La guerra in Ucraina affossa le aziende Ue: quanto hanno perso

L'interruzione degli interscambi economici e finanziari fra Russia e Occidente ha mandato in fumo miliardi e miliardi di euro. Soprattutto in Europa, inclusa l'Italia

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 5 Novembre 2023 10:04

La guerra in Ucraina ha provocato un terribile effetto domino che ha investito gli ambiti più vari a livello globale: militare, sociale, politico, alimentare, energetico ed economico. Proprio per quanto riguarda l’economia, gli effetti sono riverberati anche in Europa, mettendo in ginocchio migliaia di aziende. Soprattutto quelle che facevano affari con la Russia.

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Perdite milionarie: quanto vale il rosso delle società europee

Secondo il Financial Times, le perdite dirette delle società europee nel mercato russo ammontano ad almeno 100 miliardi di euro dall’inizio della guerra in Ucraina. L’indagine del quotidiano inglese ha preso in esame le relazioni annuali e i bilanci relativi al 2023 di 600 gruppi con sede legale nell’Ue. Ben 176 imprese “hanno registrato svalutazioni di attività, oneri relativi ai cambi superiori alla norma e altre spese una tantum a seguito della vendita, chiusura o riduzione di attività russe”, si legge nel report. In altre parole: le aziende del Vecchio Continente hanno pagato lo scotto e i costi imprevisti conseguenti alla vendita o alla chiusura, anche parziale, delle proprie attività in Russia.

Il calcolo degli esperti non comprende tuttavia gli impatti macroeconomici indiretti del conflitto russo-ucraino, come l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime. I settori con maggiori svalutazioni e oneri sono i gruppi petroliferi e del gas, dove solo BP, Shell e TotalEnergies hanno riportato oneri combinati per 40,6 miliardi di euro. Le ingenti perdite sono però compensate dagli enormi profitti aggregati a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio e del gas. Il rosso delle società industriali, comprese le case automobilistiche, è quantificabile in 13,6 miliardi di euro. Le società finanziarie, tra cui banche, assicurazioni e aziende di investimento, hanno invece registrato 17,5 miliardi di euro di svalutazioni e altri oneri.

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E l’Italia?

Per quanto riguarda i soli conti italiani, i dati sono forniti dall’Agenzia ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane). Prima dello sconvolgimento dell’invasione dell’Ucraina, erano circa 300 le aziende nostrane che facevano affari con società ed enti russi. Un sistema che, nel solo 2021, ha garantito un giro d’affari di oltre 4 miliardi di euro.

Il nostro Paese era responsabile dell’export di più di 7 miliardi di euro di prodotti verso la Federazione Russa. La casella dell’import segnava un conto quasi doppio: 12,6 miliardi di euro, con le prime due voci d’acquisto stabilite in gas e materie prime. Seguono poi i cereali: l’Italia importa ogni anno circa 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e altri 100 milioni dalla Russia. Lo stop dei precedenti interscambi tra Roma e Mosca ha avuto anche altri pesanti risvolti: fino alla fine del 2021, la Russia era infatti la seconda nazione per shopping nel nostro Paese, col 13% di acquisti sul totale nazionale. Un “tesoro” dissipato e ormai prossimo allo zero.

Quanti soldi hanno inviato i Paesi occidentali all’Ucraina?

Oltre alle perdite e alle spese impreviste, le società europee e americane hanno registrato una gigantesca mole di beni e denaro inviati alle istituzioni ucraine. Nonostante la paventata (e a più riprese annunciata) riduzione dell’assistenza militare alla Difesa di Kiev, a causa della disputa sul grano con la Polonia (ne abbiamo parlato qui) e delle controversie sul debito nazionale negli Stati Uniti, il flusso di aiuti non si è bloccato.

Il volume totale dell’assistenza militare, umanitaria e finanziaria da febbraio 2022 a settembre 2023 è stato pari a 322,8 miliardi di dollari. I primi tre Paesi “benefattori” (parola altamente impropria, visto il giro d’affari che ne deriva) per le Forze Armate ucraine, come previsto sono stati ovviamente gli Usa (con 106,8 miliardi), seguiti dalla Germania (23,1 miliardi) e dal Regno Unito (15,2 miliardi). Il calcolo non include i costi sostenuti per i rifugiati, il che porta il totale virtuale a una quota decisamente più elevata.