Prezzo del gas in crescita, le imprese chiedono il Gas Release per fermare l’aumento

Attualmente, i prezzi del gas in Italia sono più del doppio rispetto a quelli registrati prima della pandemia e significativamente più alti rispetto agli Stati Uniti

Foto di Giorgio Pirani

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 12 Febbraio 2025 11:50

Durante la tavola rotonda organizzata da Gas Intensive, dal titolo Gas Release: misura essenziale per la competitività della manifattura e del Paese, la manifattura italiana che utilizza gas ha messo in evidenza le difficoltà sempre più gravi che minano la competitività industriale, legate all’aumento dei prezzi della materia prima.

Il costo del gas in Italia

Attualmente, i prezzi del gas in Italia sono più del doppio rispetto a quelli registrati prima della pandemia (58 euro al MWh, rispetto ai 25 medi dal 2010 al 2018) e significativamente più alti rispetto agli Stati Uniti (dove il gas costa circa 10 euro al MWh) e ad altri Paesi europei. In Italia il valore del Psv (Punto Virtuale di Scambio), ovvero l’unità di misura nazionale, mostra regolarmente uno spread di circa 2 euro MWh rispetto al Tttf olandese.

Nonostante oggi, a seguito della chiusura dei flussi dalla Russia, la maggior parte del gas disponibile provenga dal Sud (con l’Algeria come principale fornitore) e dal Gnl, è proprio quel residuo di gas importato dal Nord, su cui grava lo spread sopra menzionato, che incide marginalmente sulla formazione del prezzo al Psv per l’intero volume di gas immesso nel mercato.

La Gas release, prevista per garantire la disponibilità di 2 o 3 miliardi di metri cubi di gas nazionale all’anno a prezzi regolamentati e più convenienti, non è ancora stata implementata, nonostante tre passaggi normativi. I rappresentanti delle aziende sostengono che, così come concepita, la misura non potrà essere attuata a causa delle difficoltà e opposizioni all’estrazione di nuovo gas nazionale.

La produzione di questa materia prima è diminuita drasticamente negli anni, passando da circa 20 miliardi di metri cubi negli anni Novanta a circa 2,7 miliardi di metri cubi nel 2024. Sebbene le riserve accertate si aggirino fra i 50 e i 100 miliardi di metri cubi, queste sarebbero sufficienti per sostenere una produzione annuale di circa 10 miliardi di metri cubi per diversi anni.

I commenti delle imprese

Le imprese, quindi, sollecitano un rilancio della Gas release, ricalibrandola, poiché le motivazioni che ne giustificano l’adozione rimangono valide e, se possibile, ancora più urgenti.

“Se non agiamo, rischiamo una catastrofe”, ha dichiarato Aldo Chiarini, presidente di Gas Intensive, consorzio che rappresenta le principali industrie gasivore. Resta da chiarire se la misura della Gas Release, concepita per offrire il gas a un prezzo calmierato in cambio di un aumento della produzione nazionale, sia ancora una soluzione praticabile o se necessiti di integrazioni o modifiche, anche alla luce degli ultimi sviluppi geopolitici.

“Rischiamo la delocalizzazione delle grandi imprese e le Pmi della ceramica saranno costrette a ridimensionarsi o addirittura a chiudere. Il problema potrebbe diventare sociale”, avverte Augusto Ciarrocchi, presidente di Confindustria Ceramica. “La concorrenza è già molto forte: i produttori cinesi e indiani vantano costi inferiori per energia e manodopera e praticano il dumping. Dobbiamo rivedere anche il sistema degli Ets, affinché non penalizzi la nostra industria, soprattutto perché oggi non esistono tecnologie certe di decarbonizzazione”.

“Stiamo chiudendo i bilanci in perdita. L’industria cartaria italiana è la seconda in Europa, ma tra poco non lo sarà più. Ogni anno importiamo il 2% in più di carta, oggi importiamo il 10% in più rispetto a quattro anni fa. Molti dei nostri associati hanno cominciato a rallentare la produzione, a non accettare nuove commesse, cedendo così spazio all’importazione”, ha dichiarato Lorenzo Poli, presidente di Assocarta.