La Fed taglia i tassi di interesse di mezzo punto per la prima volta dal 2020

Negli Stati Uniti la Fed taglia i tassi di interesse di mezzo punto e avvia una nuova fase più ottimistica sull’inflazione: si spera nel positivo effetto a catena nel mondo.

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 18 Settembre 2024 21:43

La Fed ha dato il proprio parere favorevole al taglio dei tassi di interesse di mezzo punto, rispondendo così alle attese del mercato e superando le aspettative degli economisti che avevano scommesso su una maggiore cautela da parte della Banca centrale degli Stati Uniti d’America (un quarto di punto). Si tratta del primo taglio ai tassi da parte della Fed dal 2020, da quando cioè l’inflazione aveva reso necessario un intervento al rialzo. La speranza è che possa da oggi prendere il via una nuova fase più ottimistica in tutto il mondo.

La Fed taglia i tassi di interesse

A spingere la Fed verso il taglio dei tassi di interesse di mezzo punto, dopo l’atteggiamento fortemente cauto dei mesi scorsi, sono stati i progressi fatti dall’inflazione negli Stati Uniti e l’equilibrio dei rischi a tale scenario collegati. L’intervallo target dei tassi sui fondi federali è stato dunque diminuito di mezzo punto percentuale, arrivando al 4,75-5%, con il Comitato di politica monetaria che, attraverso un comunicato, fa sapere che “valuterà attentamente i dati in arrivo, le prospettive in evoluzione e l’equilibrio dei rischi”. A questo la Fed aggiunge che continuerà nel suo impegno volto a ridurre le sue partecipazioni in titoli del Tesoro, così come i debiti di agenzie e titoli garantiti da ipoteche emessi da agenzie. Il tutto, naturalmente, cercando di raggiungere l’obiettivo dichiarato dell’inflazione al 2% e della massima occupazione.

A favore del taglio dei tassi di 50 punti base hanno votato il presidente Jerome Powell e il vicepresidente John C. Williams, così come anche Thomas I. Barkin, Michael S. Barr, Raphael W. Bostic, Lisa D. Cook, Mary C. Daly, Beth M. Hammack, Philip N. Jefferson, Adriana D. Kugler e Christopher J. Waller. La minoranza contraria, invece, è composta soltanto da Michelle W. Bowman, la quale avrebbe preferito in questa riunione un taglio inferiore, di soli 15 punti base.

Il cambio di prospettiva della Fed

Se a giugno scorso la Fed aveva rimandato il taglio dei tassi ritenendo necessaria una “maggiore fiducia nel fatto che l’inflazione si stesse avvicinando in modo sostenibile al 2%”, nella riunione di settembre si è assistito a un netto cambio di prospettiva, decisamente più fiducioso.

Nei piani prospettici della Banca centrale statunitense, infatti, c’è il fatto che l’inflazione si stia avvicinando in modo sostenibile all’obiettivo del 2%, con i rischi collegati a questo traguardo in termine di occupazione e inflazione che sono “sostanzialmente bilanciati”.

Si chiude, dunque, la fase dei più forti rialzi sui tassi d’interesse mai applicata dalla Fed dagli anni ‘80 a oggi, mentre se ne apre un’altra della durata stimata di un paio d’anni in cui il costo della vita farà meno paura.

Il taglio dei tassi in Europa e nel resto del mondo

L’ultima decisione della Fed potrebbe innescare un effetto a catena nel taglio dei tassi in tutto il mondo, andando così a evitare un generale rallentamento dell’economia globale. Se, infatti, alcuni istituti centrali come la Bce o la Bank of England hanno già da tempo avviato un processo al ribasso, altri soggetti non hanno toccato in alcun modo il costo del denaro temendo di indebolire le proprie valute. È questo il caso, ad esempio, delle banche centrali di India, Corea del Sud e Sudafrica.