Il Private equity secondario è un mercato che ha origine alla fine degli anni ’70, ma che ha conosciuto uno sviluppo significativo solo negli ultimi quindici anni. Dalla crisi finanziaria globale del 2008, è infatti cresciuto di 5 volte, superando costantemente i 100 miliardi di dollari di transazioni all’anno negli ultimi 3 anni. In particolare, nel 2023, secondo Jefferies, i volumi dei deal dei secondari globali sono cresciuti del 4% a 112 miliardi, un dato che rende quello scorso il secondo anno più attivo di sempre. Tuttavia, il volume annuale delle transazioni secondarie rappresenta solo l’1% circa degli asset di private equity in gestione, offrendo ulteriore spazio per la crescita futura.
I fondi private equity oggi
Oggi i fondi di private equity hanno un valore di oltre 3.000 miliardi di dollari in più di 26.000 società, il 25% delle quali è nei portafogli dei fondi da più di 6 anni e dovrebbe essere presto dismesso. Nonostante ciò, l’aumento dei tassi di interesse ha portato a finanziamenti minori disponibili e a costi maggiori, con le operazioni di M&A e le IPO che hanno registrato un calo sostanziale dei volumi. In particolare, l’attività di investimento e di uscita nel Private Equity è in calo rispettivamente del 60% e del 70% nel 2023 rispetto ai livelli massimi del 2021, anche se ci sono già segnali di ripresa nel 2024. Per la prima volta dalla crisi finanziaria globale del 2008, gli investitori a lungo termine nel private equity stanno sperimentando significativi flussi di cassa negativi (il saldo fra richiami di capitale e distribuzioni), e molti di loro hanno bisogno di vendere parte del loro portafoglio di private equity per generare liquidità e ribilanciare l’esposizione.
I vantaggi per gli investitori
Chi sceglie di investire in questa asset class ha un accesso immediato ad un portafoglio di fondi di private equity con un’elevata diversificazione per vintage, strategia, settore, gestore e fase di investimento. Inoltre, si entra in una fase più avanzata del ciclo di vita del fondo, generalmente a sconto rispetto all’ultima valutazione, con diversi importanti vantaggi: fondi più maturi che sono completamente investiti e più vicini al concretizzarsi degli eventi, abbreviando la durata complessiva dell’investimento sia in termini di impiego che di recupero del capitale e quindi mitigando l’effetto della curva J; la riduzione del rischio di “blind pool”, con l’aumentata visibilità data da un portafoglio già costruito; prezzi di ingresso interessanti o a sconto sul NAV e un periodo di detenzione più breve con meno capitale a rischio e IRR (internal rate of return) tipicamente più alti dovuti a exit anticipati.
Perché investire in private equity secondario oggi
Con tassi previsti elevati nel tempo, le attività di exit dei private equity continueranno ad essere più difficili in un contesto di liquidità limitata per gli investitori, in particolare di quelli in fondi private equity. Secondo le aspettative della società di consulenza Arcano Partners aumenteranno significativamente il numero e il volume di partecipazioni di investitori del fondo (Limited Partner o LP) in arrivo sul mercato e che i General Partner (GP, i gestori del fondo) continuino a ricorrere a transazioni GP-led come alternativa agli exit tradizionali. L’incertezza persistente dovrebbe infine favorire una ricerca di qualità garantendo un pricing interessante e spingendo i volumi dei secondari quest’anno sui livelli record intorno ai 140 miliardi di dollari.