Meloni attacca Draghi. Anzi no, il Pd. Vigilia esplosiva per il Consiglio Ue

Alla vigilia del Consiglio europeo in programma giovedì 14 e venerdì 15 dicembre, si alza la tensione politica. Scintille alla Camera tra governo e opposizioni

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Alla vigilia del Consiglio europeo in programma giovedì 14 e venerdì 15 dicembre, si alza la tensione politica. Alla Camera, dopo dopo le comunicazioni, Giorgia Meloni sbotta. La premier attacca il suo predecessore Mario Draghi, con non poca sorpresa anche tra i banchi della maggioranza, salvo poi correggere il tiro. Ma soprattutto non risparmia pesanti critiche a Giuseppe Conte.

“Mi ha molto colpito – dice la premier – che si sia fatto riferimento al grande gesto da statista del mio predecessore Mario Draghi e la foto in treno verso Kiev con Macron e Scholz. Per alcuni la politica estera è stata farsi foto con Francia e Germania quando non si portava a casa niente. L’Europa non è a 3 ma a 27, bisogna parlare con tutti”.

E rivendica il suo operato sottolineando come “io parlo con la Germania, la Francia e pure con l’Ungheria, questo è fare bene il mio mestiere. La politica è saper dialogare e saper dialogare con tutti. Questo serve a dare all’Italia un ruolo da protagonista e questo è possibile perché c’è qualcuno che sa dialogare”.

L’attacco di Meloni a Draghi o al Pd?

Ma di fronte allo sgomento generale di fronte alla sue affermazioni, a chiusura degli interventi Meloni prova a giustificandosi spiegando che l’attacco non era rivolto a Draghi, ma al Pd. “Non è un attacco a Draghi ma al Partito democratico, che come al solito pensa che tutto il lavoro che il Presidente del Consiglio Draghi ha fatto si riassuma nella fotografia con Francia e Germania. Non è la foto con Macron e Scholz che determina il lavoro di Draghi. Lui non c’entra niente, anzi ho rispettato la sua fermezza di fronte alle difficoltà che aveva nella sua maggioranza. Il suo lavoro non si può risolvere in una fotografia accanto ai leader di Parigi e Berlino”.

“Era un attacco al Pd” insiste, e rilancia: “Questo governo rivendica l’abilità di riuscire a dialogare con tutti in Europa e anche a livello internazionale. L’intenzione non era certo quella di attaccare Draghi e ancora di meno di attaccare l’impulso che Draghi è riuscito a dare nel sostegno europeo all’Ucraina”.

Meloni contro Conte e il M5s: governo contro il Mes

I toni in Aula si alzano, Meloni fa marcia indietro, ma poi se la prende pure con il leader del Movimento 5 Stelle. Il nodo aperto è quello del Mes, che Bruxelles ci chiede di ratificare al più presto, visto che l’Italia è l’unico Paese dell’area euro a non averlo ancora fatto, e senza il consenso di tutti il nuovo meccanismo non può essere messo nelle condizioni di partire.

“Chi ha dato il consenso alla ratifica del Mes che oggi impegna anche noi?” chiede provocatoriamente Meloni. “Lo ha fatto il governo Conte, senza mandato parlamentare e lo ha fatto un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solo per gli affari correnti, dando mandato a un ambasciatore con un mandato firmato dal ministro Di Maio, senza averne potere, senza averlo detto agli italiani, con il favore delle tenebre”.

Poi la premier rassicura tutti dichiarando che, a differenza sua, “no, non svenderò l’Italia. Meglio essere isolati che svendere il Paese”. La questione “va affrontata nel quadro d’insieme: chi vuole la ratifica sappia che io non sarò mai favorevole. Chi lo chiede ora non fa un favore all’Italia”, salvo poi chiarire che comunque “intendo seguire la volontà del Parlamento“.

D’altra parte, ammette, sul Patto di stabilità “la trattativa è serrata”. La Lega continua a ribadire il suo no, solo Forza Italia vuole firmare. Meloni e la sua squadra di governo ritengono che con la posizione italiana “si stia difendendo il futuro dell’Europa, si stia facendo scudo, e faremo in modo di ottenere la migliore soluzione possibile”. E conclude: “Non darò il mio assenso ad un Patto di stabilità che nessun governo, non solo il nostro, può rispettare. Preferisco essere accusata di isolamento piuttosto che di aver svenduto l’Italia come è capitato ad altri”.

Superbonus “macigno”: in Manovra nessuna proroga

E poi ancora un attacco feroce al “macigno” del Superbonus, simbolo dell’ormai ddimostrata miope visione politica a 5 Stelle che ci ha portati sul lastrico. “Più del 30% delle decine di miliardi di euro spesi per il Superbonus – ricorda la Presidente del Consiglio – sono finiti a banche e intermediari finanziari, che anche per questo hanno realizzato profitti record” e anche per questo “gli italiani hanno deciso di non votarvi nuovamente”.

Per non parlare delle frodi “clamorose”: solo nelle ultime settimane ne sono state scoperte per quasi un miliardo, risorse, evidenzia ancora Meloni, tolte a sanità, trasporti, famiglie e tutto quello che poteva essere più utile. “Qualcuno prima o poi, più che dare consigli agli altri, dovrebbe fare i conti con la propria coscienza. Chissà se prima o poi si vorrà fare luce su questa questione”.

La posizione del governo sullo sconto per i lavori edilizi al 110% è limpida anche nell’ultima modifica alla Manovra, che, pur non avendo ancora iniziato il suo iter ufficiale in commissione, è blindatissima. Forza Italia ha provato in tutti i modi a rimettere sul tavolo la proroga dell’agevolazione al 110% per i condomini, ma Giorgetti ha detto no. Il capo del Mef ha bloccato tutto, anche i continui tentativi azzurri di infilare nella Finanziaria un emendamento che allentasse la stretta sul Superbonus e coprisse i lavori degli ultimi mesi del 2023, che oggi rischiano di finire rimborsati solo al 70% e non più al 110%.