L’oro a un soffio dai 2.700 dollari su tensioni politiche e prospettiva tassi

L'escalation del conflitto in Medioriente e Ucraina e le prospettiva di un taglio dei tassi della Fed, rafforzato dai dati sul mercato del lavoro, stanno sostenendo il trend positivo del metallo prezioso

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Redazione

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L’oro continua ad aggiornare i suo massimi storici, proseguendo un trend rialzista che ha spinto il prezzo vicinissimo ai 2.700 dollari l’oncia, grazie  alle rinnovate tensioni geopolitiche ed alle prospettive di un quasi certo taglio dei tassi da parte della Federal Reserve al meeting della prossima settimana.

I movimenti dell’oro

Il prezzo spot dell’oro ha raggiunto stamattina un massimo di 2.655 dollari, in rialzo dello 0,8% rispetto alla vigilia, mentre i contratti futures per consegna dicembre si sono spinti fino ad un massimo di tutti i tempi di 2.696,45 dollari l’oncia, con un progresso dello 0,2% rispetto a ieri.

Se la performance giornaliera non è strabiliante, lo è sicuramente quella mensile, che fa segnare un +8,4%, scontando il cambio delle prospettive sui tassi da parte della Fed. A questo punto, l’oro evidenzia un guadagno di quasi il 40% da inizio anno, con un effetto ricaduta sugli altri metalli preziosi come l’argento (+42%), il platino (9+53%) ed il palladio (+32%).

L’effetto geopolitica

A stimolare gli acquisti sul metallo contribuiscono anche gli sviluppi della situazione geopolitica, che vede una escalation sua nell’Est europeo che in Medioriente. Israele è arrivata a bombardare Doha (Qatar) per colpire i vertici di Hamas, alimentando il rischio di un allargamento del conflitto.

Sul fronte Ucraina, un attacco aereo all’Ucraina occidentale ha messo in allarme anche la Polonia, il cui spazio aereo è stato violato da droni russi, che sono stati prontamente abbattuti dalle forze militari polacche e della NATO. Un atto che ribadisce l’indisponibilità di Mosca a portare avanti serie trattative di pace e che minaccia ancora una vota i confini della UE.

Le attese per le decisioni della Fed

Se la Bce domani confermerà l’attuale livello dei tassi d’interesse, che hanno raggiunto al 2% l’area di “neutralità”, la Fed invece si prepara ad annunciare la prossima settimana un taglio  dei tassi di 25 punti base, anche se  qualcuno più ardito punta anche su un taglio di mezzo punto.

Il FOMC, che si riunirà il 16-17 settembre, dovrà prendere atto della netta frenata del mercato del lavoro, che ha creato ad agosto appena 22mila posti di lavoro e ne ha creati quasi 1 milione in meno del previsto nei dodici mesi a marzo 2025. E proprio a questo ha spinto il Segretario del Tesoro Scott Bessent a dichiarare che “il presidente Trump ha ereditato un’economia molto peggiore di quanto riportato, e ha ragione a dire che la Fed sta soffocando la crescita con tassi elevati“.

Il dollaro debole

Dall’altra parte della bilancia il biglietto verde, che si conferma sempre più debole. Il cambio euro/dollaro si conferma a 1,1719 USD, dopo aver toccato un picco mensile ieri si 1,1778, molto vicino al massimo dell’anno raggiunto a fine giugno al di sopra degli 1,18 dollari. Anche la valuta statunitense risente dell’aspettativa di un politica monetaria più accomodante da parte della banca centrale statunitense.