C’è chi si è spinto fino a definirlo un “momento Lehman” quello che sta attraversando la Cina negli ultimi giorni, temendo un effetto contagio della crisi del settore immobiliare all’intera economia della seconda potenza mondiale, con effetti disastrosi per i mercati finanziari globali. I fronti aperti sono numerosi e la settimana appena trascorsa è stata tumultuosa per gli investitori di tutto il mondo, alle prese con nuove preoccupazioni ogni giorno: dalle turbolenze del settore immobiliare cinese ai timori per la tenuta dell’importantissimo sistema bancario ombra del paese, dalle indiscrezioni su interventi diretti delle autorità nei mercati finanziari ai piani di riforma da parte di alcune importati autorità di regolamentazione.
Il settore immobiliare
Sul fronte immobiliare, lunedì – dopo la sospensione delle negoziazioni di alcune sue obbligazioni – le azioni di Country Garden, società di sviluppo immobiliare, sono crollate al minimo storico. La società è sull’orlo del default e deve effettuare entro i classici 30 giorni alcuni pagamenti degli interessi sulle obbligazioni in dollari, su cui risulta inadempiente dallo scorso 6 agosto.
Venerdì Evergrande, il gigante immobiliare più indebitato al mondo, ha invocato il Chapter 15 del codice fallimentare negli Stati Uniti per tutelarsi dai creditori. La mossa, non inusuale nel caso di operazioni di ristrutturazioni internazionali, protegge il gruppo dai creditori negli Stati Uniti mentre quest’ultimo lavora a un accordo a livello globale.
Queste due sono solo le più vistose tra le società immobiliari in difficoltà nel paese: secondo i calcoli di Bloomberg, 18 delle 38 società di costruttori quotate sui listini cinesi hanno riportato perdite nei primi sei mesi dell’anno, un numero in aumento rispetto al 2022.
Il sistema bancario ombra
Come ulteriore segno dei problemi del debito del settore immobiliare, diverse società quotate, hanno segnalato la mancata ricezione di alcuni pagamenti dovuti da società collegate al Gruppo Zhongzhi Enterprise. La crisi di liquidità potrebbe rischiare di generare ripercussioni negative sul sistema bancario tradizionale, viste le grandi dimensioni del sistema bancario ombra (ovvero quel complesso di mercati, istituzioni e intermediari che erogano servizi bancari senza essere soggetti alla relativa regolamentazione in quanto posti al di fuori del perimetro di applicazione delle relative norme).
Le mosse della banca centrale
Sul fronte valutario, venerdì mattina la People’s Bank of China – ovvero la banca centrale del paese – ha stabilito un fixing sul cambio USD/CNY a 7,2006, che rispetto al consenso di 7,3065 ha rappresentato il differenziale a favore della valuta nazionale maggiore da quando è iniziato il sondaggio nel 2018.
“La mossa della PBoC segue le indiscrezioni secondo cui le autorità cinesi hanno chiesto alle banche statali di intensificare gli interventi sullo yuan per ridurre la volatilità dei cambi – hanno fatto notare gli analisti di ING – Potremmo anche vedere un taglio dei requisiti di riserva valutaria, spesso considerato uno strumento per evitare un forte deprezzamento del CNY”.
Nella giornata precedente, la stessa PBoC aveva dichiarato che intende “adattarsi alla nuova situazione di grandi cambiamenti nel rapporto tra domanda e offerta nel mercato immobiliare, adeguare e ottimizzare tempestivamente le politiche immobiliari e promuovere lo sviluppo stabile e sano del mercato immobiliare”. La banca centrale intensificherà il sostegno all’economia poiché la domanda interna si è indebolita e le imprese fanno fatica, si legge nella relazione trimestrale sulla politica monetaria, e si dice quindi pronta ad aumentare il supporto finanziario all’edilizia residenziale accessibile, destinata ai residenti a basso reddito nelle città cinesi.
I piani dell’autorità dei mercati
Infine, venerdì, la China Securities Regulatory Commission (CSRC) – ovvero l’autorità cinese di regolamentazione dei mercati finanziari – ha presentato una serie di misure per rilanciare il mercato azionario, sulla scia delle sollecitazioni arrivate il mese scorso dal Politburo. Oltre alla necessità di uno “sviluppo vigoroso” dei fondi azionari, ha segnalato la volontà di ridurre i costi di trading, di sostenere i buyback azionari e la distribuzione di dividendi da parte delle società quotate, e di introdurre strumenti di capitale a lungo termine.