Banca d’Italia, più immigrati per rilanciare l’economia: il piano del nuovo governatore

Il nuovo governatore della Banca d'Italia propone un aumento degli immigrati regolari per rilanciare l'economia e contrastare il calo demografico

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, nominato nel novembre scorso, ha compilato la relazione annuale sull’economia italiana, notando numerose situazioni critiche. Tra quelle a cui è stato dato maggior risalto all’interno del documento ci sono la situazione demografica e quella macroeconomica, con una particolare attenzione alla crescita stagnante che si verifica da anni in Italia.

Una delle soluzioni proposte per porre freno a entrambe le crisi è quella di una maggiore immigrazione, che permetta di aumentare la forza lavoro specialmente per quei ruoli vacanti che le aziende non riescono a coprire con lavoratori italiani. Una soluzione che dovrebbe però associarsi anche a un aumento della produttività e dei salari.

Le considerazioni sull’economia della Banca d’Italia

Il nuovo governatore della banca d’Italia Fabio Panetta, entrato in carica a novembre, ha redatto il suo primo rapporto sullo stato dell’economia italiana con riferimento all’anno 2023. Le considerazioni più critiche sono quelle sulla situazione macroeconomica che, dopo un periodo di grande crescita seguito alla pandemia, non è più stata in grado di esprimere una crescita significativa:

“Dalla fine del 2022 l’economia dell’area dell’euro ha subito una prolungata stagnazione. La domanda aggregata ha risentito del tono restrittivo delle condizioni monetarie e dell’impatto dell’inflazione sui redditi reali delle famiglie, oltre che del rallentamento del commercio mondiale” si legge nella relazione.

La situazione è stata confermata anche dai recenti dati Istat sulla crescita del Pil, che hanno segnalato per il 2024 un aumento tendenziale dello 0,7%, inferiore a quello del 2023. La stessa Banca d’Italia non va oltre una previsione dell’1,5% di crescita per i prossimi due anni.

“Si tratta di una previsione di crescita modesta e soggetta a rischi al ribasso. Le tensioni geopolitiche potrebbero frenare il commercio mondiale e generare rincari delle materie prime. Le politiche monetarie restrittive attuate in più paesi potrebbero comprimere consumi e investimenti più di quanto previsto. Le politiche fiscali potrebbero divenire più rigide a causa di un consolidamento delle finanze pubbliche maggiore delle attese” ha scritto il governatore.

Più immigrati per contrastare il calo demografico

Una delle cause della crisi di crescita del nostro Paese è il calo demografico: “Secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno. Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del PIL del 13 per cento, del 9 per cento in termini pro capite. Nonostante la crescita dell’ultimo decennio, la partecipazione al mercato del lavoro, pari al 66,7 per cento, rimane di 8 punti percentuali inferiore alla media dell’area dell’euro. Il divario non è ampio per gli uomini, ma sale a 13 punti percentuali sia per i giovani tra 20 e 34 anni sia per le donne” si legge nella relazione della Banca d’Italia.

L’occupazione sta crescendo toccando ogni mese nuovi record in termini di numero assoluto di persone che lavorano, ma questo sarebbe in parte dovuto proprio alle dinamiche di popolazione: la generazione più numerosa, quella delle persone tra i 50 e i 60 anni, è sul finire della propria carriera lavorativa, ma presto inizierà ad andare in massa in pensione. Nonostante questi record, in confronto al resto d’Europa l’occupazione italiana è ancora molto bassa:

“Ad accrescere l’occupazione potrebbero contribuire misure volte a promuovere una diversa organizzazione del lavoro tra quello in presenza e quello a distanza; una revisione del sistema di detrazioni e trasferimenti che riduca i disincentivi al lavoro del secondo percettore di reddito in una famiglia; l’adozione di politiche per stimolare l’assunzione di persone da tempo fuori dal mercato del lavoro” consiglia il governatore.

“È inoltre possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat. Occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri paesi europei, bilanciando le esigenze della produzione con gli equilibri sociali e rafforzando le misure di integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro. Ma è chiaro che anche con maggiore occupazione e maggiori flussi migratori l’apporto del lavoro alla crescita dell’economia non potrà che essere modesto. Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati” conclude Panetta sulla questione, indicando l’immigrazione regolare come possibile soluzione a breve termine.

Le indicazioni sull’innovazione

In Italia non c’è solo un problema di occupazione, ma anche uno di produttività. Il nostro Paese presenta un dato inferiore alla media europea anche in questo campo. Se a questo si aggiunge che negli ultimi decenni l’Ue sta perdendo terreno nei confronti degli Usa proprio in fatto di produttività, si ha un quadro critico che necessita di forti investimenti per essere risollevato:

“Perché le imprese investano è innanzitutto necessario che le politiche garantiscano un adeguato contesto regolamentare e concorrenziale e un ambiente macroeconomico stabile. Soprattutto in condizioni di ritardo tecnologico le esternalità positive dell’investimento in innovazione giustificano interventi pubblici mirati. Le agevolazioni introdotte in anni recenti hanno stimolato l’adozione di tecnologia e guadagni di produttività anche nelle imprese minori, specialmente quando l’investimento si è associato all’impiego di lavoratori qualificati. Oltre che attraverso gli incentivi, i costi di adozione possono essere contenuti con un’efficace rete di strutture preposte al trasferimento tecnologico” si legge nella relazione della Banca d’Italia.

Il problema della produttività è stato affrontato in sede europea anche dall’ex governatore della Banca d’Italia e della Bce, nonché ex presidente del Consiglio Mario Draghi, incaricato dal Consiglio europeo di redigere una relazione sulla questione. Le criticità individuate da Draghi sono simili a quelle di cui soffre l’Italia e tra le soluzioni viene indicato un maggiore investimento nelle nuove tecnologie, ambito in cui da tempo l’Europa ha abdicato in favore delle grandi aziende americane. Tra queste, la più promettente sembra essere l’intelligenza artificiale che però presenta anche alcuni rischi dal punto di vista occupazionale.

“Secondo nostre stime, in Italia i mutamenti indotti dall’intelligenza artificiale riguarderebbero due lavoratori su tre. Per la maggioranza di essi la produttività e le opportunità di lavoro aumenterebbero, ma per una significativa minoranza le occasioni di impiego potrebbero ridursi. Nella fase di transizione servirà accompagnare i lavoratori nella riqualificazione professionale o facilitarne il ricollocamento in altre attività, tutelando quanti subiranno i costi di adattamento maggiori” ha concluso il governatore della Banca d’Italia nella sua relazione.