Ex Ilva in vendita, 15 manifestazioni d’interesse: ora c’è il rischio frammentazione

Il governo Meloni punta a incassare 1,5 miliardi dalla vendita dell'ex Ilva, il cui cuore si trova a Taranto. Sarebbero una quindicina le aziende interessate. Ecco alcuni nomi trapelati

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 21 Settembre 2024 16:37

Sarebbero una quindicina gli aspiranti compratori dell’ex Ilva che è stata messa in vendita. Il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse è scaduto alla mezzanotte di venerdì 20 settembre. Si tratta della seconda volta che il colosso dell’acciaio, il cui nucleo si trova a Taranto, viene messo in vendita. La prima volta il complesso andò ad ArcelorMittal. Il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso si dice fiducioso che giungano “le manifestazioni di interesse di grandi, significativi player internazionali e anche italiani”. L’obiettivo del governo è quello di incassare 1,5 miliardi, nel rispetto di due paletti: la decarbonizzazione e la salvaguardia dei posti di lavoro.

No alla nazionalizzazione

Lo Stato detiene oggi il 32% delle azioni di Acciaierie d’Italia. L’ipotesi dell’acquisizione del restante pacchetto è stata immediatamente scartata dal governo Meloni perché giudicata eccessivamente onerosa dal punto di vista economico. Dopo l’uscita di scena del socio privato ArcelorMittal, al termine di uno sfibrante braccio di ferro, e i commissariamenti (l’ultimo risalente a febbraio) quello della ricerca di un partner privato è un passo cruciale per il governo. La vendita riguarda una decina di società in amministrazione straordinaria.

I gruppi interessati

Emma Marcegaglia ha confermato l’interesse del gruppo di famiglia, ma solo per alcuni “asset”. Secondo indiscrezioni, il gruppo Marcegaglia sarebbe interessato unicamente agli impianti del Nord: Novi Ligure e Cornigliano.

Ed è proprio questo il rischio adesso: che l’ex Ilva venga smembrata e che le vendite avvengano secondo una logica di frammentazione. Una vendita in blocco chiuderebbe la partita in un colpo solo, mentre una vendita secondo la logica della frammentazione potrebbe vedere la cessione dei pacchetti più interessanti mentre gli asset meno strategici potrebbero rimanere invenduti. Ciò porterebbe, fra le altre cose, a rischi per l’occupazione.

Fra i gruppi interessati ci sarebbero poi gli ucraini di Metinvest, gli indiani di Vulcan Green Steel, i canadesi di Stelco e i giapponesi di Nippon Steel oltre ad un altro gruppo italiano, Arvedi. In tutto sarebbero una quindicina i pretendenti per l’ex Ilva. Ma il numero potrebbe aumentare ulteriormente dal momento che la fase della manifestazione di interesse non era obbligatoria.

Sempre secondo le indiscrezioni, sarebbero interessati a parti dell’ex Ilva Eusider di Lecco, Amenduni Steel e i turchi di Mitmetal; gli svizzeri di Profilmec sarebbero invece interessati a una serie di attività di logistica e a Racconigi; il trader austriaco Charbones Holding avrebbe puntato i fari sulle attività di Marghera; ai cinesi di Zheshang Development farebbero gola le attività marittime; sarebbero della partita, perché interessati a piccoli lotti industriali e di servizi, anche realtà industriali di dimensioni più contenute come l’Industria Metalli Cardinale e Trans Isole.

Alcuni nomi circolano già da marzo. A fine novembre si passerà alla fase delle offerte vincolanti. Esiste la possibilità che eventuali cordate si creino in un secondo momento.

Il progetto

Oltre a manifestare il proprio interesse, i gruppi industriali dovranno presentare contestualmente all’offerta un progetto finanziario e un progetto industriale di rilancio.