La vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane fa scattare le riflessioni sugli effetti che la nuova amministrazione Usa potrà avere sulle economie europee e riapre la questione del contributo alla Nato da parte dei Paesi che aderiscono al Trattato ma senza rispettare gli obblighi previsti, come l’Italia. Il neo eletto capo della Casa Bianca batte da tempo sul nodo della spesa degli alleati sugli armamenti ritenuta insufficiente, chiedendo in più occasioni ai governi di adeguarsi alla quota del 2% del Pil. Una soglia che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito ambiziosa, anche alla luce di quanto previsto nella Manovra in via di approvazione.
La spesa per la Nato
Il tema del contributo in rapporto al Pil alla Nato da parte di alcuni Paesi europei è ritornato tra al centro dei rapporti tra Usa e il Vecchio continente il giorno dopo il trionfo del tycoon.
Durante un convegno elettorale di inizio anno, Donald Trump non aveva esitato ad affermare che non esiterebbe a “incoraggiare” la Russia a “fare quel diavolo che vuole” nei confronti dei paesi della Nato che non rispettano i loro impegni economici previsti dal Trattato.
L’ex segretario dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg aveva presentato a Joe Biden la lista dei 23 alleati che erano riusciti mettersi in pari nelle stime del 2024 alla quota del 2% del proprio Pil, anche se poco sopra, come la Germania col 2,12% e la Francia col 2,06%.
Al di sotto del livello minimo rimanevano però ancora diversi Paesi, in ordine decrescente, la Croazia, il Portogallo, l’Italia, il Canada, il Belgio, il Lussemburgo, la Slovenia e la Spagna. Donald Trump era arrivato fino a ipotizzare la richiesta di 30 anni di arretrati ai Paesi insolventi: secondo le stime dell’istituto tedesco Ifo, si parlerebbe, a titolo di esempio, di 230 miliardi di euro dovuti dalla Germania, 120 miliardi dall’Italia e 80 miliardi dalla Spagna.
A tornare sulla questione è stato il nuovo segretario della Nato, Mark Rutte, con la previsione di alzare l’asticella anche al 2,5%. “Quando era presidente è stato lui nella Nato a stimolarci a superare il 2% – ha dichiarato l’ex primo ministro olandese – e ora, grazie a lui e alla Nato, se togli per un momento i numeri degli Stati Uniti, siamo sopra il 2%, penso che sia merito suo, un suo successo, e dobbiamo fare di più. Lo sappiamo oggi”.
Rutte ha spiegato che al prossimo vertice dell’Alleanza sarà necessario un dibattito per decidere se l’eventuale nuovo target di spesa sarà “un obiettivo generale” o se stabilire “percentuali diverse Paese per Paese”, sulla base degli impegni presi con i piani di difesa regionali.
Il tema è stato affrontato dal ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, secondo cui le richieste degli Stati Uniti non rientrano nei programmi del Governo: “Nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati, l’obiettivo del 2% del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo in particolare delle coperture con il quadro vigente della governance europea” ha affermato in audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
“Alla luce, infatti, degli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio arriveremo alla percentuale dell’1,57% nel 2025, dell’1,58% nel 2026 e dell’1,61% nel 2027” ha spiegato il responsabile del Mef.
Le stime sul Pil
Affrontando diverse tematiche al centro del dibattito sulla Manovra 2025 di fronte alle commissioni, Giorgetti ha dichiarato che il Prodotto interno lordo italiano dovrebbe tornare in espansione a fine anno, grazie a prospettive a breve termine “ancora incoraggianti”.
“Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024″ ha affermato il ministro dell’Economia, spiegando che “i modelli di previsione interni lasciano ritenere che, nel trimestre finale dell’anno, il Pil dovrebbe tornare in espansione, grazie al recupero della domanda estera netta e al prosieguo della ripresa dei consumi”.