L’Autonomia differenziata, che prende corpo nella legge Calderoli, non ha spaccato solo il mondo politico: rischia di spaccare anche il Paese, secondo la simulazione dell’Osservatorio sui Conti pubblici italiani dell’Università Cattolica. Secondo lo studio, ogni punto di Pil trattenuto dalle più ricche Regioni del Nord peserebbe oltre 3 volte in più per le più povere Regioni del Sud. Per le prime si tratterebbe di un guadagno tutto sommato contenuto. Per le seconde la situazione si tradurrebbe in un collasso economico e sociale destinato a mettere a rischio la tenuta dei servizi.
Un danno anche per il Nord
Ma non è tutto: se lo Stato dovesse intervenire per riequilibrare i conti, rischierebbe di azzerare il suo avanzo primario, un parametro fondamentale per il rispetto delle stringenti regole europee. Attualmente l’economia del Sud vale meno di un quarto di quella nazionale. Le ricche Regioni del Settentrione generano più tasse di quante non ne spendano per il proprio fabbisogno. Andando nello specifico, l’economia del Centro-Nord vale il 78% del Pil nazionale, mentre quella del Sud il 22%. In questa situazione ogni punto di Pil trattenuto dalle Regioni più ricche peserebbe 3,5 volte in più per quelle più povere.
L’Autonomia differenziata, specifica la simulazione, potrebbe aggravare questo già precario equilibrio. Il progetto delle Regioni del Nord di trattenere maggiore ricchezza sui propri territori appare “lungo, accidentato e per nulla scontato”, viene messo nero su bianco. A meno di non mettere a rischio il welfare delle Regioni del Sud, già cronicamente sottoposto a pressione, e i già martoriati conti pubblici.
Al momento della Autonomia differenziata il Parlamento ha approvato solo i principi generali. Il cuore del testo contiene le 23 materie che le Regioni potranno decidere di avocare. L’ossatura c’è, manca però la carne ovvero i dettagli in merito alla definizione dei Livelli essenziali di prestazione che andranno garantiti su tutto il territorio nazionale.
La situazione
L’Osservatorio ha fatto una simulazione basandosi sui dati Bankitalia del 2019. La simulazione parte da un dato di fatto: 7 Regioni del Nord e del Centro hanno un gettito fiscale prodotto che supera le spese di 95,9 miliardi di euro. Si tratta, in altre parole, di un contributo positivo ai conti nazionali. Le altre Regioni italiane, fra le quali tutte quelle meridionali, spendono 64,2 miliardi più del gettito prodotto. Si tratta di una differenza di 31,7 miliardi fra le due cifre, con un bilancio primario positivo che è pari all’1,8% del Pil.
Le simulazioni
E su questa situazione si innesta una prima simulazione dell’Osservatorio in caso di Autonomia differenziata: se tutte le Regioni trattenessero il 90% del gettito fiscale riscosso, come richiesto dal Veneto nel 2017, il costo per i conti pubblici sarebbe pari a 5 punti di Pil.
Ecco una seconda simulazione che ipotizza uno scenario in cui le Regioni del Nord ottengono di poter trattenere risorse pari al 2% della ricchezza lorda regionale. In questo caso il saldo primario scenderebbe dall’1,8% allo 0,4% del Pil.