulla spesa e, contemporaneamente, per mantenere il debito su una traiettoria più sostenibile, in conformità alle nuove regole del Patto di stabilità e crescita dell’Unione Europea.
Ma la sfida non si limita solo alla crescita del Pil. Il debito pubblico italiano è in aumento, proiettato a raggiungere il 140% del PIL già nel prossimo anno. Questa situazione impone la necessità di adottare una politica fiscale più cauta, come indicato dall’Ocse, che sottolinea la necessità di mettere il deficit su una traiettoria più prudente.
Per affrontare questa sfida economica, sono stati identificati due pilastri cruciali di riforma: la promozione della concorrenza e la semplificazione della giustizia e dell’amministrazione pubblica da un lato, e la lotta contro le frodi fiscali, la revisione della spesa e il controllo della spesa pensionistica dall’altro.
L’implementazione di queste riforme potrebbe essere ostacolata dai limiti di manovra previsti nel nuovo Patto di stabilità dell’Ue, complicando ulteriormente la situazione per il governo italiano. La prospettiva di negoziati con l’Unione Europea per definire una strategia di riduzione del debito pubblico diventa quindi una questione di rilevanza critica.
Mentre il governo italiano mira a ottenere concessioni dalla nuova Commissione Europea, l’Ocse avverte che sarà necessario un adeguamento fiscale significativo e sostenuto nel tempo per far fronte alle future pressioni sulla spesa, pur mantenendo una traiettoria prudente per il debito.
Previsioni di crescita: modesto aumento dello 0,7%
Gli economisti dell’Ocse apprezzano la posizione di bilancio neutrale prevista per il 2024 e moderatamente restrittiva per il 2025, bilanciando la necessità di riequilibrare i conti pubblici senza compromettere la ripresa economica, specialmente in un contesto in cui la politica monetaria rimane restrittiva.
Mentre il quadro economico globale mostra segni di lieve miglioramento, con una crescita stimata del 3,1% nel 2024, l’Italia si trova allineata alla media dell’Eurozona con un modesto aumento dello 0,7%, confrontato con la Germania che segna un magro +0,2%.
Al di là delle previsioni, l’economia mondiale sembra aver evitato il rischio di stagflazione derivante dallo shock energetico, grazie a una graduale miglioramento della crescita e a una riduzione dell’inflazione più rapida del previsto.
Nonostante i dati dell’Istat mostrino un calo significativo dei prezzi alla produzione nel settore industriale, questo non si è ancora riflesso in modo altrettanto evidente nell’inflazione affrontata dalle famiglie.