Via all’Ops di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca, che si concluderà l’8 settembre. Se l’operazione dovesse andare in porto, cambierebbero gli equilibri di potere nella finanza italiana. Per questo il Ceo di Mediobanca, Alberto Nagel, non ci sta e mette in dubbio la spontaneità dell’offerta di Mps, ipotizzando la mano del Governo dietro l’operazione.
L’Ops, partita ieri, ha registrato finora 928 richieste di adesione, pari allo 0,0001% delle azioni oggetto dell’offerta.
Indice
I numeri dell’Ops
Poche adesioni al momento, ma la banca senese ha tutte le carte in regola per chiudere l’operazione a fine estate nei termini programmati.
A Mps basta raccogliere il 35% delle azioni di Mediobanca per esercitare un controllo di fatto su Piazzetta Cuccia. Ma l’obiettivo è arrivare al 51% per rafforzare così la propria posizione all’interno di Mediobanca. Tutto questo è a portata di mano, grazie alle partecipazioni in Mediobanca di Caltagirone (7,39%) e Delfin (19,81%), che hanno già manifestato il loro sostegno all’Ops. Oltre all’ok del Ministero del Tesoro, che non ha esercitato il golden power, a differenza di quanto accaduto nel caso Unicredit-Banco Bpm.
Arrivare al 51% delle adesioni sarebbe un grande risultato. Perché, a quel punto, a Mediobanca sarebbe impedito di scalare a sua volta Banca Generali, annullando così l’Ops che la banca milanese aveva lanciato a maggio.
Nagel attacca il Governo sull’operazione
Proprio l’ok del Ministero del Tesoro ha fatto storcere il naso all’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, secondo cui dietro all’Ops ci sarebbe il Governo stesso. In una conference call con gli azionisti, Nagel ha affermato:
Il modo in cui l’ultima tranche di azioni di Siena sono state vendute, con la presenza di due grandi azionisti che sono entrati contemporaneamente nel capitale della banca senese, ci fa ipotizzare che ci fossero dei piani per Mediobanca già allora, altrimenti non ci sarebbe stato alcun motivo di investire svariate centinaia di milioni di euro in una banca quando entrambi sono già esposti a istituzioni finanziarie italiane.
Nagel fa riferimento alla tranche del 15% di Mps ceduta lo scorso novembre dal Ministero dell’Economia, finita nelle mani di soggetti chiave dell’operazione come Caltagirone, Delfin, Banco Bpm e Anima Holding. La cessione delle quote è ora sotto la lente della magistratura, dopo un esposto presentato da Mediobanca.
Se questa operazione dovesse andare in porto, gli azionisti Delfin e Caltagirone consoliderebbero così una posizione di rilievo in tre istituzioni finanziarie sistemiche: Mediobanca, Mps e Banca Generali.
Nagel ritiene quindi poco plausibile che l’iniziativa sia nata esclusivamente in seno all’istituto senese. Il Ceo di Mps Luigi Lovaglio, al momento del lancio dell’operazione a fine gennaio, aveva invece rivelato che il piano senese della scalata a Mediobanca era stato concepito a fine 2022.
I prossimi passi
Il Consiglio di amministrazione di Mediobanca nei giorni scorsi ha respinto l’offerta di Mps, ritenendola “ostile e non concordata, priva di razionale industriale e di convenienza per gli azionisti della banca” e con un corrispettivo offerto “non congruo e del tutto inadeguato”.
L’operazione rischia così di arenarsi, a meno di un intervento diretto del governo per stemperare le tensioni e rilanciare un nuovo percorso di consolidamento. Mediobanca, però, ribadisce con fermezza la propria posizione: difendere un modello fondato su una governance indipendente e su una solida alleanza con Generali.