Negli ultimi anni si è particolarmente accesa la polemica in merito agli affitti brevi, che in molti Paesi, in Italia e non solo, hanno portato ad aumenti vertiginosi. Per farla semplice, i proprietari sono interessati a guadagni rapidi, al di sopra della media, senza la responsabilità di una lunga gestione legata a un affittuario unico.
La prospettiva di tali entrate, generalmente gonfiate in alcuni periodi dell’anno, rende meno appetibile un regolare contratto d’affitto, soprattutto nelle città più richieste dai turisti, che vantano un flusso costante di viaggiatori. Chi è quindi in cerca di casa, per viverci non per alloggiarci pochi giorni, deve fare i conti con un tariffario fuori scala, nelle zone centrali soprattutto.
Il simbolo di questo fenomeno è ovviamente Airbnb, che ha rivoluzionato il mercato nel giro di pochi anni. Qualcosa però sta cambiando e c’è chi parla di rivoluzione alle porte. Dove il tutto ha avuto inizio? A New York per la precisione.
Airbnb a New York: cambiano le regole
Partire per un viaggio alla volta di New York e prenotare un appartamento tramite Airbnb non è più una grande idea. A partire dal 5 settembre 2023, infatti, una nuova legge cambia le carte in tavola. Ufficialmente persa la battaglia legale intavolata dal colosso degli affitti brevi, inutilmente portata avanti contro le decisioni delle autorità di New York. Così facendo si è riusciti soltanto a rimandare di un anno l’entrata in vigore delle restrizioni annunciate nel 2022.
La legge impone l’assoluto divieto di affittare per intero degli appartamenti per un lasso di tempo inferiore ai 30 giorni. Al di sopra di tale soglia temporale sarà tutto regolare, come in quasi ogni parte del mondo. Al di sotto, invece, è obbligatorio che l’host risieda nell’appartamento/villa o altro. Ciò si traduce nel fitto unicamente di una stanza, posta in un ambiente più ampio e condiviso. Ciò, però, a patto che non ci siano più di due ospiti contemporaneamente.
Ciò al fine di combattere il costante aumento degli affitti a New York e, al tempo stesso, di combattere la pratica abusiva di albergatori. Questa seconda parte si evidenzia in maniera chiara con l’obbligo degli host di registrarsi regolarmente presso gli specifici uffici, ricevendo l’autorizzazione all’avvio dell’attività. Elemento importante da sottolineare riguarda le multe. Queste possono arrivare fino a 5mila dollari ma riguardano unicamente il proprietario e non chi soggiorna.
Lotta ad Airbnb
Quanto decretato a New York, precisamente dal tribunale di Manhattan, rappresenta un precedente molto importante. La via tracciata potrebbe infatti essere seguita anche da altri Paesi, tra i quali l’Italia. In merito ad esempio si è espresso Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi. Ecco le sue parole a Pambianco Hotellerie: “Le regole di New York non prevedono divieti ma soltanto l’obbligo ragionevole di rispettare le regole in vigore per l’attività che eserciti. Se vuoi fare l’albergatore, prendi una licenza. Purtroppo in Italia non è così e Federalberghi e Federalberghi extra chiedono di mettere fine a questo ‘far west’”.
Il governo Meloni sembra avere in programma un cambio di rotta molto serio in tal senso. A maggio 2023 si era infatti iniziato a parlare del nuovo ddl turismo in maniera più chiara. Tra le novità più importanti ci sarebbe la permanenza minima imposta di due notti, soprattutto nei centri storici delle città metropolitane, così come in Comuni ad alta densità turistica.
Altra novità è quella del Codice identificativo nazionale, che viene assegnato a ogni singolo appartamento da parte del ministero, su richiesta del gestore o proprietario. Codice da esporre in ogni annuncio pubblicato sulle piattaforme, da Airbnb a Bookiing, oltre che sulla proprietà, pena 3mila euro di sanzione per i siti e 5mila euro per chi affitta.
Sguardo rivolto, poi, a chi svolge questa attività in maniera imprenditoriale. Si parla, dunque, di chi vanta svariati appartamenti proposti in fitto breve. Si prevede una dichiarazione di inizio attività, con una nuova categoria economica specifica. Ad oggi, però, non si parla d’altro che di bozza.